Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

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valerio
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Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

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HOUSEPETS! LA SERIE
Stagione II
Episodio 14 – Il Nemico Interno
Di VALERIO

1.
Casa Foster, Babylon Gardens

Martin Foster, fondatore e proprietario del rifugio, aveva un problema.
Uno davvero grosso. In un certo senso, peggiore di quelli che fino a quel momento avesse affrontato.
Se da una parte, Martin poteva essere considerato un idealista per il suo rigoroso impegno verso gli animali meno fortunati, dall’altra era abbastanza realista da sapere che le creature intelligenti che condividevano il pianeta con l’Umanità non erano entità disneyane. Alcune, come lui stesso aveva provato sulla propria pelle, erano decisamente crudeli e letali. E correvano delle voci inquietanti anche sui delfini…
Eppure, su una cosa Martin Foster avrebbe scommesso anche la propria anima…ed ora sentiva la voce del Diavolo che veniva a reclamarla.
La domanda era: che cosa poteva fare?
Martin studiò con attenzione le due figure davanti a lui, sedute sul divano davanti al suo. “Light, scusa se te lo richiedo: sei assolutamente sicuro di quanto hai appena detto?”
Il lupo bianco annuì solennemente. Non ebbe bisogno di dire altro.
Martin si sentì annodare le viscere.
Se quello che gli avevano detto era vero, il PETA aveva dei complici, all’interno della stessa Polizia di Babylon Gardens.
Complici canini.
Se mai si era udito un simile ossimoro! Come poteva un animale domestico, peggio ancora, un cane poliziotto lavorare per quei farabutti?!? Non ce n’era uno che non sapesse cosa succedeva alle creature rapite da quei fanatici: liberate, vale a dire abbandonate lontano da casa, private in un colpo solo della loro vita. Se quegli animali erano molto, molto fortunati, ritrovavano la loro famiglia. Altrimenti diventavano dei randagi, ferali. Condannati ad una lenta agonia…
Come Grape Jelly Sandwich, come Lucky McCartney, Felix Marsh e Dio lo sapeva quanti altri residenti di Babylon Gardens che avevano potuto ricostruirsi una vita dopo quei traumi…
Come era possibile?
Martin fissò il proprio riflesso nel bicchiere pieno di tè freddo. All’improvviso, ebbe una voglia matta che fosse Long Island Iced Tea.
“Non ho abbastanza dati per andare dal Procuratore Distrettuale, e conoscendolo non credo che avvierebbe un’indagine interna, mentre io mi sarei bruciato l’effetto sorpresa. Se non vado dal Procuratore Distrettuale, quando questa cosa dovesse scoppiare, rischio un’incriminazione per ostacolo alle indagini…” Martin bevve un sorso di tè. “Keith, Light, avete fatto bene a venire qui anziché al rifugio. Anzi, qualunque cosa succeda, fra quelle mura non dovrete parlarne, sono stato chiaro?” Non aveva bisogno di ripeterlo: per sua stessa iniziativa, Martin aveva disposto più telecamere e microfoni al Lucky Charm Grove che in una stanza dell’ambasciata russa ai tempi della Guerra Fredda. Aveva un preciso accordo con la Procura di mettere a disposizione ogni secondo di registrazione in caso di indagini…
“È stato molto stupido, da parte loro, usare una frequenza della polizia per comunicare,” commentò Keith, scuotendo la testa.
Martin annuì. “Può essere un segnale di panico. Significa che uno dei complici teme di essere scoperto…” Martin ci pensò su. “Certo, questo significa che è una persona o un cane molto vicino a qualcuno che potrebbe scoprirlo…” Martin finì di bere il tè in una sola sorsata, che gli arrivò come una bomba di ghiaccio allo stomaco. Lo choc lo aiutò a recuperare lucidità. “Ecco cosa farete: Light, vai da Joey Parker. Fatti aiutare da lui a localizzare Spo.”
“Il topo, giusto?” Un topo che aveva avuto il suo quarto d’ora di gloria nella soluzione del tentato attentato alla vita dei fratelli Foster…
“Il topo. Forse sa qualcosa che può rivelarsi determinante, a cui prima non abbiamo fatto caso.”
Light annuì, annuì brevemente ed uscì di corsa.
“Greyfield,” continuò Martin. Quando passava ai cognomi, faceva decisamente sul serio. “Sei in malattia. Vai a casa, stai con tua sorella e il suo cane. Ora come ora, ho bisogno che tu tenga un profilo basso. Penserò io al resto delle indagini: questa cosa deve essere risolta in fretta e senza scandalo pubblico, o sono dolori.”
“Intendi consegnarli al Procuratore?”
Lo sguardo che gli rivolse Martin spaventò Keith. E non era una cosa facile per un uomo come lui…
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Stazione di Polizia

Per quanto lo riguardava, il giovane ufficiale di nome Fido Byron era invece perplesso.
Joel Foster si era presentato, puntuale come (quasi) sempre per firmare il registro. E, dopo avere deposto la penna nel portapenne, si era messo a guardare il cane poliziotto con una strana espressione. Joel era indubbiamente triste, e allo stesso tempo ricordava a Fido un bambino che desiderava sopra ogni altra cosa di potere accarezzare il cane mentre il genitore gli diceva di non farlo…
E all’improvviso il bambino si decise. E Fido si ritrovò stretto in un abbraccio da parte di quell’umano che aveva personalmente arrestato per la complicità nel rapimento di Fox.
Joel non disse niente, si limitava a passare una mano dietro la testa di Fido, mentre l’altra cingeva il giubbotto d’ordinanza. Fido sentì che l’umano stava inalando a fondo il suo odore. “Signore… Credo che dovrebbe smetterla.” Normalmente, sarebbe stato più secco, ma non riusciva a percepire nulla di minaccioso in quell’atteggiamento. Era piuttosto come se l’umano stesse cercando…consolazione.
Finalmente, Joel lasciò Fido. “Io… Mi dispiace di averti offeso a quel modo, quel giorno.” Si fregò gli occhi con una mano, poi ritrovò un pallido sorriso. Gli diede un’ultima carezza gentile alla testa. “Sei un buon cane. Ci vediamo fra dodici ore.” Salutò Fido con un braccio, ottenendo un breve cenno del capo.
“Gli strambi li attiri tutti tu, eh?” commentò Kevin, che stava passando in quel momento.

