Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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valerio
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Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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HOUSEPETS! LA SERIE
Stagione II
Episodio 19 – L’ultima ballata di Joel
Di VALERIO

1.
Casa Foster, Babylon Gardens. 10 Dicembre. Ore 07:30

Poteva essere cambiato il posto, per la famiglia Foster, ma non le abitudini.
Joel aveva cercato di non farsi coinvolgere. Chiudere la porta non era servito. Mettersi i tappi nelle orecchie non era servito. Insonorizzare la stanza non era servito.
Tanto valeva abituarsi al fatto che a quell’ora ci si svegliava tutti, di riffa o di raffa.
Fu pertanto, per sola abitudine che Joel si mise il cuscino sulla testa, nel vano tentativo di non udire i due familiari, allegri vocioni tuonare, “BUONGIORNO!”
L’inequivocabile terremoto che seguì fece barcollare e cadere l’ennesimo abat-jour, l’ultima nota della tipica sveglia di casa Foster. I vicini più previdenti, dopo le prime tre volte, si erano arresi e avevano disattivato gli antifurto delle macchine, o scattava un concerto…
*sigh* Joel scese dal letto. Si infilò le pantofole, e con gli occhi ancora pesti dal sonno sporse la testa in avanti e…annusò l’aria. E a quel punto, spalancò gli occhi. “Cavolo.” Scosse la testa. Paradossalmente, una volta, quando era King, aveva cercato di farsi la barba. Non sapeva cosa era stato peggio, allora, girare con una strisciata di carne nuda o odorare di schiuma da barba e pelo bagnato per tutto il giorno…
Un urlo agghiacciante venne dalla camera di Martin, seguito dal suono di piedi in corsa, e poi l’immancabile sfrigolare dell’acqua sulla lingua rovente –già, quello era il segno che Martin era sveglio e pronto alla giornata…
La porta si aprì. “Buon giorno anche a te, capo,” disse il gatto bianco, Alcor, entrando con un vassoio di plastica carico di quanto serviva per una prima colazione continentale.
L’odore del caffè e della pasticceria appena sfornata fece subito brontolare lo stomaco dell’umano in mutande. “Sei un salvavita, ragazzo…ma non dovresti stare al fianco della tua signora, invece di fare la colazione?”
Alcor arrossì. “Heh. Per quanto ami Mizar, mi sono troppo abituato a questi piccoli rituali. Mi fanno apprezzare ogni giorno quanto sia bella la vita fuori dal vecchio rifugio, in una buona famiglia.”
Joel gli accarezzò la testa, mentre prendeva un croissant. Ne addentò un morso (Hmm! Crema cacao!), e masticando disse, “Cambierai idea, quando ti ritroverai insieme a quei frugoletti. Non vorrai lasciarli neppure quando saranno abbastanza grandi da mettere su famiglia a loro volta.”
“Nah, prima impareranno a servire il caffè a Nonno Martin…”
“Ci puoi scommettere!” Venne la voce dell’uomo dal bagno, superando la musica e la doccia. “È la prima cosa che deve imparare a fare appena avrà imparato a camminare, schiavo!”
“Piuttosto fuggiamo di casa, sporco umano!”
“Dovevi dirmelo prima della doccia, ignorante felino!”
Alcor rise. “Lo amo.” Poi diede un’occhiata al disastro a terra. “Porto la scopa.”
“Nah, faccio io.” Joel indicò l’armadio a muro. “Ne ho già una. Sai, dopo le prime dieci volte ci si fa l’abitudine.”
“Davvero?” Alcor sogghignò, mentre i suoi occhi dorati andavano verso la porta. Joel non capì…
*fup!*
Poi si voltò, e vide l’ombra nera piombare su di lui. Non credeva che un sorriso felice potesse avere così tanti denti…
“BUONGIORNO!” Tuonò Aldebaran.
Alcor si fece discretamente da parte nel momento in cui ci fu una specie di esplosione dall’armadio a muro, quando entrambi i corpi impattarono violentemente.
“Fi ha meffo un airbaf fui?” disse Joel mentre il gigantesco cane lo riempiva di baci.
“Papà. Dice che voleva farti vivere almeno una volta l’esperienza del ‘più bel risveglio del mondo’.”
“Frafie.” Quando il suo attaccante l’ebbe lasciato andare, Joel si passò un braccio sul volto ben bagnato, poi lo scosse. “Almeno era uno solo, e credo di avere ancora tutte le vertebre intatte. E ho un bisogno urgente di farmi una doccia. Dov’è l’altro quarterback? Quei due danno un nuovo significato alla parola ‘inseparabili’.”
Alcor prese il vassoio. “Antares è andato a casa Milton, dai lupi. Adesso si vede molto spesso con Caelia.”
“Mi manca,” disse Aldebaran, tutto mesto. *whine*
Joel aprì l’armadio e ne tirò fuori scopa e paletta. Iniziò a raccogliere i detriti della lampada, aiutato dall’enorme cane nero. “Ti farebbe sentire meglio accompagnarmi a comprarne una nuova? Magari facciamo un giro delle vetrine per il mall.”
Gli occhi nocciola di Aldebaran si illuminarono come stelline. “YAY!” E saltò addosso a Joel per dargli una dose extra di baci.

Alcor entrò nella stanza che divideva con la sua compagna.
Zio Joel aveva ragione, su una cosa: il resto del mondo, ogni sua meraviglia, come ogni sua bruttura, svaniva di fronte allo spettacolo di Mizar gravida. La femmina di pastore tedesco bianca, ad eccezione del diamante nero sulla fronte, giaceva sul letto, con un sorriso felice sul volto rilassato dal sonno… Niente sembrava capace di svegliarla…tranne i passi del suo amato gatto, quando entrò.
Gli occhi blu tormalina si aprirono pigramente. “Mgiorno, amore.” Poi sbadigliò profondamente, arricciando la luna lingua di un rosa perfetto.
Alcor le si sedette accanto. Le avvolse delicatamente una mano intorno alla guancia, facendola scodinzolare, e la baciò: gentilmente, ma a lungo, apprezzando la crescente intensità di lei nel ricambiare mano a mano che si risvegliava.
“Sono diventata orrenda,” disse la femmina canina accarezzandosi il pancione. “E lo sai che razza di fiato abbia, al mattino.”
Alcor si chinò a baciarle la pancia. “La mamma non è orrenda, piccoli, non datele retta,” disse ai due ‘inquilini’. Poi, a Mizar, “E il tuo fiato non è atroce. Ti ricordi quanto tempo ci è voluto per toglierci dalle bocche l’odore del cibo del vecchio rifugio?” Si sdraiò accanto a lei, e si abbracciarono.
Mizar annuì. “Papà pensava che saremmo vissuti di mentine e dentifricio.”
Alcor strofinò il muso contro la gola nuda di lei. Tutte e tre le future neomamme di Babylon Gardens avevano cominciato a trovare davvero insopportabile il collare, la sola vista le rendeva irritabili –e i loro genitori non volevano che le loro ragazze fossero irritabili, soprattutto in quelle ultime due settimane. “Non ci ha impedito di continuare a fare questo.” Disse lui, baciandola di nuovo. “Ti amo. E amo anche voi, piccoletti.”
“’Piccoletti’ un corno.” Mizar scosse la testa. “Mi sa che io o Ralph abbiamo qualche gigante, fra i nostri antenati. Quello, o il Dr. Stanwick non sa leggere un’ecografia… Sicuro che non sia io quella incinta di cinque?”
*sigh* “Ammetto che mi piacerebbe davvero tanto.”
“Alcor?” La voce di lei si tinse improvvisamente di una nota di angoscia.
Il gatto drizzò le orecchie. “Dimmi.” E la strinse istintivamente a sé. L’ultima volta che aveva sentito quel tono di voce era stato nei loro giorni più bui, la vecchio rifugio, quando le pareti delle loro fetide gabbie li dividevano, quando non potevano neppure vedersi in faccia, ed erano fortunati se potevano toccarsi le zampe… “Dimmi tutto,” ripeté lui, facendole le fusa per calmarla.
“Non finiranno in un rifugio, vero? Non…non lo permetterai. Se le cose dovessero andare male, non permetteremo che finiscano in uno di quei posti orrendi. Staremo sempre insieme…”
Il veterinario li aveva avvertiti, come aveva avvertito anche i Sandwich e i Byron. Mizar, Grape e Sasha avevano subito dei seri traumi a livello affettivo, anche se cercavano di nascondere quelle ferite. Ma ora che il parto si avvicinava, percepivano maggiormente la propria vulnerabilità. Avevano più che mai bisogno di sentirsi al sicuro, protette, consolate. I loro compagni, la loro intera famiglia, avrebbero dovuto vegliare su di loro soprattutto dopo il parto…
Ma Alcor Foster non aveva bisogno di istruzioni. Come Peanut con Grape, e persino Bino con Sasha, lui amava Mizar più della propria vita. Non c’era male contro cui non l’avrebbe protetta!
“Insieme,” le disse. “Sempre. E comunque, non succederà niente di male: Papà ha pensato a tutto, per qualunque evenienza. Non finiremo mai più in un rifugio, amore mio. Mai.”
---
Garage di Casa Sandwich

“Peanut!”
“Gak!” Il povero cane sobbalzò, e il pezzo di DAS gli scappò dalle mani, per poi finire contro un barattolino di vernice viola. Era un barattolino piccolo, ma fu sufficiente a imbrattare tutto il grembiule da lavoro e parte del muso di Peanut.
Ignorando quell’inconveniente, Peanut andò al citofono. “Sono qui, Grape.”
“Questo lo so, bietolone. Sei stato su tutta la notte?”
In risposta, lui sbadigliò sonoramente. Dopo avere schioccato le labbra, disse, “No. Solo dalle cinque. Scusami per averti lasciata, ma lo sai che devo finirti il regalo.”

In camera sua, Grape stava seduta sul lettino, la cornetta del citofono appoggiata fra guancia e spalla. In grembo teneva un laptop acceso e stava scrivendo freneticamente. “Non ti preoccupare, anch’io mi sto tenendo impegnata. Quando torni per qualche coccola? Micia ha bisogno.”
*whine* venne dalla cornetta.
La gatta lavanda sorrise. “Su, su, ti sto solo punzecchiando un po’. La prossima volta, lasciami almeno un biglietto. Lo sai che non mi piace svegliarmi senza di te.”
“Credevo che avrei finito prima, cioè, volevo finire prima, ma poi mi sono accorto che mancavano tanti dettagli, e li ho sistemati, poi ho deciso che avrei fatto un po’ più di lavoro, visto che ormai manca così poco a Natale e poi devo accompagnare Mamma e Papà a fare le compere anche per i regali delle cugine della fattoria, e—“
Grape lo interruppe ridendo. “Peanut, santo cielo, calmati! Coraggio, fai un bel respiro, su.”
“Ehi, recluta,” disse a quel punto un altro cane, un maschio identico a Peanut salvo che per il numero di anni in più sul groppone. “Tu fai quello che devi, al resto ci penso io.”

“Ehi, papà!” Peanut ancora non si era abituato all’idea che il suo ex-sergente istruttore Budweiser e padre biologico abitasse al momento da loro. Era quasi troppo bello, per essere vero! “Grazie, davvero. Vedrai che non rimarrete delusi. Puoi farmi un favore?”
“Dimmi, figliolo.”
“Puoi sbirciare alla fan fiction a cui sta lavorando Grape? Sono sicuro che sia quella, e non me ne ha mai mostrato una pagina.”
“Ti ho sentito, furbone,” disse lei. “E ho già detto a Bud che se ci prova, diventi orfano.”
“E io sono ancora un gentilcane, oltre che molto attaccato alla mia vecchia pelliccia, ragazzo, quindi nisba.”
Peanut riattaccò. *sigh* Moriva dalla voglia di leggere quella fic! Doveva trovare un modo, a costo di farsi scannare da Grape!
Il cane contemplò il disastro appena fatto, e decise che non valeva la pena peggiorare le cose cercando di ripulire. Meno male che Papà gli aveva dato il permesso... Aprì un altro pacchetto di DAS, ne tagliò via una porzione e cominciò a scolpirlo, la lingua sporgente in concentrazione.
Quando aveva cominciato questo progetto, non era sicuro di riuscire a portarlo a termine in tempo. Soprattutto, aveva immaginato di fare qualcosa di molto più semplice...eppure, era come se in quei momenti una forza esterna si impadronisse delle sue mani, guidandole nel giusto modo, intaglio dopo intaglio, pennellata dopo pennellata.
Quando realizzava le avventure di Spot (Supercane), provava allo stesso tempo un grande entusiasmo ed una paura tremenda di sbagliare. Con questo lavoro, tecnicamente molto più difficile...si sentiva calmo. Vedeva perfettamente cosa voleva, e non gli importava di cosa potessero pensare gli altri. Questo era il suo dono speciale per Grape, ci avrebbe messo il cuore fino all’ultimo particolare, non voleva permettersi di rovinare tutto cedendo alle proprie angosce—
Bussarono alla porta. Un attimo dopo, questa si aprì, ed entrò Joey!
“Ehi, Peanut! Saputa la grande novità...” il suo sorriso felice si trasformò di colpo nella più marcata espressione di rispetto misto a stupore che sapesse mostrare. “W-o-W! Peanut, ma è fantasti—“
Il cane Sandwich saltò addosso al suo ospite, spingendolo fuori con tanta forza che quasi lo sbatté a terra. “Non devi vederlo! Nessuno deve vederlo finché non è finito!” Quasi ringhiava.
Joey non era abituato a vedere Peanut così fuori di sé. Gli faceva paura. “Va bene, va bene, scusami. Non intendevo—“
Peanut chiuse la porta del garage dietro di sé. Aveva un’espressione carica di vergogna, adesso, e si picchiettava le dita. “Scusami, Joey, davvero. Ma è...per scaramanzia. Non voglio che neanche Papà o Mamma lo vedano.”
Joey gli scodinzolò. “Tranquillo, ti capisco. Anche io, quando organizzo una partita di D&D preparo i modellini, la mappa e tutto quello che serve, e non voglio che nessuno veda. E’ come rovinare la sorpresa.”
Peanut annuì. “E’ proprio così. Perciò, se vuoi scusarmi, ora ho davvero da fare...” Si voltò ed aprì la porta.
“Bino torna dall’Accademia,” disse Joey, gelando l’altro cane nell’atto di abbassare la maniglia. “Oggi pomeriggio. Ho ricevuto la sua mail poco fa.”
“E..?” Peanut era terrorizzato all’idea che non ce l’avesse fatta. Quando Bino era furioso, il mondo doveva soffrire!
Joey improvvisamente sorrise come Totoro! “Ce l’ha fatta! A pieni voti, proprio come Fido! Fox sta già preparando la superfesta!”
---
Joel aprì la portiera del taxi, e fece salire Aldebaran per primo. “Coraggio, ragazzone. Vedrai che troveremo un regalo adatto per tutti. Oggi voglio darmi alla pazza gioia.” Chiuse la portiera e si diresse dall’altro lato del veicolo. Aprì la portiera, quando udì qualcuno dire, “Un momento, per favore!”
Joel si voltò, e vide una donna e una femmina di labrador nero venire verso il taxi. “Scusami! Io mi chiamo Marcia. Molto lieta.” La donna strinse la mano di Joel. Una bionda naturale?
“Ah, Joel Foster. Molto lieto, Marcia.”
Aldebaran si sporse dal finestrino. “Ehi, ciao Daisy!” disse alla femmina, salutandola con un braccio.
“Ciao, sono Daisy!” rispose lei, immancabilmente, con quel sorriso zannuto inconfondibile.
Già, gli era familiare...se la medaglietta a forma di margherita non fosse stata un indizio sufficiente. “Cosa posso fare per te, Marcia?” chiese Joel.
“Stai per caso andando al Mall?”
“Ah, sì. Io e Alde—“
“Fantastico!” Marcia guidò la sua figlia canina allo sportello posteriore e la fece entrare. “Dobbiamo andarci anche noi. Alan ha dimenticato di comprare il regalo per suo nipote, che viene a trovarci per Natale. A dire il vero, se lo dimentica sempre. Credo che lo detesti. Ti disturba se scrocchiamo un passaggio?” E senza attendere risposta, si mise seduta accanto a Daisy. Chiuse la portiera. “Be’, che aspettiamo?”
Joel scosse la testa. Non sapeva cosa stesse succedendo, ma decise che avrebbe aspettato a dirle che prima doveva passare alla stazione di polizia per la firma.
Mentre entrava sul sedile accanto a quello dell’autista, Joel capì anche come mai il vocabolario di Daisy fosse limitato al suo saluto: con una padrona così, che bisogno c’era di parlare?
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Andrea
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Andrea »