Una volta fuori, Joel si diresse alla sua macchina. Entrò, inserì la chiave…e rimase fermo a metà di quel gesto. Poi lasciò la chiave e si abbandonò contro lo schienale. Si coprì il volto con le mani, respirando più volte a fondo, rapidamente, come se stesse cercando di soffocare una crisi isterica...ed in un certo senso, era così.
“Perché?” disse all’aria. “Perché mettermi nel corpo di un cane, invece di trasformarmi e basta? Il Rasoio di Occam aveva perso l’affilatura? Hm?”
Ma nessuno gli rispose. Joel si tolse le mani dalla faccia e si asciugò di nuovo le prime lacrime che minacciavano di scorrere. E cosa doveva aspettarsi, del resto? Il suo adorato ex padrone era fuori dalla sua vita, ormai, mica era un servizievole genietto della lampada pronto a spuntare fuori—
“Per salvare una vita. E per disporre di un avatar.,” gli rispose la voce di Pete!
Joel guardò nello specchietto retrovisore… Ed eccoli lì, i familiari occhi gialli, severi, che lo fissavano come due fari. “Le regole non mi permettevano di trasformarti, e non avevo tempo da perdere nella ricerca di un avatar, così ho preso King Wilson... Ma alla fine, quello che importa è che abbia funzionato, giusto? Non ti sei solo immedesimato nel ruolo, sei diventato una sola cosa con esso.” Il mistico grifone schioccò la lingua, in una parodia di preoccupazione. “Oh, povero, povero Joel che adesso sa a cosa ha deciso a rinunciare.” Gli occhi di Pete si spostarono verso qualcosa al fianco dell’uomo. “Coraggio, mio ex avatar, bevici su.”
Joel spostò lo sguardo verso la direzione indicata da quella creatura…
Ed era lì.
Una bottiglia di whisky, che giaceva sul sedile del passeggero. Ancora sigillata, nuova. Il vetro pulito e lucido sembrava brillare, e il liquido che conteneva era di un colore così invitante…
Joel sentì le viscere attorcigliarsi. Si morse il labbro inferiore. “Non ti è permesso di intervenire direttamernte…”
Lo specchietto non mostrò l’espressione di Pete, ma Joel era sicuro, dalla sua voce, che stesse sorridendo come Mefistofele in persona pronto a porgere il contratto a Faust. “Per ora sono fuori dal gioco, caro, mentre cerco un tuo più adeguato sostituto… E poi, chi ti dice che sia stato io a mettere quella bottiglia lì? Magari l’hai comprata tu senza neppure ricordartene, giusto?”
Joel sentì la fronte imperlarsi di sudore gelido. “No, non è vero…”
Gli occhi di Pete si ingrandirono, riempirono lo specchietto con un’unica luce troppo abbagliante da poterla osservare. “Tu sai che è vero, Joel. Tu sai perché lo hai fatto. Tu sai che c’è una soluzione migliore…”
“NO!” Joel afferrò lo specchietto, e lo strappò via! Poi lo sbatté ripetutamente contro il cruscotto, facendo volare pezzetti di vetro ovunque. “No! No! No! Menti, menti, dannato, stai mentendo come sempre!!”
Ma a quel punto, la voce nello specchietto taceva. Soprattutto perché lo specchietto era ridotto ad un involucro plastificato ammaccato e vuoto.
Singhiozzando, Joel lasciò andare l’involucro e si abbandonò di nuovo contro il sedile…
Sai che c’è una soluzione migliore…
E in quel momento, qualcuno bussò contro il finestrino dell’auto. Joel spostò di scatto la testa. E vide, guarda un po’, l’agente Bill che lo fissava con quel suo sguardo da ‘Ti spezzo in due’.
Joel sospirò. Odiava il Lunedì!
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Casa Sandwich

La gatta che rispondeva al nome di Grape si sentiva semplicemente morire.
Ogni giorno che passava la avvicinava sempre di più al momento in cui sarebbe diventata madre a tutti gli effetti, e questo la rendeva felice ed orgogliosa.
Il Dottor Stanwick, il veterinario, l’aveva avvertita delle…ricadute sul piano fisico.
Viverle era un altro conto. Nessun manuale o avvertimento contava quanto la prova empirica del vedersi sformare come una grottesca luna crescente. Niente poteva prepararti alle nausee, alla pesantezza delle gambe… E se anche lei aveva il vantaggio di potere andare a quattro zampe per distribuire il ‘carico’ – e avrebbe finito col muoversi così quando la sua stessa anatomia lo avrebbe richiesto – era comunque umiliante muoversi come una…bestia primitiva.
Ma niente era umiliante come la vaschetta quadrata piena di torba che l’attendeva nel bagno. “La cassettina?!?” Grape avrebbe voluto scavarsi un buco fino al centro della terra e nascondersi lì. “Mamma, ho smesso di usarla quando avevo sei mesi!
Anche Jane Sandwich cominciava a manifestare i primi gonfiori e nausee, e il suo umore era soggetto a sbalzi imprevedibili e spesso tremendi come l’ira di Tisifone… Tuttavia, solo vedere la sua piccola con la pancia gonfia riusciva a placare ogni malumore. Si sedette sullo sgabello e allungò un braccio ad accarezzare la testa di Grape. “Tesoro, cosa ha detto il dottore sugli sforzi fisici?”
Grape appiattì le orecchie e abbassò lo sguardo. “Che devo evitarli sempre più, mano a mano che la gravidanza va avanti.”
Jane annuì. “Andare al bagno come fai normalmente presto sarà un’impresa, credimi. La cassettina è la sola soluzione. Vedrai, ne varrà la pena. Ogni piccolo problema e sacrificio saranno dimenticati, quando cinque splendide creaturine si allatteranno a te…” Jane accarezzò la pancia, sentendo i seni sempre più marcati sotto la pelliccia.
Grape si calmò e fece le fusa. Aveva preso l’abitudine istintiva di farlo anche quando, apparentemente, non ce n’era bisogno. Bugia, bugia, sono i piccoli ad avere bisogno di sentire che la mamma li ama tanto. “Hai ragione. Scusami.”
Jane annuì. “Ottimo. E ora, scusami, ma Mamma ha proprio bisogno di sbarazzarsi della colazione…”
Grape uscì in tutta fretta dal bagno e chiuse la porta dietro di sé appena in tempo.
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Si chiamava Ivan. Almeno in questo periodo, ed era indubbiamente il periodo più lungo della sua difficile vita.
Il segreto era non pensarci, accettare ogni cambiamento, ogni novità, con il giusto spirito. Ricominciare daccapo e darsi da fare per rendere felici i nuovi genitori, non importava da dove venissero o cosa facessero. Ivan aveva la sua regola: fin quando i suoi genitori erano felici, lui era felice.
Fino a quel momento, era stato solo...sfortunato, tutto qui. Ma adesso sembrava proprio che questa nuova famiglia fosse quella giusta. Il cibo non mancava, l’affetto neppure, e la casa era comoda, e lui aveva tanti nuovi amici.
Dalle novità potevano venire cose buone!
Mentre passava davanti a casa Marsh, l’enorme gatto notò le due figure sedute nel salotto. Cane e gatto. Uno era chiaramente Felix, l’altro doveva essere Lucky. Ivan era curioso: da un po’ di tempo, il malamute passava più tempo dal compagno micio rosso che con il convivente Fox. E povero husky aveva davvero bisogno di un po’ di compagnia, ora che compagno King era tornato alla sua famiglia.
Ivan decise che sarebbe andato a dare bonario calcio nel sedere a Lucky perché andasse da Fox. Sì, talvolta, le rudi ma schiette maniere russe erano le migliori, in certi casi...
Ivan era grande come un carro armato felino domestico, ma non era grasso, anzi. Per questo si muoveva con una grazia da molti ritenuta innaturale.
Il gatto scavalcò con un salto la recinzione di casa Marsh e atterrò agilmente nel giardino. Si avvicinò di soppiatto alla finestra, e la raggiunse con un salto.
E quando vide attraverso di essa, poco ci mancò che gli venisse un coccolone!
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Appartamento I-LR1-121, Terrace High