valerio wrote:“Non finiranno in un rifugio, vero? Non…non lo permetterai. Se le cose dovessero andare male, non permetteremo che finiscano in uno di quei posti orrendi. Staremo sempre insieme…”
Il veterinario li aveva avvertiti, come aveva avvertito anche i Sandwich e i Byron. Mizar, Grape e Sasha avevano subito dei seri traumi a livello affettivo, anche se cercavano di nascondere quelle ferite. Ma ora che il parto si avvicinava, percepivano maggiormente la propria vulnerabilità. Avevano più che mai bisogno di sentirsi al sicuro, protette, consolate. I loro compagni, la loro intera famiglia, avrebbero dovuto vegliare su di loro soprattutto dopo il parto…
Ma Alcor Foster non aveva bisogno di istruzioni. Come Peanut con Grape, e persino Bino con Sasha, lui amava Mizar più della propria vita. Non c’era male contro cui non l’avrebbe protetta!
“Insieme,” le disse. “Sempre. E comunque, non succederà niente di male: Papà ha pensato a tutto, per qualunque evenienza. Non finiremo mai più in un rifugio, amore mio. Mai.”
Oh, Mizar, you should know that if something happens to any of your puppies the responsible has better to die soon before Martin put his hands on him :lol:
valerio wrote:Peanut riattaccò. *sigh* Moriva dalla voglia di leggere quella fic! Doveva trovare un modo, a costo di farsi scannare da Grape!
Oh, look it's like you and me! oh, wait a sec:
valerio wrote:Andrea riattaccò. *sigh* Moriva dalla voglia di leggere quella fic! Doveva trovare un modo, a costo di scannare Valerio!
Ok, now it's like you and me! :mrgreen:


All cliffhangers and no ending makes Andrea a dull boy All cliffhangers and no ending makes Andrea a dull boy All cliffhangers and no ending makes Andrea a dull boy
All cliffhangers and no ending makes Andrea a dull boy All cliffhangers and no ending makes Andrea a dull boy All cliffhangers and no ending makes Andrea a dull boy

:twisted:
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"Let there be light! That was, uhm... God. I was quoting God."
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valerio
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by valerio »

Egad, I created a monster!
I'm working, I'm working! Please, spare me!
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Andrea
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Andrea »

valerio wrote:Egad, I created a monster!
I'm working, I'm working! Please, spare me!
It's your fault, not mine. XD

You could have just stayed silent and now you wouldn't have this problem :p
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Barkeron
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Barkeron »

The part between Peanut, Grape and Bud, priceless. Well, well, looks like Bino is back from Boot Cam- er I mean Academy.
Last edited by Barkeron on Mon Oct 25, 2010 2:35 pm, edited 1 time in total.
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IceKitsune
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by IceKitsune »

Another great update Valerio I loved it. The part between Peanut,Grape and Bud was funny. I still wonder what is with Grapes Fanfics.I can't wait to see Bino after the academy. And I can't wait to see if Daisy is going to have anymore lines other then her usual one. I can't wait for more Valerio. :mrgreen:
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Barkeron
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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IceKitsune wrote:And I can't wait to see if Daisy is going to have anymore lines other then her usual one. I can't wait for more Valerio. :mrgreen:
I would like to see that. :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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2.
Gardens Grand Mall, Babylon Gardens

Per qualche ragione, Joel era sicuro che quella pacifica comunità suburbana sapesse regolarsi con grande precisione anche in un rituale quale quello dello shopping dei regali di Natale.
Evidentemente, si era sbagliato.
Il solo modo per definire il centro commerciale di Babylon Gardens era ‘stato d’assedio’. Questo spiegava anche la calma innaturale che regnava nel centro urbano... Erano tutti qui!
“Questa è l’ultima settimana buona,” disse Marcia. “Dopo, bisogna addobbare le case, preparare l’albero, poi arrivano i parenti... Voi non ricevete visite?”
“Ah...” Joel deglutì. Adesso era molto felice di essersi portato dietro quel colosso di Aldebaran! Sentiva davvero il bisogno di avere una guardia del corpo. “No. I soli parenti di Martin e miei sono i suoi animali e ci va bene così. Gli amici sono i vicini.”
Marcia gli rivolse un’espressione compassionevole. “Oh, che peccato.”
L’uomo scosse la testa. “Per niente. Io e Martin siamo bene così.” Avvolse con un braccio il collo di Aldebaran, saggiandone i potenti muscoli. Il cane emise un breve brontolio di piacere. “Non so come faremmo senza di loro, vero ragazzacci?”
“Vi capisco,” disse la donna, accarezzando la testa della sua labrador nera. “Daisy è tutto, per noi, anche se mi piace gestire una famiglia numerosa. Perché tu e Martin non vi unite a noi? Ho sempre spazio per qualche ospite in più.”
Joel le rivolse un’occhiata perplessa. “Ah, sei davvero gentile… Ma tu lo sai chi sono, vero?”
Marcia annuì. “Ma certo che lo so! Sei il fratello di quel caro ragazzone di Martin e hai cercato di rapire Fox. E allora? Tutti sbagliamo, ma da buona cristiana pratico il perdono, e non certo la condanna. A giudicare i tuoi peccati ci penserà qualcun altro. Perciò, la mia offerta resta, visto che sei bene avviato sulla strada della redenzione… Ma di questo parleremo dopo.” Di nuovo prima che Joel potesse rispondere, Marcia si avviò verso il cuore del casino. “Coraggio, che abbiamo parecchio da fare!”
---
Casa Morrison

Il campanello squillò due volte.
La gatta di nome Fiddler si chiese se il postino non si fosse dimenticato di consegnare delle lettere. Sarebbe stato il primo caso di crisi di coscienza del pubblico servizio!
“Arrivo,” disse, afferrando la maniglia. Aprì la porta, e… “Zio Martin?”
Martin Foster stava sulla soglia, reggendo un grosso pacco fra le braccia, bene avvolto in anonima carta color avana. “Ciao, Fiddler. Cercavo proprio te.”
La gatta dal pelo chiaro chiazzato, una macchia sull’occhio destro, deglutì. “Sei sobrio, vero?” chiese, senza lasciare la maniglia della porta, pronta a sbatterla in faccia persino a lui… Non che avesse torto, beninteso: l’ultima volta che Zio Martin, come lo chiamavano tutti gli animali di quel vicinato, era andato a farle visita, era insieme a suo fratello. Era ubriaco fradicio, e aveva rubato il prezioso violino di Fiddler per suonarlo, o meglio, macellarlo. La povera gatta non era mai stata più capace di vedere quell’umano con gli stessi occhi di prima, non quando la cosa per lei più preziosa era stata messa in pericolo a tradimento..!
“Sono sobrio. C’è Keys? Vorrei che anche lui fosse testimone. Mi dispiace presentarmi così, ma credo proprio che a Natale non riuscirò ad esserci per donarti questo.”
Il gatto nero, convivente e compagno della violinista, entrò in salotto in quel momento. “Fiddler, chi è… Oh, ciao, Zio Martin.” E anche lui lanciò un’occhiata diffidente all’umano.
L’uomo sospirò. “Sono venuto in pace, giuro. Porto doni ai gatti buoni… Potete cortesemente lasciarmi entrare prima che le mie povere braccia cedano?”
Fiddler si fece da parte. Sia lei che Keys lo scrutarono con attenzione, mentre posava il pacco sul tavolo al centro della stanza. Poi lei chiuse la porta. Nel peggiore dei casi, stavolta non sarebbe uscito di casa tanto facilmente.
Martin ansimava. “Woo, sono troppo vecchio per queste cose. Avrei dovuto dire al corriere di passare qui…” Afferrò un lembo del nastro adesivo trasparente con su stampigliato il logo UPS. “Allora, come ti ho detto, ragazza mia, reco doni in segno di pace e di scuse per lo spavento che ti ho fatto prendere. Davvero indegno da parte mia, e mi sono ripromesso che non mi sarei dato pace fino a quando non ti avrei rivisto sorridere alla mia presenza…”
Fiddler sospirò. “Zio Martin, lo so che non eri in te…”
“Però mi guardi ancora come se fossi un orco, e mi ferisce.” La carta fu rimossa del tutto, rivelando una scatola di legno scuro. “Nessun animale soffrirà per causa mia, questo ho giurato. E se è vero che i soldi non fanno la felicità, possono aiutare a comprarne una bella fetta, se spesi nel modo giusto…” Le sue mani lavorarono velocemente sulle chiusure di metallo nero. Adesso i gatti lo osservavano con genuina curiosità, le orecchie puntate in avanti e le vibrisse frementi.
Martin rimosse il coperchio, lo posò sul tavolo, e affondò le mani nella scatola. Rimosse ciuffi di paglia e manciate di noccioline di polistirolo. Alla fine, estrasse…una custodia. “Ta-daa!”
Fiddler osservò l’oggetto che l’uomo mostrava con un’espressione trionfante. “Uh…se è un violino è davvero un pensiero gentile, Zio Martin, ma…ho già il mio. Magari tornerà buono se Keys dovesse rompere anche questo—“
“Ehi!” sbottò, indignato, il gatto nero. “Me lo rinfaccerai per sempre?”
“…Però io sono abituata al mio. E’ una cosa…personale, non uno strumento e basta, non se capisci.”
Martin non perse quell’espressione da vecchio volpone. “Mi deludi, mia cara, se pensavi che volessi darti così poco. Dai un’occhiata, su. Non ti morde mica.”
Fiddler prese la custodia. Sì, indubbiamente conteneva uno strumento. Era una custodia di ottima fattura, in fibra di carbonio laccata di bianco con intarsi dorati. Aveva un piacevole profumo di nuovo.
Fiddler andò a sedersi sulla poltrona. Almeno la custodia valeva il perdono; la sua ormai era quasi da buttar via. La gatta sollevò le cerniere, aprì il coperchio e… “O dolce doremi!”
“Vedere?” disse Keys, sedendosi accanto a lei. “Ullalà!”
Il violino non era solo bello, era… A Fiddler si sollevò il pelo della schiena per l’eccitazione. La punta della coda era un metronomo. Quasi non osava toccare quel gioiello in legno intarsiato, che ancora recava con sé l’odore della bottega in cui fu fabbricato più di 300 anni fa…se era quello che lei pensava…
Fiddler rigirò lo strumento –ed eccola lì, la firma dell’artista e il numero. Inequivocabile.
“Stradivari 1700D1,” sussurrò la gatta, con le lacrime agli occhi. “Il primo concepito per animali, disegnato dal maestro in persona per il suo gatto. E’ il violino più raro del mondo… Una reliquia.” Fiddler posò lo strumento nella custodia e la chiuse come se stesse armeggiando con una bomba innescata. Sapeva esattamente quanto valesse un simile strumento, e sapeva quanti giorni aveva passato fantasticando di potere tenere un concerto suonandolo.
Fiddler appoggiò la custodia sul divano, scese…e saltò addosso all’umano! “TU SEI IL MIGLIORE DEL MONDO!” ruggì come una leonessa, quasi gettandolo a terra. Gli si abbarbicò addosso come un pitone e prese a strofinarsi contro il suo volto e a baciarlo ripetutamente. “Ti prego scusami per avere pensato male di te! Sei fantastico, vuoi adottarmi?”
Martin arrossì. “Heh, me lo chiedono in tanti.” Diede un bacio alla fronte della gatta, poi la prese e la posò a terra. “Pensa solo ad impratichirti con quel gioiellino. Anche se quest’anno non potrò dare il yarn ball a casa mia come avevo promesso…”
“Aww!” fecero i due gatti.
“Lo so, ma è molto probabile che Mizar vada in travaglio intorno al 24-25, e i nostri pensieri saranno solo per lei, per allora. Figurarsi se poi anche Grape e Sasha vorranno dare il loro contributo… No, non credo che ci sarà spazio per questa festa, stavolta, ma vi giuro che alla prima occasione utile ci daremo dentro. Così hai più tempo per esercitarti, okay?” Martin arruffò la testa della gatta, poi si rivolse a Keys. “Scusami per non averti portato un regalo, prometto che mi rifarò.”
Keys si mise una mano dietro la testa. “Nah, solo rivederla così di buon umore è sufficiente. E non ti preoccupare della festa: corre voce che i furetti vogliano inaugurare un parco divertimenti presso la loro proprietà, per Natale, quindi il divertimento non mancherà di sicuro.” Scese dal divano e andò ad abbracciare Martin. “Salutaci Mizar e Alcor. Siamo fieri per loro!”
---
Casa Milton

“Dimmi che stai scherzando,” disse Daryl, uno dei lupi del branco di Miles.
Daryl, il meno entusiasta del Programma di Pari Opportunità dei furetti Milton, per trasformare i ferali in animali domestici e civilizzati a tutti gli effetti.
Daryl, ora messo di fronte alla prospettiva che più temeva per la sua amata figlia, che si era innamorata di un cane domestico. “Ti prego, dimmi che lo dici per uccidermi.” Il poveretto sembrava improvvisamente invecchiato di dieci anni (lupini). Neppure una dose di boccone al veleno avrebbe potuto fargli tanto male. “Non puoi proporre una cosa simile. Io…io mi diverto a prendere in giro i domestici, lo sai, e capisco che tu voglia rifarti, ma ti prego, ci dovrebbe essere un limite alle battute crudeli.”
E cosa poteva fare, insomma, a parte camminare in cerchio come ora, scavando un solco nel tappeto? Aggredire quel maschio insolente che aveva trascinato la sua unica cucciola nel sordido vortice della perdizione della…civilizzazione? No, non avrebbe funzionato: Caelia si sarebbe rivoltata contro il suo stesso padre, Daryl la conosceva fin troppo bene!
Finalmente, il lupo si fermò. Sollevò la visiera del berretto da baseball giallo, unico vezzo concesso agli umani costumi, e si mise in posa statuaria, le mani ben salde ai fianchi. “E va bene: se è tua intenzione andare avanti con questo folle progetto, sappi che scatterà l’espulsione dal branco! Non avrò una figlia ridotta ad un animale domestico, mai! Piuttosto, che impariate a cavarvela da soli, mi sono spiegato? Allora? Pensi che scherzi? Pensi di volere andare avanti e fare questo stupido matrimonio?
In piedi davanti al padre, a muso duro, riflettendone la posa, occhi azzurri come il ghiaccio contro quelli dorati, Caelia rispose, “Sì.”
E Antares Foster, spettatore di quel litigio a pelo dritto e zanne snudate, si sentì il cane più fortunato del mondo!
---
“Guarda! C’è Mortimer!”
“E Daisy!”
Joel si stava chiedendo come mai quella strana donna avesse deciso di dirigersi verso il più affollato dei negozi. E quando vide la folla di bambini improvvisamente polarizzata su Aldebaran e Daisy, al punto da uscire in massa come un branco di gnu, trascinandosi dietro i genitori, capì.
“Guadagneremo un po’ di tempo, così,” disse Marcia. “Coraggio, abbiamo circa dieci minuti, poi tornerà a scorrere il sangue!” Tirò Joel con sé, ma lui era affascinato da come i due cani si stessero godendo le attenzioni dei bambini come se fossero superstar. Persino quando Daisy ripeteva il suo nome, era…diversa. Come se fosse più…lei; Joel non sapeva come descriverlo…
Marcia gli si affiancò. “Davvero non lo avevi capito?”
“Capito cosa?”
“Daisy. Non ti fa venire in mente niente?”
Joel provò a sforzare le ‘cellule grigie’, come le chiamava Poirot, ma non gli veniva proprio in me—
Click.
“Non è possibile,” mormorò. Adesso sì che qualcosa la ricordava! Ma era un bambino, allora. Memorie di una vita che sembrava ancora bella, quando da un televisore venivano delle belle storie, e i libri dalle pagine cartonate e spesse parlavano di “Mortimer e Daisy, il Canto della Foresta!
Mortimer, il feroce lupo nero, piaga di un villaggio di eschimesi nella lontana Alaska, il terrore dei ghiacci, il cui cuore nero come il suo manto fu conquistato da una femmina pure nera, ma dallo spirito gentile nonostante fosse sempre bistrattata anche dai suoi padroni per il suo colore…
Quella storia di Natale era un classico al pari di Rudolph. Joel e Martin l’avevano letta fino ad impararla a memoria parola per parola… Memorie perse quando la vita in famiglia aveva preso un’altra piega…
Joel non si era mai reso conto fino a quel momento di come quei due cani fossero…praticamente identici ai protagonisti di quella fiaba. E rimase lì dov’era, rapito, a guardare la femmina che diceva, “Ciao, sono Daisy!” Esattamente come, nella storia, aveva fatto la prima volta che aveva incontrato il feroce Mortimer. Guardandolo con quel sorriso raggiante da cucciolona e quegli occhi innocenti…
“L’abbiamo presa da un canile,” disse Marcia, facendo sobbalzare Joel. “Era appena una cucciolina di due mesi, e come tanti ‘ospiti’ di quel posto, aveva sofferto il trauma dell’abbandono. Si era rifugiata in quel libro, non faceva che leggerlo e leggerlo… E la prima volta che ci rivolse la parola, durante la visita preadottiva, fu con quella frase, e quell’espressione, e sapemmo come l’avremmo chiamata da quel momento in poi.”
“Non siete mai riuscita a insegnarle qualcos’altro?”
Marcia scosse la testa. “Ci abbiamo provato, e siamo sicuri che ha imparato. Riconosce le parole scritte, sa relazionarsi con l’ambiente…ma dice sempre quella frase. Io e Alan crediamo che sia il suo scudo protettivo: finché dice, ‘Ciao, sono Daisy!’, sente che nessuno le farà del male. In fondo, il terribile Mortimer non le fece niente, giusto?”
Joel sospirò, “Povera piccola. Dici che è al sicuro, in mezzo a quella folla adorante?”
“Tranquillo. Credo che il tuo cane sia abituato a ben peggio, e lei adora i bambini. Coraggio, solo cinque minuti prima che i genitori riprendano il controllo.”

Entrarono nel negozio. “Con i peluche non sbagli,” disse Marcia. “Scegli bene, ma scegli in fretta.”
“Veramente dovevo comprare un abat-jour,” protestò debolmente lui, anche se la sua attenzione era già stata magnetizzata dall’incredibile assortimento in quel negozio. In effetti, già che c’era, poteva regalarne uno a Sasha… Massì, appena avrebbe rimesso la pelliccia, avrebbe fatto un bel regalino a quella cara creatura. Anche se era sposata, Sasha meritava sempre un po’ di attenzio—“Huff!”
L’uomo inciampò contro qualcosa di solido come un comodino di marmo, ed insieme andarono a terra!
“Compagno Joel, io è onorato di incontrare fratello di Dyadya Martin, ma vorrei fuosse meno…imbarazzante, da?”
“Oh,” fece Joel, togliendosi da dosso a quell’enorme gattone. Com’è che si chiamava? “Scusami…Ivan.” Ivan, sì, un curioso felino che, stando a quel che aveva sentito dire quando era un cane, tendeva ad assorbire la parlantina e i costumi dei suoi nuovi padroni di turno. Pare che fosse passato per la fase Tedesca, Francese, e Londinese, prima di quella Russa.
Ivan si lasciò aiutare a rimettersi in piedi. “Ah, ci vuole ben altro per tenere giù figlio di rodina. E ora scusate, devo trovare peluche per…err, per amico. Qualcosa che lo aiuti a rendere più confortevoli gelide notti Amerikanskaya.” Dal rossore che apparve, sembrava abbastanza chiaro chi fosse l’’amico’.
Joel prese un orso da uno scaffale troppo in alto per il gatto. “Facciamo così: questo lo regalo io al tuo amico per Natale, a patto che tu ti unisca a noi per il pranzo. Alle dodici alla rosticceria, che ne dici?”
“Certo, sì, compagno,” disse, ma non si capiva se parlava dell’invito o del peluche, che stava fissando con tutta la brama che Bellocq avrebbe mostrato di fronte all’Arca Perduta.
“Io sono pronta, corriamo alla cassa!” disse Marcia, carica come una mula di animali di varie specie e dimensioni. “Che avete da guardare? Li colleziono, anche; cos’è, un crimine?”
---
Accademia Hunters del Corpo di Polizia Cinofila, Wyndham County

“Se continui a rimirarti a quel modo, lo consumerai, lo specchio,” disse il weimaraner che rispondeva al nome di Sigmund Follett. “Coraggio, che non mi va di restare un solo minuto di più.”
“Arrivo,” disse Bino, però senza smettere di guardarsi. Niente da ridire, cinque mesi spesi bene…molto bene. Si era irrobustito, era sopravvissuto a tutte le prove, e con un po’ di fortuna, l’anno prossimo avrebbe fatto domanda di iscrizione al programma RAID. I più tosti dei tosti! Se mai si fosse ripresentata una crisi come quella dei cani Whiteman, lui sarebbe stato in prima linea e non a rigirarsi i pollici!
La cosa che più gli dispiaceva era che, con i suoi nuovi impegni in polizia, non avrebbe avuto il tempo di gestire il Club del Buon Cane. Avrebbe dovuto passare a Fox tutte le consegne, ma se c’era qualcuno di cui poteva fidarsi, era lui…
Ma la verità, alla fine, era che tutto questo lo stava facendo soprattutto per Sasha. Non lo avrebbe mai ammesso davanti agli altri, ma avrebbe fatto del suo meglio per proteggerla…
“Ehi, ti senti bene?” gli chiese Sigmund.
“Hmm? Certo,” disse lui, senza voltarsi. “Perché lo chiedi?”
“Stai sorridendo. È…strano.”
“Stavo pensando a Sasha, scemo.” Questa volta si voltò e si allontanò dallo specchio per andare a prendere la sua valigia. Era tutto rosso, al pensiero di rivederla, di vederla per la prima volta per davvero, non attraverso una webcam. Voleva coccolarla fino a consumarla, e sentire il cucciolo scalciare.
Il cucciolo, Il loro cucciolo..!
Bino si sentiva scoppiare il cuore di gioia, al punto che persino la festa che sicuramente gli stavano preparando i ragazzi del club gli appariva insignificante. Le lezioni all’Accademia lo avevano tenuto impegnato mente e corpo, continuamente, ma ora, finalmente, realizzava l’enormità di quel cambiamento nella sua vita.
Aveva un figlio! Maschio o femmina che fosse, avrebbe portato avanti l’eredità di suo padre!
E meglio ancora, lui aveva un figlio e Fido no, tiè! Quel sacco di pulci avrebbe dovuto fare come Peanut con Grape, e non avere mai un piccolo Fido per sé!
Bino si rivolse a Sigmund con un sorriso estatico che per qualche ragione diede i brividi all’altro cane. “Sai una cosa, Siggy vecchio mio? Il mondo è di nuovo un posto meraviglioso.”
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Blue Braixen »

Man, he updated twice in one day... Makes me feel like updating today, too.
Maybe I will.
Awesome job, Val! :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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Another great update Valerio. I like the explanation of why Daisy only says one thing. The ending was nice its good to see Bino back. I can't wait for more Valerio. :mrgreen:
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Barkeron
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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Great explanation as to why Daisy only says her name. Either case any other great chapter. Looks like Daryl here may be having trouble coming to grips on the Equal Opportunity Program and his daughter falling in love with Tiger. Uh correct me if I'm wrong on this one.
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valerio
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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Barkeron wrote:Great explanation as to why Daisy only says her name. Either case any other great chapter. Looks like Daryl here may be having trouble coming to grips on the Equal Opportunity Program and his daughter falling in love with Tiger. Uh correct me if I'm wrong on this one.
well, Tiger is not a problem any longer, since Caelia is going to marry Antares ;)
Remember? They have been dating for some weeks now...
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Barkeron
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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valerio wrote:
Barkeron wrote:Great explanation as to why Daisy only says her name. Either case any other great chapter. Looks like Daryl here may be having trouble coming to grips on the Equal Opportunity Program and his daughter falling in love with Tiger. Uh correct me if I'm wrong on this one.
well, Tiger is not a problem any longer, since Caelia is going to marry Antares ;)
Ah I see. For some reason, Tiger came up in my mind. Oh well. It was probably from a earlier series.
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valerio
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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3.
Casa Foster, Babylon Gardens

“Alcor?”
Meglio di un pisolino, per questo gatto bianco, c’era il pisolino sdraiato accanto alla sua amata compagna. “Hmr?”
“Alcor!”
Aprì gli occhi, riconoscendo il tono. Il miglior modo per rovinare quei momenti era una voglia improvvisa. E la femmina di pastore tedesco era molto creativa, con le sue! Alcor riconobbe il tono, e dentro di sé, gemette. Sperò solo di non dovere fare una corsa al mall o al rifugio per procurarle da mangiare, questa volta… “Dimmi, mia bella stella supergigante.”
“Stai facendo insinuazioni, intrigante felino?”
“Constato un meraviglioso fatto.” Le mani di lui corsero alla pancia ben gonfia. Sentì muoversi i due cuccioli, e gli occhi si inumidirono. Di riflesso, iniziò a fare le fusa. “Dici che anche loro si sceglieranno un partner felino?”
Mizar ridacchiò. “Ohh, e poi dicono che sono le mamme a preoccuparsi per queste cose.”
“Io non sono affatto preoccupato. Anzi, sarebbe bello se crescessero con una mente aperta. Te l’immagini se quella notte non ti avessi dato retta?” Quella notte al vecchio rifugio, quando lei, una femmina che lui aveva appena intravisto una volta sola, di cui conosceva perlopiù la zampa, aveva pianto. E quei lunghi versi di angoscia avevano fatto breccia nel cinico guscio di lui, spingendolo a parlarle per la prima volta, a lungo, ad aprirsi come mai aveva fatto prima…
“A dire il vero, no” disse Mizar, ottenendo un’occhiata incuriosita del gatto. “E non voglio immaginarlo, perché c’è poco da immaginare. Saremmo semplicemente finiti nell’inceneritore.” Si girò quel tanto che bastava per mollare un ceffone al muso di Alcor! “Quindi smettila con queste macabre fantasie, e vai di sotto a prendere del gelato alla vaniglia e dello zenzero! Schnell!”
“Ow.” Massaggiandosi il muso, Alcor si alzò. “Cercavo solo di essere romantico.”
“Sì, per un provino di Six Feet Under. Ora vai, prima che decida di lasciarti fuori dal letto, per stanotte.”