Mentre vibrava, il cellulare mostrava sullo schermo solo la parola, CONFIDENZIALE.
La donna dai corti capelli neri, vestita di nero, fece cenno al doberman presente in cucina di andare alla porta di ingresso. Subito dopo, toccò lo schermo, su cui apparve una tastiera virtuale una barra vuota in cui inserire una password.
Rapidamente, la donna digitò la password. Appena le parole CANALE SATELLITARE APERTO apparvero sullo schermo, se lo portò all’orecchio. “Masterson.”
La voce distorta di Martin le disse, “Abbiamo degli infiltrati del PETA nel corpo cinofilo della Polizia. Se ho ragione, e si tratta di animali condizionati dai loro partner umani, questo è quello che devi fare: passa al setaccio tutti i casi di abbandono e maltrattamento negli ultimi cinque anni fra la città e i Gardens che abbiano condotto le vittime al canile o al vecchio rifugio. Esamina le unità cinofile correntemente operative nei Gardens maggiormente accomunate in tali casi. Poi esamina i dossier degli agenti umani di tali unità.”
La donna tenne a memoria ogni singola parola. Nel suo mestiere, certe informazioni era meglio che non si avvicinassero ad un foglio di carta. “In quanto tempo?”
“Per ieri.”
Janet Masterson attaccò. “Divertente,” borbottò.
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lightwolf21
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by lightwolf21 »

:D This is getting better and better.
Lol, embarrassed, pregnant Grape = cute
Heh. Look at that... I started an actual Housepets! fan-fic.
https://www.housepetscomic.com/forums/v ... 70#p131370
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IceKitsune
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by IceKitsune »

Another great chapter Valerio. That was very embarrassing for Grape. It seems that Pete isn't exactly done with Joel just yet. I can't wait to see how that turns out. I can't wait to see who is working with PETA thats going to be interesting to find out. :mrgreen:
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Andrea
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Andrea »

Yay, new chapter up and a good one! :D
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"In nomine Libertatis vincula aedificamus; in nomine Veritatis mendacia efferimus." -Michele Salvemini aka CapaRezza
"Let there be light! That was, uhm... God. I was quoting God."
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Barkeron
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Barkeron »

Canines working for PETA? Unbelievable. And at the scene at the house, that was pretty embarrassing for Grape.
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valerio
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by valerio »

2.
Casa Masterson, Appartamento I-LR1-121, Terrace High

“Se ti scoprono a smanettare nei loro archivi, la tua carriera finisce in fretta,” disse Ivan Danko, sorseggiando da un bric di latte e succo di frutta. Eppure, rimase lì’, seduto affianco alla sua partner umana, mentre questa faceva volare le dita sulla tastiera.
“Ho fatto di peggio,” disse Janet Masterson. “Ricordi il lavoretto per incastrare quel pervertito ex FBI?”
Il doberman si leccò le labbra, al pensiero della caviglia che aveva azzannato... “Comunque, non posso credere che dei cani poliziotto possano essere usciti dall’Accademia come reclute del PETA. Cavolo, conosco ancora quasi tutti gli operativi presenti, e potrei scommetterci la coda sulla loro reputazione!”
Janet si permise un sorrisetto. “Tesoro, col moncherino che ti ritrovi per coda, hai poco da scommettere. Ad ogni modo, penso anch’io che sia successo qualcosa fra l’Accademia ed il loro periodo in Polizia. Devo solo trovare un caso che abbia causato un tale trauma da mettere profondamente in dubbio la loro dedizione.”
Danko aggrottò la fronte. “Quindi non pensi che si tratti di umani corrotti che abbiano fatto loro il lavaggio del cervello?”
Janet scosse la testa. Clickclickclickclic... “No.” Non ebbe bisogno di aggiungere altro: era stata istruttrice all’Accademia, aveva tirato su Danko da quando era un cucciolo, aveva un legame molto forte con quel cane, e a sua volta il cane le confidava ogni voce e pettegolezzo fra le altre reclute. Se ci fosse stato qualcuno che fin da allora pensava di lavorare contro la Polizia, be’...non sarebbe stato solo Ivan, a saperlo. I cani che uscivano dall’Accademia erano i migliori, i più motivati!
Se il partner di un cane poliziotto avesse accennato all’idea di saltare il fosso, sarebbe stato denunciato da quello stesso cane.
Almeno, questo era quello che Janet Masterson aveva appreso durante la sua esperienza. Diamine, era stata sbattuta fuori dalla Polizia solo perché aveva strapazzato un po’ un vigliacco che malmenava il suo gatto...
E fu a quel punto che le venne un’idea! Le balenò in mente così all’improvviso che Ivan fu sicuro di avere visto la proverbiale lampadina accendersi sulla sua testa.
Janet decise di dedicarsi ad un nome in particolare. Okay, era un tentativo quasi disperato, ma se aveva ragione...
Ed eccolo lì! Nome, cognome, matricola, stato di servizio...e un certo caso che calzava a pennello con il modello che lei aveva immaginato.
Janet Masterson canticchiò a fior di labbra. Karma, come ti adoro certe volte!
---
Casa Sandwich, Babylon Gardens

“Si sono mossi,” disse Peanut Butter.
Il cane teneva l’orecchio ben incollato alla pancia di Grape, la punta della lingua che sporgeva dal lato del muso mentre si concentrava per distinguere l’attività della sua prole. “Ohh, questo deve essere Raspberry!” Scodinzolò.
Grape Jelly, sdraiata sul fianco, accarezzava la testa del suo premuroso sposo. “E come fai a dirlo, papà Peanut?”
Senza togliere la testa dalla pancia, Peanut disse, “E’ facile: lui è il più impaziente, è sempre il primo a darsi da fare. Vedrai che sarà il primo a venire fuori!” Poi baciò la pancia della gatta. Il sorriso che le rivolse era un tale concentrato di puro affetto da inebriarla.
Grape arrossì. “Heh, come fai a guardarmi ancora in quel modo? Sono un cocomero.”
In risposta, Peanut scavalcò il corpo di lei, e si posizionò in modo da poterla abbracciare da dietro, le mani incrociate sulla pancia. “Se così bella che vorrei scolpirti un monumento, e diventerai sempre più bella. E non vedo l’ora di potere coccolare e giocare con questi marmocchi.” Diede un colpetto col dito sulla pancia di Grape. “Vero, Raspberry?”
E Grape sentì a sua volta muoversi uno dei piccoli, in risposta! Iniziò a fare le fusa.
“Hai già scelto il nome che darai al secondo?” le chiese Peanut.
Grape annuì. “Se è un maschietto, si chiamerà Dayshaun.”
Peanut mostrò un’espressione perplessa.
Grape voltò la testa e gli diede un bacio sul naso. “Significa ‘Dono di speranza da Dio.’ Ho fatto qualche ricerca, non sapevo come decidermi, e...questo è il più bello che ho trovato.” Abbassò le orecchie, la sua espressione si fece preoccupata. “Non ti piace?”
Peanut appoggiò la testa contro la spalla di lei. “E’ bellissimo, e sono sicuro che è un maschietto. Con un nome così, deve esserlo. Vero, Dayshaun?” diede un altro colpetto col dito.
Di sicuro, qualcuno rispose.
Grape si sentiva scoppiare di gioia. Poteva non essere il padre biologico, Peanut, ma sapeva come relazionarsi con un piccolo, anche se ancora in grembo.
Bussarono alla porta. Un attimo dopo, la voce di Jane Sandwich disse, “E’ permesso?”
Peanut e Grape dissero insieme allegramente, “Avanti.”
La porta si aprì e la donna entrò. “Un po’ di affetto per una povera nonna gelosa,” disse con una falsa voce rauca e tremante. Poi andò a sedersi sul mobiletto che ospitava il lettino king-size, comprato per ospitare anche Max, quando era ora di coccole di gruppo.
Jane si rivolse al proprio bambino. “Sai chi sono i tuoi zii? Due creature meravigliose che avranno sempre cura di te, e ti daranno un sacco di fratellini e sorelline con cui giocare. Non sarai mai solo. E di sicuro non ti annoierai.” Poi avvolse la testa di Grape nel palmo della sua mano.
“Tu e Papà avete scelto i nomi?” chiese la gatta.
Jane roteò gli occhi. “Il signore ce ne scampi! Earl ha una lista chilometrica: non credevo esistessero così tanti nomi di panini da cui scegliere. Quando è arrivato a ‘Peanut Brittle’, però, gli ho promesso che avrei divorziato e sarei scappata con voi se non lo depennava dalla lista.”
---
Cella di detenzione 3, Stazione di Polizia

“Ehi, fratellino.”
A quella voce, Joel Foster sollevò il capo.
Martin aveva visto parecchie persone abbacchiate, in vita sua, ma diamine! Joel sembrava la pubblicità di tutte le crisi depressive!
La guardia aprì la porta della cella e fece entrare Martin, che andò a sedersi di fronte al fratello.
Il proprietario del Lucky Charm Grove rivolse all’uomo che lo accompagnava uno sguardo e un cenno della testa. Carl Roosevelt, il suo avvocato, si avvicinò alla guardia. “I miei clienti desiderano rimanere da soli. Dieci minuti, come promesso.”
Dopo che la pesante porta blindata fu chiusa, Joel rivolse un debole sorriso al fratello. “Scusami, Mary Sue. Tanto per cambiare.”
Martin fece spallucce. “Ehi, la famiglia serve ancora a qualcosa. Se non ci si aiuta fra noi…” Poi Martin aggrottò la fronte. “Ma cosa è successo? Mi hanno detto che hai cercato di coccolare Fido, e poi hai dato un po’ fuori di matto, nel parcheggio. E c’era una bottiglia di whisky, sul sedile passeggero. Joel…”
Joel scosse la testa. “Io… Io non so neppure dove cominciare, Martin, mi sembra di impazzire, e ho una voglia di bere assurda…”
Martin gli prese gentilmente le spalle. “Ehi, mister, questi pensieri sono proibiti, va bene? Mi sembra che avessimo un accordo: nessuno di noi due si ridurrà come nostro padre. Se pensi di avere un problema con l’alcol, lo risolveremo insieme, ma non ti permetterò di affogare in una bottiglia, chiaro?”
Joel, tuttavia, non sembrava neppure ascoltarlo. I suoi occhi erano persi chissà dove nella sua mente. Guardava il fratello senza veramente vederlo. “Martin?”
“Sì?”
“Sai perché ho voglia di bere?”
“Dimmelo tu.”
“Io non ce la faccio.” Joel scosse la testa. “Io…” Si guardò le mani, come se fossero due arti alieni. Deglutì. “C’è questa cosa che vorrei dirti, ma…ma penserai che sono completamente pazzo.”
Martin lo fissò dritto negli occhi. “Fratello, se c’è una persona in questo pazzo mondo con cui puoi confidarti senza essere giudicato, senza alcun timore di essere sincero fino in fondo, quella sono io. Perciò, smettila di comportarti così e dimmi cosa ti assilla. Di qualunque problema si tratta, lo affronteremo in qualche modo. Okay? Io non ti ho ritrovato per abbandonarti. Coraggio, cos’è che ti angustia così?” Martin era spaventato da una sola cosa, a quel punto: che l’eredità del loro dannato padre potesse trasmettersi al figlio cui tanti abusi aveva riservato. Certi mali si trasmettevano come un virus, e Martin sapeva che avrebbe dovuto impegnarsi davvero a fondo, se questo era il caso…
Quello che disse Joel lo colse decisamente di sorpresa. “Voglio tornare ad essere un cane.”
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Casa Parker