Alcor entrò di corsa in cucina. Rivolse un ultimo sorriso dietro di sé –heh, la sua ragazza sapeva ancora darle, le sberle. Anche se c’era fra di loro un tacito accordo di non rinverdire le memorie dei loro giorni di randagi, lui non smetteva mai di pensare che la sua amata fosse stata una vera dura. La immaginava, intenta a fare la sua parte per difendere il cibo appena conquistato, sotto la pioggia battente, a quattro zampe, il pelo gocciolante e quegli occhi blu in cui si riflettevano le fredde luci dei lampioni, le zanne snudate di fronte al branco rivale…
Si mordicchiò il labbro inferiore. La coda del gatto batté eccitata contro lo sportello del frigo, mentre prendeva la vaschetta del gelato. “Hmm-m, Stray! No regrets 'cause I got nothin to lose/Ever stray! So I'm gonna live my life as I choose..
Alcor posò la vaschetta su un tavolino a misura di animale, poi andò verso la credenza. Gelato alla vaniglia con lo zenzero... Ew, e dire che quella era la più innocua di quelle voglie…
All’improvviso, la sua attenzione fu attirata dal passaggio di una figura, all’esterno. Alcor andò alla finestra, la aprì per vedere meglio… “Wow!” No, non si era sbagliato!
Quella che camminava per la strada, al fianco di Sabrina, era una gatta. Bianca! “Bellissima…” mormorò lui con aria sognante. “Ehi, nuova di qui?”
Sabrina si fermò per prima. Toccò la spalla della gatta, e indicò Alcor, che stava salutando col braccio.
La candida femmina si voltò e fece un educato inchino. Alcor vide che aveva due occhi…blu. Non blu come gemme, ma proprio blu come le profondità del mare, quasi neri in contrasto con il candore della pelliccia. Sembravano una sola cosa con le pupille, viste dalla finestra della cucina di casa Foster. Erano ipnotici e…inquietanti.
Le due gatte si avvicinarono. “Ciao, Alcor,” disse Sabrina. “Questa è la mia nuova sorella, si chiama Neredia. Viene dal Lucky Charm Grove.”
Alcor le tese la mano. “Un nome stupendo per una creatura stupenda! Piacere di conoscerti, bellissi—“
In quel momento, la finestra si abbassò di colpo, come una ghigliottina! Allenato da anni di combattimenti, Alcor riuscì a spostare la testa in tempo...ma la mano non fu altrettanto fortunata. *TONK!*
Seguirono cinque minuti di violenza verbale inaudita!
---
Oasis Plaza

Benvenuti a BABYLON GARDENS – Comunità Pet-Friendly! Il giusto posto per voi ed i vostri migliori amici! recitava il cartello.
In strada, sembrava prepararsi l’ultima difesa di Fort Apache. Chiunque avesse voluto cercare il proprio cane, doveva solo andare nella strada che segnava l’ingresso alla comunità. I gatti ringraziavano.

“I festoni rossi a destra, quelli blu a sinistra, così...e mi raccomando, che coprano gli angoli superiori del cartello, devono incorniciarlo... No, no, no, i bicchieri di carta non devono essere così attaccati alle caraffe, o si rovescia la pila ogni volta che la prendete... ZAP! Ti ho visto, sai?! Non provare a mettere la Fanta nel punch! E fate attenzione a come mettete le patatine nelle vaschette, o ci ritroviamo a ballare sull’asfalto croccante...”
La cosa curiosa, di quella scena, era vedere come tutti obbedissero a Joey come se il Presidente del Club fosse stato lui! Obbedivano, gli rivolgevano domande, correvano come formiche industriose. Improvvisamente, il fratello strambo di Fido e Bino era diventato il boss!
“Lo proporrò come nuovo Presidente,” disse Fox, le braccia incrociate al petto, mentre guardava orgoglioso il giovane cane dirigere i preparativi con una naturalezza degna dei suoi fratelli. Sì, il sangue di famiglia scorreva anche in lui, decisamente! “Dopo avere fatto ubriacare Bino di Fanta.”
“Non è un po’ azzardato?” chiese Rex, il bulldog, in piedi accanto all’husky, grattandosi la testa. “Insomma, ci vorrebbe uno più...tosto per stare sempre dietro al Club.”
Fox diede una pacca alla schiena di Rex. “Ci sei sempre tu, ragazzone. Veglierai su di lui come hai fatto con Bino. Adesso che anche lui è un poliziotto a pieno titolo, non avrà il tempo di gestire il Club. Anche per questo Fido era stato il co-fondatore, quando avrebbe potuto fondarlo schioccando le dita.”
Rex aveva un’espressione dispiaciuta. “Ma a te non piace essere il Presidente?”
“No, no...voglio dire, mi piace eccome! Ma mi piace di più leggere, e passare il tempo con Lucky. Sai, riavere un convivente è davvero...incredibile. Lui è così giocoso, energico...” E in quel momento, come se fosse stato chiamato in scena, passò il malamute dal manto nero e bianco, che reggeva una pila di sedie. Su indicazione di Bino, le mise al centro della stanza, poi cominciò a disporle in un’ordinata fila davanti al palco sottostante il cartello festonato.
Fox pensò che era un peccato che Felix non fosse stato invitato, ma per una volta tanto era meglio attenersi alle vecchie regole: niente gatti. E poi, comunque, il soriano rosso e Lucky non si sarebbero dati certo alle effusioni in pubblico. Era stato deciso anche da loro, niente outing, per adesso. Le coccole solo in privato...
“Io dico che sentono che Joey è il candidato naturale,” continuò Fox. “Insomma, della famiglia è rimasto solo lui con abbastanza tempo libero.”
“Di sicuro non sembra dispiacergli.” Rex si guardò intorno. “E di sicuro questa festa non dispiacerà a Bino. Heh, scommetto che aspettava questo momento da una vita.”
“Mai parole furono più vere!” Esclamò Fido da dietro la schiena del cane, battendogli le mani sulle spalle. “Vedo che va bene, qui, eh?”
“CIAO, FIDO!” esclamarono tutti i cani in coro. Decine di code partirono all’unisono, aggiungendo una nuova brezza a quella invernale. Per fortuna che questa volta non partivano alle otto di sera, o metà degli ospiti sarebbe finita sul banco dei surgelati!
“Ciao, ragazzi! E ciao a te, Joey.”
Il giovane cane si lasciò cadere su una sedia prontamente fornita da Lucky. “Fido, grazie al cielo sei qui! Ho giustappunto bisogno di qualcuno che supervisioni i preparativi! Bino sarà qui fra un paio d’ore al massimo, e voglio che sia tutto perfetto!”
Fido si guardò intorno, ammirato. “Allora dovrò lavorare poco, fratello: mai vista una simile preparazione in così poco tempo! Neppure per me vi eravate impegnati così tanto.”
Joey scodinzolò. “Yay,” disse stancamente. “Queste cose ti distruggono...” Poi fu lui a guardarsi intorno. “Ma dov’è Sabrina?” Da quando suo fratello e la gatta si erano rivelati, il tempo libero lo passavano sempre insieme, erano inseparabili. Fido sembrava...nudo, senza di lei.
Il cane poliziotto si grattò dietro la testa. “Ah, lei sta continuando a fare conoscere il vicinato alla sua nuova sorella.”
“Ancora?” Joey si alzò in piedi. “Va bene che non siamo una comunità piccola, ma non credevo che ci volesse tutto questo tempo. E’ così timida, quella gatta?”
“Veramente, non è timidezza...”
---
“Scusami per le imprecazioni,” disse Alcor, mentre Neredia continuava a fasciargli la mano ferita. Certo che aveva un tocco davvero leggero... I suoi occhi, visti da vicino, erano ancora più soprannaturali...
Ciononostante, lei non fece segno di avergli badato. Si limitò a terminare di fasciare.
Alcor diede un’occhiata perplessa a Sabrina. Lei disse, “E’ sordomuta. Dalla nascita. E nessuno le ha mai insegnato il labiale o il linguaggio dei segni. Passo molte ore in casa a darle lezioni, ma ci vorrà tempo, e nel frattempo voglio che conosca i vicini... Insomma, mi tiene impegnata.” Le diede una grattata dietro la schiena, cosa che scatenò subito delle gran fusa. “Ma almeno ci teniamo compagnia, e per una volta tanto sono felice di fare qualcosa di utile che non sia correlato con gli spiriti.”
“Ah, sicuro... Senti, Sabrina, come mai mi hai chiesto di tenere Mizar ad una distanza di almeno due stanze da Neredia?”
In quel momento, la lampadina sopra di loro divenne un piccolo sole abbagliante, poi scoppiò con un suono di popcorn.
“Precauzione,” sospirò la gatta. “Di solito, un amuleto a forma di pentacolo o di ferro di cavallo, o un cornetto di corallo napoletano funzionano. Se non ne avete, ve ne procuro io un paio.”
In effetti, solo in quel momento Alcor notò che al posto dell’Ankh, Sabrina adesso aveva una medaglietta metallica a forma di pentacolo... Ma prima che potesse fare altre domande, un’altra lampadina nella cucina prese a ronzare, a brillare intensamente, e poi scoppiettò.
“Di solito,” ripeté lei, con una curiosa rassegnazione nella voce.
---
Gardens Grand Mall

*burrp!*
“Salute,” disse Joel. “Spero che anche in Russia sia per complimentarsi col cuoco.”
Ivan si diede delle pacche sulla pancia. “Io mi complimenta con te, compagno Joel, per questo eccellente pranzo. Tu vieni a trovare noi, abbiamo miglior caviale di Volga. E mio amico ringrazia per Misha.”
“Ci basta il passaggio fino a casa,” disse l’umano, mentre camminava insieme ad Aldebaran, Marcia e Daisy, tutti armati di sporte sature e pesanti. Joel osservò i genitori di Ivan dirigersi verso la macchina –un modello dalla carrozzeria rossa fiammante, finita d’argento e le ruote dai cerchi bianchi. “Certo che una Mercury Coupé del 1949 è...” Joel fischiò. “Congratulazioni, qualcuno ha battuto mio fratello in quanto a gusto in motori.” Anche se mancava sicuramente la vena di socialità. Quei due erano gentili, sorridenti, ma davano la stessa confidenza di un istrice. Forse Ivan era così espansivo per compensare...
Il robusto gatto quasi scodinzolava come un cane. “A miei genitori piacciono belle cose, loro comprano quando vogliono. Lavorano nel—“
La luce è troppo veloce per essere percepita quando si manifesta. La macchina fotografica più avanzata non può materialmente riprendere l’inizio di un’esplosione. Tutto quello che ti appare, all’improvviso, è un’immagine sovrapposta a quella di un microsecondo fa. La tua mente la registra, ma la tua coscienza no. Perdi un prezioso secondo cercando di capire cosa stia succedendo.
Joel aveva uno strano privilegio, da questo punto di vista: aveva vissuto a contatto con delle entità molto speciali. Era stato l’oggetto delle loro magie. Forse, forse, la sua mente aveva acquisto, esperienza dopo esperienza, quell’elasticità necessaria a vedere lo scoppio.
O forse Joel aveva semplicemente dei riflessi eccellenti, e l’adrenalina lo rese per un istante l’uomo più veloce del mondo.
Fatto sta, che non esitò a gettarsi addosso...a Daisy, travolgendo anche Marcia, mentre la Mercury diventava un fiore di fuoco. Lo spostamento d’aria e il fuoco arrivarono un attimo dopo, ma a quel punto l’uomo stava già proteggendo la labrador col proprio corpo. Aldebaran si era gettato contro Ivan.
Scelte fatte sul momento, non calcolate. Puro istinto. Pura casualità.
Ma dagli effetti non meno devastanti...

Il garage era un coro di sirene ululanti e grida di umani ed animali spaventati. L’odore del fumo era intossicante.
Aldebaran non credeva di riuscire a respirare. I suoi sensi erano sovraccaricati da quel palcoscenico dell’orrore, non riusciva a concentrarsi... Sentiva qualcuno gridare, ‘Papà!’ ‘Mamma!’ più volte, e più volte, con un tono dapprima attutito, distante, poi sempre più vicino...
“Lasciami! Lasciami! Papà!”
Il cane Foster non capiva chi potesse essere. Percepiva remotamente di stare stringendo qualcuno a sé... Ivan. Sì, era il gatto Ivan, che si stava agitando come una tigre nel tentativo di liberarsi dell’animale che lo aveva appena salvato.
“Mammaaaaaa!!”
Perché gridava? Oh, sì: l’esplosione...
Zio Joel!
Ivan crollò esausto e ansante nella stretta del cane, mentre questi si voltava.
No...
“Signore..?” Era forse la prima volta in assoluto che un animale di Babylon Gardens udiva Daisy parlare senza pronunciare la sua frase di presentazione. La prima volta che il suo volto era così angosciato, mentre cercava di aiutare Joel Foster, che giaceva a terra...con una scheggia metallica fumante, grossa come un coltello, piantata nel fianco...
Nononononono!
“Signore?” ripeteva Daisy. “Per favore, si svegli. Io...Mamma non sta bene. Per favore, signore..?”
E le sirene suonavano...
Last edited by valerio on Tue Oct 26, 2010 10:30 am, edited 2 times in total.
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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:shock: Oh god what just happened what in the world exploded? Oh man this is going to be an exciting next part. Also Daisy spoke to bad about the occasion for it. That's sad about Sabrinas' new sister and it looks like Sabrinaisn't in complete control of her new powers yet. I can't wait for more Valerio its going to be very interesting.
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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IceKitsune wrote::shock: Oh god what just happened what in the world exploded? Oh man this is going to be an exciting next part. Also Daisy spoke to bad about the occasion for it. That's sad about Sabrinas' new sister and it looks like Sabrinaisn't in complete control of her new powers yet. I can't wait for more Valerio its going to be very interesting.
just for precisation: Ivan's mom and dad car exploded.
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Andrea »

Just 2 things:
valerio wrote:“CIAO, FIDO!” esclamarono tutti i cani in coro. Decine di code partirono all’unisono, aggiungendo una nuova brezza a quella invernale. Per fortuna che questa volta non partivano alle otto di sera, o metà degli ospiti sarebbe finita sul banco dei surgelati!
“Ciao, ragazzi! E ciao a te, Joel.”
Joey, maybe ;)
valerio wrote:“Signore..?” Era forse la prima volta in assoluto che un animale di Babylon Gardens udiva Daisy parlare senza pronunciare la sua frase di presentazione. La prima volta che il suo volto era così angosciato, mentre cercava di aiutare Joel Foster, che giaceva a terra...con una scheggia metallica fumante, grossa come un coltello, piantata nel fianco...
Nononononono!
“Signore?” ripeteva Daisy. “Per favore, si svegli. Io...Mamma non sta bene. Per favore, signore..?”
E le sirene suonavano...
I don't know why but I was expecting something like this happening to Joel (maybe because of the title :mrgreen:)

Who put a bomb inside the car? :?