Joey, il fratello minore di Fido e Bino, scosse mestamente la testa. “Mi dispiace, Light, ma non saprei proprio come aiutarti. Squeak si fa vedere ogni tanto, in onore dei vecchi tempi, ma…ormai dedica tutto il suo tempo a Spo e alla nuova comunità dei topi ferali. Il patto è di lasciare loro qualche avanzo, e siamo tutti tranquilli… Ma non sarei in grado di mettervi in contatto. Di’ a Zio Martin che mi dispiace tanto.”
“Joooeeey? È ancora là fuori, quello lì?” La voce, felina oltre ogni ragionevole dubbio, che venne dalle scale, fece drizzare le orecchie del giovane cane. Arrossendo, e mostrando un sorriso zannuto, disse, “Oh! Ehehehehe! Scusami, ma sono davvero molto occupato, adesso. Salutami gli altri ciao!” E sbatté la porta.
Light non commentò. Un attimo dopo, la micro ricetrasmittente inserita nel collare si mise a ronzare. Light estrasse l’auricolare e lo applicò all’orecchio. Ascoltò la voce dall’altro capo della linea con la massima attenzione. “Ricevuto,” disse alla fine, e rimise l’auricolare nel collare.
Il lupo sorrise. Be’, sembrava proprio che le cose avessero appena preso una piega inaspettata e interessante!
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Lucky Charm Grove for the Abandoned and the Ferals

“Ramona?”
Ramona Tristan, la segretaria di Martin sollevò lo sguardo. La sua espressione concentrata su un mucchio di pratiche si addolcì immediatamente. “Signora Direttrice.”
“La prego, mi chiami Evelyn. Mi fa sentire vecchia, altrimenti.”
Ramona era una donna giovane, magra, ispanica dalla testa ai piedi. Si era trasferita dalla California dopo avere letto in rete che il Signor Foster in persona cercava una segretaria. Ramona non aveva la minima esperienza in quel campo, e come tante sue coetanee era arrivata a pagarsi gli studi facendo la cameriera nei posti più vari, o la donna delle pulizie, se occorreva, ma aveva un entusiasmo di ferro e un amore per gli animali che rivaleggiava con quello dello stesso Martin. Lei pensava che uno come lui fosse un messo in terra del dio di tutti gli animali domestici!
Il suo futuro capo l’aveva scelta soprattutto perché gli ricordava lui quando ancora era uno studentello squattrinato in cerca del colpo di fortuna che gli avrebbe cambiato la vita. Almeno fino a quel momento, di tale scelta Martin non si era pentito…
“Ramona, sa quando posso trovare il Signor Foster?”
La segretaria scosse la testa. “Mi dispiace, miss Sunman,” non si era accorta neppure di avere ripreso ad usare la forma di cortesia. Del resto, dopo molti anni di lavori umili, certe abitudini rimanevano. Ramona consultò rapidamente l’agenda. “No, si è dovuto assentare per una questione personale, riguarda suo fratello, e ha detto che sarebbe tornato domani.” Lanciò poi un’occhiata alla busta avana che la Direttrice del rifugio reggeva fra le mani, all’altezza del grembo. “Desidera che la lasci al Signor Foster?”
Evelyn sembrò pensaci su. Per un attimo, le sue mani strinsero più forte l’involucro gonfio di documenti. Alla fine, annuì e lo porse alla segretaria. “Glielo lasci sulla scrivania. Massima urgenza, Ramona, mi raccomando.”
La segretaria prese la busta. “Ci conti. Buona giornata.”
---
Dopo quella…rivelazione, i due fratelli Foster non si erano scambiati una parola.
Martin aveva parlato con le autorità, e si giunse alla conclusione che in fondo non c’era motivo di trattenere Joel. Il solo danno causato era alla proprietà del fratello, e non aveva opposto resistenza all’agente Bill. In più, il suo tasso alcolico era degno di una suora di clausura.
Poi, Martin aveva ringraziato e congedato l’avvocato.
Tutto in termini assolutamente amichevoli e formali.
Poi, Joel e Martin erano saliti in auto.
E a quel punto, Martin disse, “Non so come sia possibile, ma credo che tu sia sincero, fratellino. Voglio credere che tu sia sincero perché ho visto la magia all’opera, perché ho parlato con i fantasmi, perché nel vicinato c’è una cagnetta con poteri psichici. In un mondo senza simili cose, ti avrei subito portato al primo istituto di igiene mentale, sappilo.”
Joel vide che Martin aveva quello sguardo concentrato di quando, come una diga, teneva a bada un potente flusso di emozioni. Le mani di Martin stringevano il volante con forza, fin quasi a sbiancare le nocche.
“Quello che vorrei capire è: vuoi essere un cane per sottrarti alle tue responsabilità umane, o perché ti piaceva? Diciamo, per esempio, che hai una sola, un’unica chance di realizzare un simile desiderio, senza possibilità di tornare indietro.” Fissò Joel dritto negli occhi, con un’intensità bruciante! “La usi?”
Joel ricambiò lo sguardo con la stessa intensità. “Sì.”
A Martin sembrò bastare. Tutto il suo corpo si rilassò, poi avviò la macchina. “Capisco.”
Il fratello aggrottò la fronte, mentre la macchina lasciava il parcheggio. “Non…capisco. Credevo che saresti finito in orbita dalla rabbia. Insomma, ti stai impegnando tanto per ridarmi una vita, e io che ti sbatto in faccia…”
Martin scosse la testa, e sorrise nello specchietto retrovisore. “Fratellino, la tua vita la gestisci tu. Io potrei metterti a disposizione tutto quello che ho, farti diventare ricco dalla notte al giorno…ma se il tuo cuore è così lontano da simili interessi, se pensi di volere vivere la tua vita in modo diverso, per quanto incredibile e diverso sia…” fece spallucce “…Be’, chi sono io per impedirtelo?”
“Martin…”
“Io non sono il tuo padrone. Posso solo aiutarti nel limite delle mie possibilità, fin quando ogni tua scelta non viola la legge e la morale comune…” Martin ridacchiò. “Peccato solo che l’erba voglio non cresce neppure nel giardino del Re, lo sai.”
Joel, lì per lì, non capì. “Scusami?”
Martin continuò a sorridere. “Okay, vuoi essere un cane. Lo sei già stato, ma l’unico che poteva farti un simile favore è stato poco elegantemente preso a calci nel sedere. Conosci qualcuno che ti venderebbe una pozione o una maledizione gitana per farti diventare almeno un lupo con la luna piena? Io no. E ora perché sorridi a quel modo?”
Joel sembrava sul punto di scoppiare a piangere di gioia. “Allora non sei… Dici sul serio?! Non pensi che io sia fuori di testa o…”
“Heh, penso solo che le tue possibilità di vedere realizzato un simile desiderio sono sotto lo zero, a meno che tu non abbia un gran bel santo, in Paradiso. Vuoi sapere cosa mi preoccupa? Che questo tuo desiderio diventi un’ossessione, e allora sì che avremmo qualche problema.”
---
Casa Jameson