If Joel dies before the birth of the kittens/puppies, I will be disappoint :cry:

OMG Daisy really talking!
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

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valerio wrote:
IceKitsune wrote::shock: Oh god what just happened what in the world exploded? Oh man this is going to be an exciting next part. Also Daisy spoke to bad about the occasion for it. That's sad about Sabrinas' new sister and it looks like Sabrinaisn't in complete control of her new powers yet. I can't wait for more Valerio its going to be very interesting.
just for precisation: Ivan's mom and dad car exploded.
Oh ok I knew they were talking about the car before the explosion I guess I just didn't put two and two together.
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Barkeron »

A car bomb? By who? This inst good. Finally Daisy spoke.


Oh, Alcor what you said was anything but romantic. xD
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lightwolf21
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by lightwolf21 »

:cry: , just :cry: .
Valerio really knows how to write sadness. What's going to happen next?! I can't wait. >_<
Heh. Look at that... I started an actual Housepets! fan-fic.
https://www.housepetscomic.com/forums/v ... 70#p131370
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valerio
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by valerio »

4.
Oasis Plaza, Babylon Gardens

L’autobus si fermò davanti al muro che delimitava l’ingresso alla celebre comunità Pet-Friendly voluta dal vecchio Henry Milton.
Il portello si aprì con uno sbuffo di aria compressa.
“Ci si vede, gente!” disse Bino, salutando gli occupanti del bus per l’ultima volta. Per quanto gli sarebbero mancati quei matti, era molto più contento di essere di nuovo a casa.
Da Sasha.
Anche se la festa non gli sarebbe dispia—
Fu a quel punto, che Bino si accorse che mancava qualcosa. Cioè, c’era tutto, la tavola con gli snack, il palco sovrastato da un cartello enorme che diceva ‘BENTORNATO, BINO! TI VOGLIAMO BENE!’, i festoni, il punch...
Ma dov’erano tutti?
*fwoosh* fece la brezza, sollevando un mucchio di tovaglioli di carta rossi.
Bino avanzò verso il viale d’ingresso, trascinandosi dietro il trolley. “Trucco vecchio, gente,” disse. “Lo so che siete lì, furboni. Coraggio, tanto non è che sia una sorpresa, ormai!”
Bino arrivò al muretto, e si sporse di scatto. “Cucù—“
*fwoosh* fece la brezza, agitando l’erba e le ultime foglie degli alberi.
Non c’era nessuno. Il vicinato era precipitato in un silenzio innaturale. Bino passò dallo stupore alla preoccupazione, e si guardò intorno, temendo di vedere un’autopattuglia passare. L’ultima volta che aveva visto un simile deserto, era stato durante la crisi dei cani assassini. L’intero vicinato era stato messo sotto coprifuoco. Persino gli insetti sembravano essersi nascosti...
Il familiare ghigno arcigno riapparve sul muso del segugio. “Va bene! E’ stato divertente, ha ha!” Scosse la testa in un gesto teatrale insieme a quella falsa risata. “E adesso la volete smetterla tutti di ridacchiare alle mie spalle e venire qui?!”
*fwoosh!*
Bino iniziò a tremare dalla rabbia. Doveva aspettarselo, in fondo, no? Un bel corteo di benvenuto per Fido, e per lui giusto un ritaglio di tempo libero, se fosse andata bene! Oh, ma non avrebbe dato a quegli insulsi botoli la soddisfazione di mettersi a piangere, MAI!
In compenso, avrebbe dato loro parecchio per cui soffrire, in cambio...
Quando avrebbe scoperto perché sembravano tutti scomparsi, Bino si sarebbe pentito di quei pensieri.
---
Haichiko Mercy Hospital

“Maschio, caucasico, 35 anni! Ferita da oggetto da taglio, persi 200cc! Ringer lattato in vena! Pressione...”
Le parole scorrevano come attraverso un filtro. Joel Foster, sdraiato nella barella, vedeva solo lo scorrere monotono del soffitto... Daisy. Voleva parlare, almeno provarci, ma non andava oltre la fase del pensare alle parole. Faceva così freddo... Daisy. Daisy sta bene? Daisy ha salvato il villaggio da Mortimer il terribile, lei è l’eroina, non può stare male. Daisy...
Non si era neppure accorto di essere entrato ed uscito dall’ascensore.
Avvertì una scossa lieve quando la barella urtò le porte basculanti della sala chirurgica. Ebbe un lampo di coscienza, ed udì un medico dire, “Emorragia interna. Il rene sinistro è andato...metallo rovente, cauterizzazione quasi istantanea... Cerchiamo di muoverci, gente! Non ho ancora perso nessuno in questa sala operatoria e non intendo iniziare oggi!”
Sbruffone.
Qualcuno appoggiò una maschera sul suo volto. Anestesia, era l’ora...Daisy, qualcuno mi dica che sta bene, vi prego...
“Oh, lei sta bene,” disse uno dei chirurghi, chinandosi su di lui.
Un chirurgo che, stranamente, aveva un paio di dorati occhi animali e una mascherina che sembrava comica su quel becco aquilino. “Ciao, avatar.”
“Non...chiamarmi così,” disse, cioè, gracchio con un filo di voce, l’umano. “Odio quel film, lo sai...” Poi spostò lo sguardo verso i medici, e vide che lo stavano già tagliuzzando a dovere. La cannula che aspirava il sangue faceva un rumore davvero nauseabondo. “Ouch.”
“Il tuo è solo un riflesso condizionato,” disse Pete. “In realtà non provi alcun dolore.”
“Se lo dici tu… Non dovrei stare a guardarmi dall’alto, adesso?”
Pete scosse la testa. “Sarebbero cavoli acidi, se fosse così, ragazzo mio: vorrebbe dire che sei morto e discorporato.”
“Oh. Ma che cosa è successo?”
“Semplice: hai presente i genitori di Ivan?”
“Sì.”
Pete scosse la testa. “Qualche bontempone ha messo del C4 nella loro auto. Loro sono stati polverizzati. Gli altri ne sono usciti con tagli e lividi assortiti, niente di grave. Tu sei un eroe, invece: hai salvato Daisy e la sua umana. Sapevo che avevi la stoffa, ragazzo mio.”
“Bella…consolazione. Perché mi sento così stanco?”
“Sei ancora legato al tuo guscio mortale, per fortuna. Sei debole perché il tuo corpo è ancora sospeso fra la vita e la morte.” Pete lanciò un’occhiata al team medico che stava lavorando scambiandosi osservazioni tecniche e con gesti così veloci che Joel non li distingueva. “Non si capisce niente, non è come in TV.”
“Lamentati coi produttori,” disse il grifone. “Pensa piuttosto a concentrarti sulla tua esistenza mortale. Non devi arrenderti, Joel.”
L’umano ridacchiò. “Tanto devo cambiare guscio, giusto? Ora che questo non è più ‘usato sicuro’, tanto vale che bruciamo il calendario e tu mi dia il mio nuovo corpo…”
Pete scosse la testa. Per la prima volta, Joel vide sul suo becco un’espressione preoccupata. E la cosa lo spaventò a morte –no, forse quello non ancora!
“Joel, mi è permesso trasformare quello che hai già, non crearne uno ex novo. Se muori in questa forma, muori e basta.”
“Che cosa?!”

Dottore!
Il monitor che indicava i parametri vitali aveva appena fatto un balzo. Per un momento, in sala ci fu un momento di puro terrore.
Il capo chirurgo lanciò un’occhiata di fuoco all’anestesista. “Bob, dimmi che questo povero cristo è ancora sotto anestesia o dopo opero te a cuore aperto!”
Il medico controllò il flusso dei gas. “Assolutamente sedato, dottore, glielo giuro su una pila di bibbie.”
Il chirurgo annuì. “Bene, allora vuol dire che sta combattendo. Un vero leone, signore e signori, quindi vediamo di triplicare gli sforzi.”

“E che cosa ne è della maledetta regola della maledetta implicita benevolenza??! Non posso morire… Giusto?”
Pete non osava guardarlo negli occhi. “Ah, il patto, e quindi il tuo coinvolgimento nel gioco come mio avatar, vale a partire dal momento in cui Joel Foster scomparirà, per lasciare spazio alla sua nuova e permanente identità. Fino a quel momento…”
Joel si sarebbe disincarnato solo per prenderlo a ceffoni. “Mi stai dicendo che può succedermi qualunque cosa fino alla nascita dei cuccioli?”
“Esatto,” disse un’altra, familiare voce. Un infermiere entrò nel campo visivo di Joel, dal lato opposto del suo corpo. Un infermiere con gli occhi rossi come rubini. “L’implicita benevolenza vale per i giocatori. Noi non tiriamo i fili del fato del mondo. Bella fregatura, eh?” La mascherina chirurgica si tese sul suo sorriso. “Ma non ti preoccupare: questa gente sa il fatto suo. Pensa positivo, Joel!”
“Potrei morire sotto i ferri, Grande Kitsune. Scusa se non mi sento di fare salti di gioia… Pete, hai detto che gli altri stanno bene?”
Il grifone annuì. “Marcia, Aldebaran, Daisy e Ivan stanno bene. Ma fra poco, qualcuno lo sarà di meno…”
---
Aldebaran!” La voce esplose nella quiete carica d’angoscia della sala d’attesa.
“Papà!” Il cane nero saltò in piedi dalla sedia su cui sedeva, e corse incontro al suo umano. “Papà, è stato spaventoso, c’è stata questa esplosione, e zio Joel…” parlando, aveva abbracciato Martin con tutta la forza che aveva. Sull’ultima frase, affondò il muso nella spalla dell’uomo e iniziò a singhiozzare ed ululare. “Zio Joel ha salvato Daisy, ma potrebbe morire!”
Martin tenne stretto a sé il cane, affondando le mani nella schiena, senza dire niente, cercando di trasmettere conforto solo con quell’abbraccio…
“Signor Foster?”
Senza lasciare Aldebaran, l’uomo guardò il medico. Lo fece con quella spaventosa intensità che diceva più di mille parole.
Il medico misurò attentamente le parole. Aveva la precisa impressione che quel tizio fosse, in quel momento, infinitamente più pericoloso del cane… “Signore, sono il dottor Hackman, interno del secondo anno. Io… Il dottor Rush mi manda a dire che l’operazione procede bene. Il paziente-suo fratello, è stabile al momento, ma la prognosi…” fece una pausa. Aveva parlato a così tante famiglie in quegli ultimi mesi, ma era la prima volta che temeva per la propria vita.
“Prosegua, dottore.” La voce di Martin era pura assenza di emozioni. Una bomba innescata.
“Ha perso molto sangue, prima di finire qui, e il rene sinistro era distrutto. Dobbiamo tenere in conto delle serie complicazioni post-operatorie. Capisce quello che dico, signore?”
Martin annuì. “Fate quello che dovete. Aspetterò qui. Torni da mio fratello, adesso.”
Il giovane dottor Hackman annuì nervosamente, e si allontanò camminando, anche se avrebbe voluto correre.
Martin diede un bacio alla fronte di Aldebaran. Adesso le prime emozioni cominciavano a manifestarsi sul suo volto. Almeno, era sollevato nel vedere che suo figlio stava bene. “Andrà tutto bene, ragazzi, vedrete. Adesso dobbiamo farci forza.” Frasi banali, che però in quel momento erano panacea per anime tormentate. Il bisogno disperato di credere in qualcosa, non importa cosa e non importa attraverso quale razza di preghiera…
Aldebaran annuì. “Ce la farà,” disse a sua volta. “E’ troppo uguale a te, non è uno che molla.”
Martin annuì. Tentò un sorriso, ma gli uscì una caricatura grottesca. “Ce la farà.” Poi, riluttantemente, lo lasciò andare.
Solo a quel punto, il cane nero vide il suo gemello insieme alla lupa Caelia. Dopodiché, anche loro andarono ad abbracciarlo.
Martin si avvicinò a Daisy, Marcia e Alan Scott. “Voi state bene?”
La donna annuì. Aveva un taglio sulla guancia, e delle escoriazioni sulle mani, tutte coperte da garze e cerotti. Solo il suo sguardo tradiva la sua agitazione, mentre teneva Daisy a sé. “Sì.” Marcia si alzò in piedi. “Signor Foster, Martin… Suo fratello è un eroe, mi dispiace di avere pensato delle cose orribili su di lui.”
Alan strinse la mano di Martin. “Vi ringraziamo di cuore. Da oggi vi siamo debitori a vita. Se fosse successo qualcosa alle mie ragazze…”
Martin diede una stretta quasi distratta al suo membro della sicurezza. “Lasci stare, Alan. Piuttosto…” Si chinò su Daisy, e le rivolse il primo caloroso sorriso che potesse sfoggiare, date le circostanze. “Tu stai bene?” Le accarezzò la testa.
“Posso andare a trovare Zio Joel, quando si risveglia?” chiese lei, tutta mesta. E nonostante la tragedia e la tensione, Martin quasi ebbe uno svenimento. Dovette fare un ulteriore sforzo per dirle, con calma, “Sì, cara, appena i medici lo dicono, sarai la prima che potrà andare a trovare Zio Joel, promesso.”
La labrador riuscì a sorridere e ad agitare debolmente la coda. “Grazie.” E gli diede un bacio sulla guancia. Poi si rimise seduta, le mani incrociate in grembo, a fissare l’ascensore come se da un momento all’altro il paziente più importante di quella serata potesse uscirne vispo e pimpante.
Alan diede una pacca sulla spalla della moglie per dirle di restare dov’era, poi si alzò in piedi e seguì Martin a una distanza dove potessero parlarsi, anche se con un sussurro.
“Non so come,” disse Alan, “ma quest’esperienza l’ha fatta uscire dal trauma. Adesso…parla come una persona qualunque. Diamine, vorrei che un simile miracolo non fosse avvenuto in queste circostanze, capo.”
Martin sospirò. “Forse è un segno beneaugurante, invece: se da una tragedia può arrivare anche un miracolo piccolo, teniamocelo stretto e speriamo che il prossimo arrivi presto…”
“Signor Foster?”
Martin riconobbe la voce all’istante. Alan lo vide diventare di nuovo una maschera di cera. “Agente speciale Abercrombie. George.” Anche la sua voce tornò ad essere un pezzo di ghiaccio, mentre si voltava. “A che debbo l’onore?”
Ed eccoli lì. George e Mildred Abercrombie, nel loro bravo abbigliamento da ‘Men in Black’. “Signor Foster, dobbiamo parlarle. Adesso.”
Martin fece cenno a Keith Greyfield e al lupo di lui, Light, che lo avevano scortato fin lì, di seguirlo. Agli agenti speciali dell’FBI, disse, “Allora parliamo fuori di qui, al riparo da orecchie indiscrete.”