Il buio aveva avvolto il cielo di Babylon Gardens, quando il pastore tedesco che rispondeva al nome di Ralph rientrò a casa.
Una giornata tranquilla, come quasi sempre. Gli eventuali nemici di Foster se ne stavano a bada, Fido era tranquillo insieme a Sabrina, e la sua carriera aveva ripreso a volare. Magari l’anno prossimo Ralph lo avrebbe proposto per il corso ufficiali: era proprio ora che quel ragazzo iniziasse a gestire una propria unità…
Memo: domani mattina, andare a trovare Mizar.
Ralph arrossì leggermente a quel pensiero. Diamine, la femmina di Foster era davvero diversa da tutte le femmine a cui aveva fatto da donatore. Era proprio un peccato che fosse impegna—
Le sue fantasie subirono una brusca interruzione nel momento in cui il cane sbatté contro una specie di muro, ma coperto di pelliccia! “Ah, scusami, amico, stavo—Oh,” Ralph sollevò lo sguardo verso un paio di penetranti occhi verdi. “Light, che sorpresa. Stavi venendo da me? Posso esserti d’aiuto?”
Il lupo bianco annuì. “A dire il vero, qualcosa ci sarebbe.” Poi porse un biglietto piegato in due al pastore tedesco. “Volevo sapere, e non solo io, come mai un bravo ufficiale come te lavori per questa gente. Ma preferirei parlarne in privato, solo io e te. E magari riuscirai a convincermi a non ucciderti.”
Sul biglietto, c’erano solo quattro lettere.
PETA.
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Andrea
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Andrea »

Very nice chapter: I liked it Seems Ralph is going to have a bad hair day XD ------->he is disappoint --> ಠ̯ಠ
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Tiggy
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Tiggy »

I smell action!


Possibly.. :P
Jason Mraz wrote: My goal is to show everyone that they, too, can do what they love to do.
Daggy wrote: Look a shadowpriest, what a cutie.... POW
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IceKitsune
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by IceKitsune »

Ok I can't wait to find out why Ralph is working with PETA I suspect some sort of twist here. I can't wait to see what happens with Joel and him wanting to turn back into a dog. That should be very interesting.
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Barkeron
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Barkeron »

What?Joel wants to be changed back into King? Or some other dog? Uh no, it can't be? Ralph? o.o How? Why?
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lightwolf21
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by lightwolf21 »

Noooo, not Ralph! I'm sure he has a good reason...I hope.
This story has gotten better up to 11! :mrgreen:
Squeee! :D at Light getting a few lines in this episode.
Heh. Look at that... I started an actual Housepets! fan-fic.
https://www.housepetscomic.com/forums/v ... 70#p131370
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valerio
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by valerio »

3.
Casa Foster, Babylon Gardens

Grape rigirò fra le mani il topolino a molla nuovo e infiocchettato con un nastro rosso. “Secondo te, quanto è costato?” Chiese, passando il giocattolo a Peanut.
Il cane esaminò a sua volta il regalo. “Hmm, io dico trenta dollari. E’ molto bello.”
La gatta lavanda fece spallucce. “Puoi tenertelo. Tanto l’altro era ridotto a uno straccio, e non lo avrei più usato comunque.” Accarezzò il muso di Peanut. “Non intendo certo insegnare ai piccoli a dare la caccia ad un oggetto impregnato del tuo odore.”
Peanut arrossì. “Ah, allora direi che è meglio metterlo da parte. Almeno Mamma risparmia sul loro primo regalo.” Poi poggiò il topolino vicino al mucchio di regali che si era accumulato da quando la gravidanza di Grape Jelly era stata annunciata. Era un grosso mucchio: Babbo Natale e San Valentino e Sant’Antonio si erano dati da fare… Niente male, considerando che ancora dovevano essere celebrati.
Ad onor del vero, tuttavia, quel mucchio clamoroso non era solo per Grape, ma anche per Mizar e Sasha, rispettivamente i pastori tedeschi di Martin Foster e Ryan Byron. Tutt’e tre le femmine erano le prime fortunate che non solo sarebbero diventate madri di lì a poche settimane, ma che avrebbero tenuto con loro i cuccioli, in famiglia! Un evento per il quale l’intero vicinato si era mosso, seppellendole di doni sia per congratularsi con loro…che per comprarsi l’onore di essere padrini/madrine.
Alcor, il gatto bianco compagno dell’albina Mizar, rivolse a Peanut uno sguardo perplesso. “Tenevi con te un topolino a molla..?”
Peanut si sentì come se avesse potuto accendere una sigaretta con le guance “Uh, tenevo…alcune cose di Grape. Una volta.” Si picchiettò le dita. “Non lo faccio più.”
“Aw, che dolce,” disse Sasha, mentre studiava uno spartito per il suo piccolo pianoforte. “Io mi ero tenuta dei ciuffi della coda di Bino, che lui aveva perso dopo avere fatto arrabbiare Fox.” Scodinzolò. “E tu, Peanut? Tenevi dei ciuffi di Grape?”
“Uhh…” Peanut guardò il mucchio dei regali come se avesse voluto nascondercisi dentro.
Grape gli accarezzò il collo. “Sì, lo faceva. Poverino, non sapeva cos’altro fare, visto che io non mi impegnavo certo a ricambiare il suo affetto come sperava.”
“Ma tu lo sapevi che lui era innamorato di te?” Chiese Mizar, scodinzolando a sua volta. “Insomma, prima della fattoria?”
Grape annuì, senza smettere di guardare il suo cane, senza togliergli la mano da dietro la testa. “In questo, è sempre stato trasparente, ma non pensavo che facesse sul serio, non fino a quando non ho visto la sua foto speciale per la prima volta.”
“Grape!” Peanut quasi schizzò fuori dalla pelliccia. “Avevi detto che non ne avresti parlato!”
Troppo tardi: Mizar e Sasha fissavano la gatta con due sorrisi smaglianti e gli occhi blu e rosa luminosissimi. “Foto speciale?”
La gatta abbracciò Peanut, che uggiolava dalla vergogna. Un imbarazzo per uno, caro! “Lui aveva scattato questa foto di Fido e Sabrina che si baciavano, e l’aveva ricolorata a mano con i colori delle nostre pellicce. L’ha tenuta fino a quando non ci siamo dichiarati pubblicamente, e poi l’ha stracciata. Povera stella, fino all’ultimo temeva che sarebbe stata l’unica cosa di noi due insieme che potesse avere…” Parlando, cercava di mantenere un tono divertito, ma la tempesta ormonale si scatenò in quel momento, e un’ondata di tristezza la travolse, invece. Era come ubriacarsi di Fanta, ma senza la parte divertente. “Scusami ancora per averti fatto aspettare così tanto…”
Peanut la strinse per le spalle. “Ssh, ssh, gattina. Va tutto bene, ssh. Non piangere, su, ci sono qui io, ci siamo qui noi.”
“E Sasha non ha neanche Bino accanto!” strillò Grape, temporaneamente neutralizzando l’udito dei presenti. “Perché quello stupido ha dovuto andare all’Accademia?! *sniffle* Vieni qui, tu, botola svampita, hai bisogno di farti abbracciare!”
Sasha si avvicinò alla coppia e si lasciò abbracciare...con una forza che, per una volta, lasciò lei senza fiato. “Erk!”
Alcor aprì un altro pacchetto, ma non smise di osservare quella scena. Per ora, Mizar non sembrava vittima di quelle crisi umorali. “Ohh, un gomitolo di Cashmere!”
Grape, senza smettere di tenere a sé Peanut e Sasha, disse, con quella vocina triste, “E’ per me *sniffle!* e se non me lo dai adesso, ti impicco con la tua stessa coda, ecco.”
Alcor le porse il gomitolo col suo migliore sorriso diplomatico e con molta prudenza. “E’ in momenti come questo che vorrei che Maxwell guarisse dal suo raffreddore.”
---
Casa Costner