Quando furono fuori dall’ospedale, Mildred gli disse, “Sappia che ci dispiace molto per suo fratello, ma temo di doverle chiedere di non farsi assolutamente coinvolgere da questa cosa, signore.”
Martin aspettò qualche secondo, mentre fissava attentamente i due agenti, prima di dire, “Su che base?”
“Indagini federali, signor Foster,” rispose l’agente speciale George. “Suo fratello, come i coniugi Scott, e gli animali, sono stati solo vittime collaterali. Mi dispiace—“ il resto della frase si perse in un verso strozzato nel momento in cui, veloce come il lampo, Martin Foster colpì l’agente speciale George Abercrombie alla bocca dello stomaco, sollevandolo da terra per quasi mezzo metro!
George!” la donna estrasse la pistola…o meglio, ci provò, perché un secondo dopo si trovò una Beretta 45 puntata alla tempia.
“Io non ci proverei, signorina,” disse Keith, mentre Light si frapponeva fra la donna e il suo collega.
Mildred deglutì, mentre osservava suo marito in ginocchio, la fronte posata al suolo, mentre con le braccia si reggeva il ventre dolorante… Ma in quella posizione ci restò poco: Martin si chinò e lo tirò su per il bavero come fosse stato un sacco di piume.
Per la prima volta in vita sua, George Abercrombie, fra le nebbie del dolore, vide la pura ira del padre di Martin e Joel Foster riflessa negli occhi e nel volto ringhiante del figlio, e seppe che nessun’autorità lo avrebbe protetto!
“Mio fratello. Aldebaran. Daisy. Ivan. I loro genitori… I responsabili di questo oltraggio soffriranno tutte le pene umanamente sopportabili, prima che ve li consegni in tanti piccoli pacchetti. Ora faremo così: mi dite tutto, fino all’ultima sillaba, e non vi ucciderò con le mie mani!” Chiaramente, non era una proposta.
George avrebbe davvero voluto parlare, ma riusciva a malapena a respirare. Forse aveva un’emorragia interna… Cavolo, niente lo aveva mai colpito così!
Fu Mildred a dire, “I ‘genitori’ del gatto Ivan erano due ex informatori dell’FBI. Erano coinvolti in un giro di traffico d’armi e prodotti firmati falsificati. Quando li arrestammo, li convincemmo ad entrare nel programma di protezione testimoni. Si rifecero un vita, a Babylon Gardens, e presero con loro Ivan.
“Purtroppo, poco tempo dopo, cominciarono a rispuntare giri di affari legati alla zoomafia locale. Sono sicura che lei ne sa qualcosa, signor Foster.”
Martin annuì –le partite di cibo scaduto o comunque di pessima qualità per il vecchio rifugio, i farmaci egualmente schifosi, e i ‘servizi funebri’ fatti con bare vuote e corpi scaricati in un’atroce fossa comune…
“Non potevamo provare che quei due fossero coinvolti,” continuò Mildred. “Così mandammo due nostri agenti infiltrati.”
Martin iniziò a capire. “Zeke e Quincy Jones.”
George trovò la forza di annuire. “Dovevano…scoprire…coinvolgimento…”
La voce di Mildred si stava venando di paura per suo marito, ora. Il poveretto sembrava uscito da uno scontro con un’auto! “Non hanno trovato niente, e i tizi del PETA che hanno aiutato…era tutta una copertura. Zeke e Quincy, alla fine, si sono fatti ‘scoprire’ per non destare sospetti nei nostri amici russi! Li avremmo tenuti d’occhio noi, ma siamo stati preceduti… Foster, la prego, dobbiamo portarlo al pronto soccorso!”
Martin lanciò un’ultima occhiata di disprezzo all’uomo, e lo spinse contro la donna, che quasi cadde a terra.
Martin tornò verso l’ospedale. “Pregate di trovarli prima voi. Non ho altro da aggiungere. A proposito, da questo momento il gatto Ivan è un ospite del Lucky Charm Grove, e basta. Non avrete il permesso di interrogarlo, non avrete il permesso di avvicinarlo, non avrete il permesso di guardarlo. Pensate che scherzi?”
Mildred, trascinando suo marito con sé, disse, “Lei non può mettersi contro di noi, Foster. Se collabora…”
“E smettetela di parlare di 'vittime collaterali'. Ero coinvolto da prima di quella dannata bomba, quindi è personale, ed impegnerò tutte le mie risorse per trovare i colpevoli. Se volete la vostra fetta, voi collaborerete con me, alle mie condizioni. Fine del discorso. Pensateci su. Buonanotte.”
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Andrea
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Andrea »

Well, no problem, you don't need two kidneys to live, right? :lol:


Martin is pretty cool when he goes in rage :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Private Elliot »

Andrea wrote:Well, no problem, you don't need two kidneys to live, right? :lol:


Martin is pretty intentionally vague visage when he goes in rage :mrgreen:
Erm... you might wanna change your wording...
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by IceKitsune »

:( I hope Joel will come out of this one ok. Yay another situation showing why you don't mess with Martin. The ending was interesting so Zeke and Quincy are good guys working for the FBI the whole time that's interesting. The one thing I don't get is why did they send the Babylon Police Department to bust Zeke and Quincy? If they needed them out they would have just raided PETA themselves since Zeke and Quincy where their men. unless there is a problem with the translation or I was reading it wrong. Other then that its was a great update I can't wait for more Valerio. :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Barkeron »

Note to self, don't mess around with Martin Foster. Joel is hanging on by a thin rope.
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by valerio »

IceKitsune wrote::( I hope Joel will come out of this one ok. Yay another situation showing why you don't mess with Martin. The ending was interesting so Zeke and Quincy are good guys working for the FBI the whole time that's interesting. The one thing I don't get is why did they send the Babylon Police Department to bust Zeke and Quincy? If they needed them out they would have just raided PETA themselves since Zeke and Quincy where their men. unless there is a problem with the translation or I was reading it wrong. Other then that its was a great update I can't wait for more Valerio. :mrgreen:
PETA was never involved. it was a cover-up to justify their skimming through the police's records without the police knowing why, since this was a federal investigation and fbi didn't want the police involved.
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Blue Braixen »

I have a couple of translations for you guys tomorrow. :mrgreen:
Last edited by Blue Braixen on Tue Oct 26, 2010 11:46 pm, edited 1 time in total.
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by lightwolf21 »

valerio wrote:PETA was never involved. it was a cover-up to justify their skimming through the police's records without the police knowing why, since this was a federal investigation and fbi didn't want the police involved.
They never do for some reason. :?
Tha Housedog wrote:I have quite a bit of translations for you guys tomorrow.
Sweet! Can't wait. :D
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by valerio »

5.
Confine fra la vita e la morte, Sala operatoria 2, Haichicko Mercy, Babylon Gardens

“Ho sete,” disse Joel Foster. In effetti, aveva sete, si sentiva da schifo, un team di chirurghi lo stava sezionando come fosse stato un’orata, e voleva vedere qualche faccia familiare.
A parte quelle di Pete il magico grifone, e del Grande Kitsune. Le due entità mistiche/divine torreggiavano e vegliavano su di lui. Gli ricordavano due mangiacarogne in spasmodica attesa del loro prossimo pasto…
“Non hai sete,” disse la volpe dal pelo bianco, gli occhi color rubino, vestita con un camice da infermiere. “Le sensazioni fisiche sono solo un’eco della tua coscienza. Sei sotto anestesia, e i fluidi che i medici ti stanno iniettando ti tengono idratato.
“Allora dammi l’eco di un bicchier d’acqua, stupido sedere a Swiffer. Non si concede l’ultimo desiderio al moribondo?”
Pete emise un sospiro esasperato. Un’assistente, passando un nuovo strumento al chirurgo, fece passare la mano attraverso il becco del grifone. “Non stai neppure morendo. A parte che con un rene si vive benissimo, la tua non è un’operazione a rischio. Non sperare quindi di scapparmi con una scusa banale come la morte. Abbiamo un patto, io e te.”
Joel ridacchiò, per quanto lo concedessero quegli stupidi tubi ficcati in gola e il ventre aperto. “Allora guariscimi, così proteggi il tuo investimento.”
*sigh* “Non funziona così, Joel.”
“E tu non puoi impedirmi di provarci.”
“Toglimi una curiosità,” disse Kitsune, chinandosi con i gomiti sul tavolo operatorio, sfoggiando quel suo sorriso da…be’, da volpone. “Come mai hai rischiato la buccia per un cane? Per Daisy, poi! Capirei se fosse stato Aldebaran, era ‘solo’ il cane di tuo fratello, ed era anche più vicino a te di quanto—“
“Lascia stare le elucubrazioni. La verità è che…non lo so, va bene? Cioè, in quel momento ho pensato solo che Daisy dovesse essere protetta, tutto qui. Nient’altro. Non so perché.”
“E che importanza ha?” intervenne Pete, rivolto all’arbitro di gioco. “Importa che ho sempre avuto ragione: Joel ha un cuore generoso, almeno quanto quello della mia prima scelta! Il fatto che io abbia bypassato il suo libero arbitrio la prima volta avrebbe dovuto essere considerato un errore minore. La decisione di escludermi dal gioco ha dato un vantaggio illecito allo Spirito Dragone!”
Joel sospirò. “E’ bello vedere che mi vuoi così bene, padrone. Ti secca, se muoio e ti frego?”
Il Kitsune ci pensò su, la mano al mento, picchiettandosi il muso con un artiglio. “Hmm, buona osservazione… Però, resta il fatto che non avevi atteso il naturale decesso di King Wilson prima di reincarnare Joel in quel corgi, e quello non è un errore minore…” Alla fine, sfoggiò di nuovo quel sorriso. “Allora faremo così: ti concedo un vantaggio di immunità, per questo round. Usalo bene, e siamo pari.”
Gli occhi di Pete lampeggiarono come soli. Joel sapeva che quello era il momento in cui le rotelle del grifone andavano a tutta birra!
“Ah, cosa vuol dire…’vantaggio di immunità’?” chiese l’umano.
Pete lo guardò con quel suo ghigno beffardo, come la prima volta che si erano incontrati, in prigione, quel lontano Natale… “Significa che posso intervenire direttamente negli affari mortali, una volta sola, e senza conseguenze, a patto che ciò avvenga entro gli schemi del gioco.” Il travestimento cadde, il grifone tornò alla sua piena forma, e sollevò la zampa aquilina, pronto a schioccare le dita. “Sarà divertente, vedrai…”
*snap!*