“Voglio morire. Voglio morire, mondo crudele!”
Il gatto nero se ne stava sdraiato nel suo lettino, avvolto da due giri di pesante coperta come fosse stato il ripieno di un enorme involtino primavera. Una borsa fredda stava posata sulla fronte, e una tazza di brodo ormai vuota giaceva sul tavolino vicino insieme alle briciole di una pagnotta.
Se da una parte, con l’arrivo dei primi mali di stagione, Max non era certo il solo a soffrire il confino a casa, dall’altra lui era decisamente esiliato! Proibito anche solo bussare alla finestra per salutarlo, proibito correre il minimo rischio di trasmettere indirettamente alle ragazze un solo bacillo del raffreddore! Martin, Earl e Ryan avevano promesso pene da girone dantesco a chiunque osasse mettere a rischio la salute delle loro creature. E non erano minacce, pardon, promesse, che si facevano alla leggera...
Per fortuna, Dio aveva inventato Skype. Il che ci portava al secondo accessorio che Max indossava: una cuffia con microfono, mentre si rivolgeva alla webcam. “Amico mio, vieni da me e uccidi quest’anima in pena. Mostrami un ultimo segno di rispetto!”
Sullo schermo, Marvin aveva l’aria di chi fosse pronto ad un gesto disperato. “Se ne avessi le forze, lo farei, Max, credimi: qualunque cosa pur di liberarmi del mio paziente...” E in quel momento una specie di esplosione sonica fece tremare l’immagine.
“MAAARRRRVIIINNN!! Dov’è la mia pizza?!?
Max fece una smorfia. “Tiger?”
Marvin sospirò, rassegnato. “Tiger. Credo che sia l’unico cane al mondo che viene fortificato dal raffreddore. In più, il suo consumo di pizze è diventato allarmante. L’ultima volta che sono andato a prendergli una margherita, il pizzaiolo aveva un santino con la sua effige sul bancone. Ora devo andare a ucciderlo, scusami.” Marvin chiuse la connessione.
Maxwell grugnì e tornò a guardare il soffitto.
Non voleva chiamare di nuovo Grape, l’avrebbe solo disturbata. Si erano scambiati dei saluti molto formali, prima, con tutti gli auguri del caso, i ‘ti voglio bene’, eccetera eccetera, ma era chiaro che lei aveva fretta di tornare da Peanut. E non aveva certo torto... Però lui voleva la sua gatta infermiera, che fosse lei a servirgli il brodo e a fargli tanti coccoli per consolarlo...
“Cattivo, Maxwell, cattivo...*ETCIU’!!*”
Aveva bisogno di fare qualcosa, distrarsi da Grape. SposadiPeanutspostadiPeanutsposadiPeanut!
Smexymammadeimieigattini!
Fu distratto da quei pensieri dal bussare alla porta. A fatica, Max si tirò su quando, dopo una breve pausa, il suono si ripeté. “Arrivo, arrivo!” disse con una voce gracchiante. “Non lo sapete leggere, il cartello?” Giusto per essere sicuro, aveva messo...be’, più di un cartello, alla porta, per mettere in chiaro che non era il caso che venissero a visitarlo...
Max aprì la porta. “Ivan? Cosa ti porta--”
L’enorme felino, che stava ai gatti del vicinato come Antares e Aldebaran stavano ai cani, entrò in casa prima che Max ebbe finito di parlare, quasi travolgendolo.
“...qui?” terminò il gatto nero. Vide il suo vecchio amico sdedersi sulla poltrona, facendola scricchiolare. Sembrava a metà fra il perplesso e lo stupefatto, e stava chiaramente cercando di trovare le parole giuste per esprimere il turbinio interiore che lo stava agitando. Ricordava molto Bino la prima volta che aveva scoperto che Peanut era un amante dei gatti. “Ivan, ti rendi conto che da questo momento ti sarà proibito avvicinarti a questo isolato?” Max andò a prendersi un fazzoletto e ci soffiò dentro vigorosamente.
L’enorme gatto fece un cenno di noncuranza con la mano. “Raffreddore, pfa! In rodina raffreddore lo prendono stranieri.”
Max su una cosa doveva concordare: quel gatto poteva avere avuto più proprietari e personalità che colori un camaleonte, ma da quando era diventato ‘russo’, il freddo e le malattie delle brutte stagioni non lo avevano neppure sfiorato...
“Io ha problema, compagno Max. Io ha visto...strana cosa. E ho bisogno di tuo saggio consiglio. Tu conosce gatto Felix e cane Lucky, da?”
Max annuì. “...Sì?”
Ivan spiegò cosa lo turbava.
Max dimenticò in fretta il suo raffreddore, e persino Grape.
---
Casa Foster