“Dottore!” l’infermiera che monitorava i segni vitali di Joel Foster divenne pallidissima. In quel momento, il monitor iniziò a lanciare un lungo lamento. I valori cardiaci erano in caduta libera, adesso!
Il Dottor Rush osservò, per una frazione di secondo, il sangue che stava riempiendo la cavità addominale del paziente! “Aspirate, dannazione! Ordinate tre unità! Carson, come hai potuto tagliare quel vaso?!”
Il team chirurgico raddoppiò gli sforzi, ma l’emorragia sembrava un fiume in piena…
“Dottore,” chiese l’interno che rispondeva al nome di Hackman. “Devo…avvertire il fratello?”
L’infermiera disse, “Arresto cardiaco!”
Rush scosse la testa. “Prima cerchiamo di rimettere in moto il cuore del paziente. Forza, passatemi il defibrillatore!” Tutti avevano appena udito della prodezza di Martin con un agente FBI. Rush era materialmente certo che se avesse dato una brutta notizia prematuramente, non avrebbe più operato per un bel pezzo, dopo!
---
“Martin?”
L’uomo non sapeva se quella voce veniva da un punto davanti a lui o dal cellulare. Ogni animale dei Gardens lo aveva chiamato per esprimergli i propri auguri, ma solo Antares, Aldebaran (seduti al suo fianco), Caelia, Daisy e Fox erano presenti in rappresentanza di quella parte della comunità.
Mizar, Grape e Sasha non avevano davvero bisogno di ulteriori stress, e Martin aveva cortesemente ma fermamente chiesto loro di restare a casa, insieme ai loro compagni. Non aveva voluto aggiungere che in queste cose, lui era un fatalista: se non aveva il controllo su una situazione, non poteva che fare del suo meglio e sperare che tutto andasse bene, inutile che si formasse un capannello... E i genitori di Daisy si erano dimostrati concordi.
Al suono della voce, Martin uscì da quei pensieri confusi e sollevò la testa. “Oh. Salve, Kostya,” disse stancamente.
Alex ‘Kostya’ Costantin, figlio di immigrati russi, Procuratore Distrettuale...insieme a un cane. Un meticcio nero focato, maschio, incrocio fra un pastore tedesco e uno spinone. Muscoloso, con grandi occhi nocciola e il pelo ispido come quello di una spazzola.
“Chi è l’ospite d’onore?” chiese Martin, arruffandogli la testa.
Il cane tese la mano. “Molto onorato, signore. Io mi chiamo Mason.”
Martin la strinse. “Come Perry, immagino. Non ti facevo uno da TV, Kostya.”
“A ognuno i suoi eroi, Martin. Possiamo..?”
Antares si alzò, imitato dal fratello. “Noi andiamo a prendere qualcosa da mangiare, Papà,” disse. “Vuoi qualcosa?”
Martin scosse la testa. Mise una mano in tasca e ne cavò una manciata di spiccioli. “Una bottiglietta d’acqua andrà benissimo. Non prendete cioccolata bianca, siete già abbastanza tesi così. Daisy, piccina? Vai a prendere qualcosa anche tu, scommetto che muori di fame. Su, appena mi dicono qualcosa di Joel ti avverto. Promesso.”
I tre cani si allontanarono.
Alex si sedette accanto a Martin. “Scusami l’ora, ma ho bisogno di parlarti. Te la senti?”
Era la prima volta, da quando si conoscevano, che il Procuratore gli parlava con tanta confidenza. E Martin, francamente, dopo quella sfuriata di prima, si sentiva completamente privo di forze... “Se vuole arrestarmi per...quella mia esibizione di prima, faccia pure, ma almeno aspetti che Joel esca da quella sala operatoria.”
Alex scosse la testa. “Non ci sarà nessun arresto, tranquillo, e neanche una multa. Anzi, ho appena fatto quattro chiacchiere con quei due balordi. Ho scoperto che hanno condotto l’indagine molto fuori dai loro stessi protocolli, e che hanno ingannato i cani facendo credere loro che le operazioni sotto copertura a Babylon Gardens fossero autorizzate. Lo sapevi che i genitori di Ivan erano i loro testimoni del programma di protezione?”
Martin scosse la testa.
Kostya prese un pacchetto di sigarette elettroniche. Ne prese una e l’accese, liberando un fumo aromatico azzurrognolo. “Per questo hanno fatto quest’idiozia, volevano recuperare crediti presso i loro superiori dopo esserseli persi. Li hanno osservati da lontano, nella speranza che li portassero dai pesci più grossi, mentre Zeke e Quincy spulciavano gli archivi della polizia alla ricerca di prove. E invece, George e Mildred...” Alex ridacchiò, per un momento. Martin lo capì. “...Insomma, non hanno capito che quei due balordi erano già morti. Puoi immaginare perché hanno fatto scoppiare quella bomba nel parcheggio del Mall, sotto le feste, vero, Martin?”
Martin annuì, appoggiandosi con la testa contro la parete. “Volevano mandare un segnale. Davanti a quanti più testimoni possibile, sotto gli occhi delle telecamere del complesso. A buon intenditore poche parole. E molto sangue.”
Alex annuì. “Esatto. Sono purtroppo d’accordo sul fatto che, be’, gli altri fossero danni collaterali.”
“Non è un granché di consolazione, Kostya.”
“Non deve esserlo. Martin, quei due idioti su una cosa hanno ragione: non è una battaglia che puoi combattere, questa.”
Fu il turno di Martin, di ridacchiare. “Oh, è arrivato grande e terribile orso russki e io mi mette a giocare a fare muorto?”
Alex tirò un profondo respiro –odiava davvero, questa parte. “I tuoi soldi loro li fanno in un mese, Martin. Le tue ‘risorse’ le usano per farsi un weekend di lusso in famiglia, dai loro soci cinesi. E per quanto tu possa essere furioso, loro sono freddi. E abituati a uccidere, nei modi più creativi. In più, loro non gestiscono un rifugio per animali che diventerebbe un bersaglio dall’oggi al domani. Senza contare la rete di conoscenze ed affetti che hai creato in questi mesi. L’intera comunità diventerebbe un bersaglio per quella gente. Mi capisci?”
Martin sospirò. “Detto da vero russo?”
Il Procuratore strinse le labbra in un sorriso esangue. “Colpo basso, Martin. No, detto da uno che conosce la vecchia guardia di questa famiglia. Avevano affari in città da quando ero ragazzino. Uno di loro gestiva una palestra che fungeva da sede di incontri clandestini di fight club...non il pet fight club. Trovarono lavoro anche ai miei genitori, e visto che erano vecchi amici, presero solo l’1% di tangente sul loro stipendio, e mi trattarono sempre con rispetto.”
Passarono lunghi minuti di silenzio, prima che Martin dicesse, “Non sopporto di non avere il controllo sulla situazione, Kostya. Forse è per quello che ci ha fatto passare mio padre, ma...essere così impotente...”
Mason gli diede un abbraccio, che l’umano ricambiò. Alex disse, “Scusami la franchezza, ma non sei il primo e non sarai l’ultimo. Mi importa solo che non ti butti a testa bassa contro questa gente. Quella sarebbe mancanza di buon senso, e nessuno ne trarrebbe beneficio...o ti aspetti seriamente che il gran capo in persona scenda dal suo trono di oro e di ossa umane per sfidarti a duello, per poi cadere con onore insieme a tutto il suo impero del male e vissero per sempre felici e contenti?”
Stavolta Martin riuscì a mostrare un po’ di buonumore sincero. “Da piccolo le favole non te le leggevano, eh?”
“Zitto, blasfemo: stai parlando col più avido fan di Laika e il popolo della Luna.”
“Heh, i miei ragazzi ci sono cresciuti, prima di passare alle Pridelands.”
Alex gli mise una mano sulla spalla. “La realtà fa schifo, moĭ drug. E’ la prima cosa che ho imparato insieme a questo lavoro. Quando si ha a che fare con una multinazionale del crimine, dobbiamo essere fieri di riuscire a rompere loro qualche uovo nel paniere. Tu hai fatto molto, e loro ti rispettano a loro modo: sfrutta questo vantaggio, difendi il tuo territorio. Fai capire loro che esiste un confine, e non insisteranno. Anche loro sono affaristi, e sanno che hanno da rimetterci più di quanto guadagnerebbero, se ti succedesse qualcosa.”
Martin prese una sua sigaretta elettronica dal taschino della giacca, e l’accese. Per fortuna, il ‘divieto di fumare’ non si applicava a quei dispositivi... “Spero che tu abbia ragione, Kostya.”
“Ce l’ho. E veglierò personalmente perché stiano alla larga. Promesso.” Offrì la mano.
Martin strinse con molta forza, fissando l’uomo negli occhi. Non aggiungendo altro.
Quando ebbero finito, Alex si massaggiò discretamente la mano. Forse era il caso di fare una radiografia, giusto per essere sicuri... “Ho parlato col Giudice York.” Eleanor Elizabeth York, la donna che praticamente faceva squadra con Kostya nelle cause di tutela degli animali. Lei aveva condannato Joel a una sentenza relativamente mite, per i suoi trascorsi col PETA, il rapimento di Fox e l’evasione dal tribunale...
Martin gli lanciò un’occhiata prudente. “...E?”
“Abbiamo stralciato quanto rimane della sentenza. Che cavolo, il ragazzo è stato un eroe e mi sembra che abbia sofferto abbastanza. Non saltare troppo dalla gioia.”
“Yupi,” disse Martin. “Spero solo che non debba essere un riconoscimento postumo...”
In quel momento, lo scampanellio dell’ascensore annunciò l’apertura delle porte, e l’arrivo dell’ineffabile Dottor Hackman.
Martin e tutti gli altri presenti si alzarono in piedi. Alex vide Martin tornare a farsi completamente inespressivo, e pregò con forza che non facesse una sciocchezza, non ora..!
Purtroppo, il giovane interno aveva una faccia terrea. “Ah, signor Foster...” Stringeva la mascherina fra le mani, nervosamente, e dalla sua voce era chiaro che sperava davvero di essere molto altrove. “Suo fratello è uscito adesso dalla sala operatoria. E’...in terapia intensiva. C’è stata una complicazione, signore. Mi dispiace molto...”
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Andrea »

valerio wrote: “Allora dammi l’eco di un bicchier d’acqua, stupido sedere a Swiffer. Non si concede l’ultimo desiderio al moribondo?”
Pete emise un sospiro esasperato. Un’assistente, passando un nuovo strumento al chirurgo, fece passare la mano attraverso il becco del grifone. “Non stai neppure morendo. A parte che con un rene si vive benissimo, la tua non è un’operazione a rischio. Non sperare quindi di scapparmi con una scusa banale come la morte. Abbiamo un patto, io e te.”
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valerio wrote: Purtroppo, il giovane interno aveva una faccia terrea. “Ah, signor Foster...” Stringeva la mascherina fra le mani, nervosamente, e dalla sua voce era chiaro che sperava davvero di essere molto altrove. “Suo fratello è uscito adesso dalla sala operatoria. E’...in terapia intensiva. C’è stata una complicazione, signore. Mi dispiace molto...”
Resist Joel, resist! :cry: :cry: :cry:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Barkeron »

Unfortunately, the young intern's face was ashen. "Ah, Mr. Foster ..." He held the mask in his hands, nervously, and his voice was clear that he hoped very much to be elsewhere. "His brother is now out of surgery. It '... in intensive care. There was a complication, sir. I am very sorry ... "


Oh nos... Cliffhanger.
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by IceKitsune »

Another great update Valerio. I wonder how Joel is going to pull out of this one. I guess Martin is learning this is one problem he just can't deal with. I can't wait to see what happens next Valerio. :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Blue Braixen »

lightwolf21 wrote:
valerio wrote:PETA was never involved. it was a cover-up to justify their skimming through the police's records without the police knowing why, since this was a federal investigation and fbi didn't want the police involved.
They never do for some reason. :?
Tha Housedog wrote:I have quite a bit of translations for you guys tomorrow.
Sweet! Can't wait. :D
Sorry, I got held up after school longer than I needed to, so I can't get a translation out to you guys today, either.
I'll make it up on Friday, Saturday, and Sunday. Beware the incoming walls of text.
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by valerio »

6.
Sala d’attesa dell’ Haichicko Mercy, Babylon Gardens

Dieci metri possono essere un’eternità. La differenza fra ‘missione compiuta’ e una causa multimilionaria. Fra la vita e la morte.
Il Dottor Herbert Rush vedeva il suo migliore interno torcersi la mascherina fra le mani, mentre esprimeva la triste formula di rito agli umani ed agli animali presenti. “Suo fratello è uscito adesso dalla sala operatoria. E’...in terapia intensiva. C’è stata una complicazione, signore. Mi dispiace molto...” E vedeva, sinistra presenza aleggiante come il fantasma dei Natali futuri, lo spirito ghignante e pallido dell’avvocato che avrebbe pelato i risparmi del medico per crudeltà verso i parenti del paziente e grave incompetenza in sala operatoria.
Dieci metri. E il suo interno parlava. Era la fine…
*Il medico si volta verso di me con aria indignata, fermo nel tempo nell’atto di correre. “Ti dispiace? Sto cercando di salvare una vita umana e la mia carriera, qui!”*
Oh! Scusa.
*Rush scuote la testa. “Gli scrittori e i loro drammi. Oy!*
Sheesh, che caratterino! Neanche ci avessi lavorato io, in sala operatoria. E 3…2…1…Azione!
Il tempo riprese a scorrere, e come il giovane atleta universitario che era stato, Rush arrivò addosso al giovane dottor Hackman fermandolo proprio nel momento in cui stava per specificare la natura della complicazione! “NO!” Lo placcò come un professionista…ed entrambi finirono contro le sedie con un brutto rumore di ossa e grande dolore.
Almeno, servì sia a prevenire il disastro, che a distrarre l’attenzione generale. Adesso i presenti osservavano i due medici con grande curiosità.
Rush era sicuro di essersi rotto almeno una mano, ma sollevò la testa e sfoggiò la sua migliore espressione rassicurante. “Sta bene! Il paziente, suo fratello, si è ripreso perfettamente! Nessuna complicazione, è solo molto, molto debole per l’emorragia subita prima di essere portato qui. E’ in terapia intensiva come richiede la procedura, ma sta bene, glielo giuro! Adesso dorme, ma potete vederlo. Non mi picchi. La prego.” L’ultima frase assomigliava molto allo squittio terrorizzato di Spo, quando uno dei furetti Milton chiese a Fido di poterlo mangiare…
Fu uno di quei casi in cui il sollievo era seguito ad ore di tensione spaventosa. Sul momento, la reazione generale fu di accasciarsi sulle sedie più vicine.
Martin si strofinò la fronte, annuendo meccanicamente. “Ragazzi,” disse ad Antares e ad Aldebaran. “Usate il taxi del rifugio e tornate a casa. Avvertite gli altri e soprattutto state con Mizar ed Alcor. Io e Fox andiamo da Joel. Daisy, se vuoi unirti a noi? In fondo, te l’ho promesso.”
La labrador nera si rialzò in piedi, scodinzolando felice. “Grazie, Zio Martin!” Ancora non parlava molto, ma sentirla pronunciare qualunque frase che non fosse la sua presentazione – cioè, la presentazione del personaggio di una favola di Natale – era un piccolo miracolo che tutti apprezzavano ad ogni parola.
Martin e il suo seguito si diressero verso l’ascensore, mentre i neri gemelli schizzavano verso l’uscita. “Keith,” disse Martin al suo responsabile per la sicurezza, e al lupo di questi, “Light. Anche voi, con me. Voglio una sorveglianza alla camera di mio fratello degna del supertestimone del padre di tutti i processi per mafia. Andiamo.”
“Signor Foster!” esclamò il dottor Rush. “Mi scusi, ma non si possono portare armi—“ Quasi inghiottì la lingua all’occhiata vulcanica che gli fu scoccata.
Ci pensò il Procuratore Distrettuale, Alex Costantin, a placare gli animi. “Martin, ricordi la nostra chiacchierata di prima, vero?”
Martin sembrò ritrovare la lucidità. “Ci penserai tu, a proteggerlo, Kostya?”
Alex annuì solennemente. “Come se fosse Mason. Tempo mezz’ora, e due uomini fidatissimi si attaccheranno anche all’ombra di Joel. Se intanto vuoi mandare i tuoi amici, va bene. Ma disarmati.” Di fronte all’esitazione di Martin, aggiunse, “Tanto uno è un combattente letale anche a mani nude, e nessuna persona sana di mente si avvicinerebbe ad un lupo nel pieno della forma, addestrato e determinato, giusto?
Martin sospirò. “Immagino di sì, dannato orso russo. Ragazzi, scaricate le armi e consegnatele alla reception e raggiungeteci appena fatto. Coraggio, gente,” aggiunse a Fox e Daisy. “Andiamo a trovare un malato.”
---
Lucky Charm Grove for the Abandoned and the Ferals

Robin Keaton, psichiatra veterinario, era un uomo d’indole paziente e pacifica. Era una qualità necessaria, per il suo lavoro. Chi, nel 21° secolo, ancora pensava che gli animali domestici non soffrissero di altre nevrosi che l’ansia da separazione, non dovrebbe neppure possedere un animale, a suo avviso.
Non a caso, la pubblicazione per il suo dottorato era avviata a diventare un best-seller fra i proprietari di animali e i medici più…aperti di mentalità.
Robin Keaton pensava di avere studiato molto approfonditamente i misteri della psiche di cani, gatti, conigli, persino serpenti domestici. Ma non si era mai trovato di fronte ad un gatto senza identità.
Il medico studiò di nuovo il fascicolo che giaceva sulla scrivania.
‘Ivan’ non era neppure il suo nome, nel senso che non era associato alla sua persona. Era l’ennesima identità che la povera creatura aveva adottato con l’ennesimo cambio di famiglia. Gatto sfortunato, era passato almeno per cinque famiglie nell’arco di sette anni. Il solo modo che aveva imparato, per conquistare i nuovi genitori, era di comportarsi come loro, cioè, secondo il loro stereotipo culturale. Questa, nelle visite preadottive, si era rivelata sempre una carta vincente. ‘Ivan’ riusciva a capire subito con chi aveva a che fare e i futuri genitori lo trovavano molto buffo.
Ugualmente, tuttavia, erano sempre rapporti di breve durata. Per una ragione o per l’altra, il poveretto finiva di nuovo al rifugio in attesa di una nuova famiglia, e per quanto cercasse di mascherarlo dietro un atteggiamento sornione, ‘Ivan’ ne soffriva davvero. Aveva un disperato bisogno di un nucleo familiare stabile...ed ora questa tragedia, la sua ultima famiglia letteralmente distrutta in un’esplosione, davanti ai suoi occhi!
Ivan si era spezzato. Ogni certezza era stata distrutta insieme ai suoi genitori. Un animale incapace di credere che le cose potessero andargli bene, per quanto ci provasse. O lo lasciavano, o morivano. E lui non sapeva più chi era, non sapeva a chi chiedere aiuto...
Keaton sospirò, mentre sfogliava e risfogliava il fascicolo alla ricerca di un indizio, uno qualunque che potesse aiutarlo a fare breccia nell’apatia del gatto...
“Buon giorno, dottore.”
Il medico sollevò la testa così in fretta da farsi male al collo! Era così concentrato che neppure si era accorto che qualcuno fosse entrato! Ma non aveva detto alla segretaria di avvertirlo in caso di visite..? E, soprattutto, non aspettava nessuno...
...Meno che mai un tizio come quello: definirlo ‘statuario’ non avrebbe reso l’idea, era una montagna di muscoli con un completo nero così aderente che sembrava dipinto addosso al suo corpo. Camicia bianca, se il colletto e i polsini erano un’indicazione sufficiente, e cravatta blu.
Il suo volto era forte, volitivo, con un piccolo orecchino d’oro all’orecchio destro. Insieme al cranio senza un solo capello, quel tizio dava l’idea di un pirata fatto e finito. E gli occhiali neri in qualche modo sembravano rendere il suo sguardo ancora più penetrante...
“Mi chiamo Arseni Vassilyevich Arkadinoff,” disse l’uomo, con una voce che, seppure calma, era profonda e potente come il quieto ruggito di un grizzly. La sua parlata conteneva una traccia quasi musicale di russo. “Credo che il gatto di mio fratello sia ricoverato presso questo istituto.”
---
“Andate avanti voi, ragazzi.”
Fox lanciò un’occhiata incerta a Martin. “Sei sicuro..? Insomma, è tuo fratello, e...”
L’uomo scosse la testa. “Lo conosco, e la prima cosa che vorrà udire quel dormiglione saranno le vostre voci, percepire la vostra presenza, vedere i vostri musi quando si sveglierà. Lo conosco, sarebbe capace di cacciarmi a pedate nel sonno se provassi a presentarmi per primo, e poi lo sa che non lo mollo tanto facilmente.” Martin spinse delicatamente Fox e Daisy per le schiene. “Su, andate. Io aspetto qui insieme al tuo Papà. Okay?”
Fox diede un ultimo abbraccio all’umano. “Grazie.”
Martin e Bill guardarono i due animali entrare nella stanza dove giaceva Joel, per poi chiudersi la porta alle spalle.

“Ehilà,” disse Fox alla figura inerte. Daisy andò a prendere le sedie e le mise affianco al letto. Poi si sedettero.
Fox prese la mano di Joel fra le proprie. “Sapevo che eri troppo testardo per lasciarti andare. E poi non mi faresti una cattiveria simile...” Deglutì. “Tu sei il mio migliore amico. Sai...continuo a pensare a te, e penso a quell’odioso, burbero corgi che eri quando ci incontrammo la prima volta, e il vecchio King mi manca. Tanto.” Fox strinse la mano umana con più forza. Poi si chinò in avanti, e diede un paio di colpi di lingua sulla guancia. “Sei stato grande, oggi, e c’è qui Daisy che vorrebbe ringraziarti.”
L’husky voltò la testa verso la labrador, e annuì. “Coraggio, fatti sentire, gli può solo far piacere.”
Daisy accarezzò il volto di Joel. “Grazie di tutto. Mamma sta bene, e ti ringrazia anche lei...”
“Dovere...” gracchiò Joel, debolmente, facendo sobbalzare i due cani come se avessero appena avuto la scossa!
Gli occhi sbarrati, Fox vide che Joel sorrideva, debolmente –un’espressione che riusciva a farsi largo nel dolore delle ferite dell’operazione.
“Allora eri sveglio, tu brutto...”
“Cercavo di dormire, branco di chiacchieroni... Puoi darmi un po’ di morfina, per favore?”
Fox schiacciò il pulsante. Dopo pochi secondi, Joel emise un mugolio inebetito. “Meraviglioso. Sei sempre il migliore amico che possa avere, vecchio mio. Hmmm...”
Fox abbracciò delicatamente l’umano, soprattutto per non rischiare di aprirgli le ferite. Joel gli accarezzò la testa, poi si rivolse a Daisy. “Sono felice che tu stia bene, piccola. E sono ancora più felice di sentirti parlare per davvero... Ehi, ti va se continuiamo ad essere amici, quando esco di qui? Dico davvero. Fox straparla, adesso...ma passa tutto il tempo con Lucky o con il Club. Mi ignora. E’ davvero un cane cattivo, lo saaaaiii?” Joel si mise a ridacchiare. “Mi manchi anche tu, ragazzaccio. Vedrai che presto saremo di nuovo insieme, veri amici come prima... Ho fatto un nuovo patto con Pete, lo sapevi?”
Fox pensò che fosse la morfina, a parlare...poi vide la tremenda lucidità negli occhi dell’umano. “Joel..?”
“Dimmi, Fox, eri sincero quando hai detto che ti mancavo...come King, intendo.”
L’husky annuì. “Terribilmente. Insomma, tu sei la stessa persona di prima, ma...non sai fare la lotta per l’osso di gomma, non puoi fare gli agguati fra i cespugli bassi, o fare quelle buffe scene quando vorresti chiaramente avvicinarti a un albero tutto rosso in volto.”
Joel roteò gli occhi. “Speravo che quello non te lo ricordassi.”
“Tu sei una persona splendida,” ripeté Fox. “E io sono fiero che tu abiti a Babylon Gardens, che possiamo vederci... Ma mi manca il cane Joel. E’ egoista, da parte mia, lo so...” il cane abbassò le orecchie e uggiolò. “Scusami.”
Joel annuì. Se non fosse che aveva paura di farsi saltare metà dei punti, si sarebbe volentieri alzato per stringere a sé quella creatura che per prima gli aveva insegnato il valore dell’amicizia... “Non devi. Per questo ho deciso di lavorare di nuovo con Pete. Tornerò cane, avrò un padrone legittimo, e io te e Lucky faremo di nuovo branco. E potrò fare impazzire Bino, soprattutto.”
“Fai tutto questo per noi..?”
Joel ebbe una visione, chiara come se per un momento la stanza avesse cessato di esistere: lui, nel corpo di King, incatenato ad una scacchiera divisa a metà fra la luce e l’ombra. L’enorme figura di Pete che emerge dalla metà d’ombra, gli occhi fiammeggianti e crudeli...e Fox, in sella al suo cavallo rampante di neon, il prode cavaliere dal collare d’oro con la lancia in testa per difendere l’amico da ogni male...
Stavolta fu Joel ad afferrare piano la zampa canina. “Per noi. Per la cosa più bella che mi sia mai capitata. Non la sprecherò una seconda volta...” Poi spostò lo sguardo verso Daisy. “E tu, signorina? Lo sai mantenere un segreto? Vedi, nessun altro tranne Zio Martin sa di questa cosa...”
E mentre gli occhi di Joel, ormai esausto, si chiudevano e il sonno ottundeva la sua coscienza dietro un velo sempre più scuro, l’umano fece in tempo a vedere quel familiare sorriso enorme, pieno di denti, e udire la sua voce rispondere, “Ciao, sono Daisy!”
---
Ivan dormiva.
Era stato a malapena cosciente durante la visita dei dottori Stanwick e Keaton... Se, ‘cosciente’ era la parola giusta per un pezzo di carne che non rispondeva ad alcuno stimolo, continuando a guardarsi avanti con due occhi immobili come quelli di una statua...
Poi si era addormentato.
Max si era fatto portare alla clinica appena aveva saputo. Zio Martin non avrebbe permesso che Ivan venisse ricoverato altrove, lo conosceva. Sperava che la sua presenza potesse essere di conforto per quel gatto che in Max aveva il solo amico in tutti i Gardens... Non perché Ivan fosse un cattivo soggetto, ma perché gli altri animali trovavano poco tollerabile quel suo continuo cambiare personalità. Ogni volta era come vedere un individuo diverso, e dopo le prime due volte, era diventato snervante.
Max si sentiva le gambe formicolare, a furia di sedere per ore su quella sedia, aveva una sete boia e doveva andare in bagno! Ma non si sarebbe mosso da lì. Quando Ivan si fosse svegliato, avrebbe avuto bisogno di vedere che non era solo, che non l’avevano abbandonato!
“Ehi, ragazzone,” disse Max, le orecchie basse, cercando di imprimere un po’ di allegria alla propria voce. “Andiamo, non puoi piantarci il muso così. Non voglio aspettare fino a primavera, per vederti sveglio.”
Ivan dormiva. Ogni tanto, Max era tentato di appoggiare uno specchietto davanti alle labbra solo per assicurarsi che stesse ancora respirando, visto il quasi inesistente movimento dei fianchi.
“Heh, ti ricordi la prima volta che hai incontrato Grape? La gatta supertosta, quella che accettava i lupi per casa, era andata a nascondersi sotto un cassonetto.” Max ridacchiò, ma gli venne un verso quasi isterico. “Lei prega tanto anche per te. Non è vero che sei solo, stupido grosso gatto. Noi non...non ti lasciamo, ecco...” Il gatto nero chinò il capo.
Una lacrima cadde sul pavimento. “E se nessuno ti adotta, io resterò con te al rifugio! Te lo giuro. Per quanto ami Grape, lei ha Peanut, ha la sua famiglia. E io ti promisi che ti sarei rimasto sempre amico, che almeno di te potevi fidarti, sempre! E io non sono un b-bugiardo. Quindi ti prego, fammi capire che mi stai ascoltando...”
“Oh, ti sta ascoltando, credici.”
Come il dottor Keaton prima, anche Maxwell sollevò la testa di scatto, e anche altri muscoli protestarono per quell’improvviso sobbalzo. “Ow...Wow...”
“No, non ci gioco,” disse quell’omone grosso come un armadio, vestito come una specie di agente funebre. Max doveva essere veramente stanco, per non essersi accorto dell’ingresso di quel tizio.
“Ma sono qui per parlare d’altro, con il nostro comune amico.” L’omone si avvicinò al letto con appena un lieve scricchiolare delle sue scarpe italiane nere e lucidate a specchio. “Coraggio, Ivan, è ora di svegliarti. Sono qui per portarti a casa.” Appoggiò la mano alla spalla coperta del gatto. Ma se anche quel tipo dall’aria minacciosa aveva una voce allegra, in contrasto, Max stava comunque per dirgli di non perdere tempo, che ci aveva già provato a sve—
“Hmmr?” Ivan emise un lungo gemito stanco, e aprì piano gli occhi!
*CLONK!* fece la mascella di Max, urtando contro il pavimento.
Un confuso Ivan voltò la testa verso quell’umano che aveva compiuto il miracolo. Era sveglio, ma quell’immensa tristezza non poteva certo essere cancellata...
L’uomo si sedette sul letto. “Mi chiamo Arseni Vassilyevich, Ivan. Sono il fratello di tuo padre. Sono qui per prenderti con me e portarti a casa, malenʹkiĭ drug. Non devi più preoccuparti di niente, è passata.”
Fu come avere riacceso tutti i bottoni della coscienza di Ivan, che si strinse con quanta forza aveva a quell’umano, sfogando in un lungo pianto liberatorio tutta la sofferenza di quella giornata orribile...

Stagione II
Episodio 19
FIN
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Andrea »

SUPERCLIFFHANGER

Argh. :?
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by IceKitsune »

What a sad ending (but i guess kind of in a good way) now Ivan has a new home Joel's going to be okand the children are almost going to be born. I can't wait for the next chapter Valerio. :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Andrea »

Gief chapter tuenti nau!
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Blue Braixen »

Argh, I spent too much time at school. I can't read Val's fics :cry:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by valerio »

Andrea wrote:Gief chapter tuenti nau!
Seeing how kindly you are asking... I must announce that the conclusion to season II and to the adventures in Babylon Gardens (for now) will be posted with a little delay, as I am going to write it in a single piece rather than in chapters.
A little patience..?*hides into bunker*
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.19: L'ultima ballata di Joel

Post by Blue Braixen »

valerio wrote:
Andrea wrote:Gief chapter tuenti nau!
Seeing how kindly you are asking... I must announce that the conclusion to season II and to the adventures in Babylon Gardens (for now) will be posted with a little delay, as I am going to write it in a single piece rather than in chapters.
A little patience..?*hides into bunker*
NNNNNNNNNOOOOOOoooooo... *cries*
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