Per Martin, era un biglietto della lotteria del tipo ‘Gratta e Vinci’. Solo che c’era un unico, grosso cerchio da grattare. Una vistosa dicitura bianca recitava VINCITA SICURA.
Martin allungò nuovamente la mano verso il biglietto, e ancora una volta, una forza impercettibile lo spostò quel tanto che bastava perché non lo potesse neppure sfiorare.
Joel lo vedeva come un biglietto tutto bianco del Monopoli, che recava la scritta in oro IMPREVISTI.
Joel allungò la mano, e prese il biglietto. Mostrava un’espressione compiaciuta, mentre lo mostrava. “Pensi ancora che sia un’ossessione infondata?”
Martin osservò l’oggetto. Prima, non aveva scherzato quando aveva detto di credere nell’esistenza della magia. L’esperienza diretta, in fondo, contava ancora qualcosa per lui.
“Martin..?”
Martin spostò lo sguardo verso il fratello. “Quindi, quel ‘biglietto’ ti permetterà di tornare ad essere un cane?”
“Sì. Se ho capito bene, può esaudire un qualunque mio desiderio, a patto che sia finalizzato a migliorare la mia vita. Come un regalo esclusivo.”
“Capisco. Posso chiederti io, una cosa?”
Joel annuì.
“Visto che non potrai tornare indietro, cosa ne farai della tua nuova vita? Hai considerato che se ti trasformerai in un cane con un’età proporzionata all’attuale, vivrai circa tredici anni? Forse un po’ di più.”
Joel lasciò passare un minuto buono, in un silenzio rotto solo dal quieto ticchettio della sveglia. Poi annuì. “Devo ammettere che è la parte meno esaltante, ma saranno tredici anni vissuti bene.” Allungò una mano a stringere la spalla di Martin. “Su, cos’è quella faccia da funerale? Mica ti abbandono, sai? La vita del randagio non mi attira più.”
L’altro gli diede un pugnetto alla spalla. “Almeno un po’ di buon senso ti è rimasto. Hai già scelto la razza?”
Joel annuì. “Sarà una sorpresa.”
---
“Allora?” chiese Light. E dal suo tono, e dalla sua espressione, era chiaro che il lupo bianco non avrebbe accettato meno della verità.
Light e il pastore tedesco Ralph procedevano lungo la strada come una coppia di amiconi, senza fretta, senza urlarsi addosso, senza un solo pelo dritto dalla tensione. Del resto, Light non aveva ragione di essere teso: era fisicamente superiore a quel cane e determinato a farlo a pezzi, rapidamente, se non fosse venuta fuori una spiegazione eccellente del perché un simile ufficiale pluridecorato del corpo cinofilo fosse un infiltrato del PETA, cioè di quei corresponsabili delle miserie di tanti animali domestici costretti al randagismo.
Ralph sapeva di avere una pistola puntata alla testa. A quel punto, o parlava o i veri guai sarebbero solo iniziati. E lui era un cane abbastanza razionale da sapere fare la scelta giusta, senza angosce. E disse, “Ti dirò tutto, ma prima voglio capire una cosa.”
“Parla.”
“Se lo sai tu, lo sa il signor Greyfield. Se lo sa lui, lo sa Zio Martin. E per essere arrivato a me, deve avere saputo qualcosa da Janet Masterson, è la sola che conosco che può accedere al database del personale della Polizia. Chi altro lo sa?”
“Le persone che hai elencato. Vogliamo risalire ai tuoi complici, e a quel punto consegnarvi alla giustizia. Ma immagino che tu sappia che c’è un piano B. Ed è meno gradevole.”
Ralph sospirò. “Lo immagino. Come mi avete scoperto?”
“Keith ha una radio. Sei stato intercettato casualmente mentre parlavi con un complice.”
Ralph annuì. “Zeke, che stupido. Da quando quel Copper è scomparso, è entrato nel panico.”
“Non ha tutti i torti. Tu, invece, sembri prenderla bene.”
Ralph si permise un ghigno divertito. “Forse perché, cari emuli di Poirot, avete avuto la fortuna di sprecare il vostro tempo con il cane sbagliato.”
Light sollevò un sopracciglio, ma non disse niente.
“Sono ancora dei buoni, zuccone. Sto lavorando per la Procura Distrettuale come agente sotto copertura da mesi, e voi state rischiando di fare saltare tutto.”
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Andrea
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Andrea »

Ok, let's write down my report:

“MAAARRRRVIIINNN!! Dov’è la mia pizza?!?” I lold... HARD

L’altro gli diede un pugnetto alla spalla. “Almeno un po’ di buon senso ti è rimasto. Hai già scelto la razza?” Joel annuì. “Sarà una sorpresa.” I have the strange feeling that I know the answer :mrgreen:

“Sono ancora dei buoni, zuccone. Sto lavorando per la Procura Distrettuale come agente sotto copertura da mesi, e voi state rischiando di fare saltare tutto.” Ahhhhh, this explains everything, good thing :mrgreen:


Voto: 10/10
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lightwolf21
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by lightwolf21 »

Yay! I knew he had a good reason. :D

But, what's up with Lucky and Felix?! O_o
(As if I didn't already venture a guess.)
Heh. Look at that... I started an actual Housepets! fan-fic.
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Barkeron
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Barkeron »

Well, at least he had a valid reason. Can't wait for more.
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IceKitsune
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by IceKitsune »

:D I knew that was the reason he was working with PETA. The part with Marvin,Max and Tiger was funny. :lol: And it looks like Joel has a plan can't wait to see how that works out. I can't wait to see what happens next Valerio. :mrgreen:
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valerio
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by valerio »

4.
Zeke e Quincy Jones.
Voi non li conoscete, se non come parte dell’organigramma. Due bravi cani, due fratelli usciti dall’Accademia con voti abbastanza alti per entrare nel corpo cinofilo di Babylon Gardens, per sostituire due vecchi segugi.
Hanno sempre svolto il loro lavoro con dedizione. Forse anche troppa, certe volte, ma un po’ seguivano l’esempio di quei diavoli di Kevin e Ivan Danko. Adoravano fare i duri, e nutrivano una fiducia incrollabile nel sistema e nell’autorità che rappresentavano.
Almeno, così credevamo tutti.
Il nostro può essere un lavoro facile o difficile, non dipende dal lavoro in sé, ma dal caso in cui siamo coinvolti.
Zeke e Quincy Jones lavorarono insieme ad un caso di gravi maltrattamenti: un neo residente dei Gardens si era spacciato per amante degli animali, pur di trovare casa ad un prezzo conveniente. La ‘prova’ della sua buona volontà erano due adorabili gattini di appena tre mesi, salvati dal rifugio. Già, il vecchio rifugio, che, come scoprimmo solo dopo, aveva attestato l’affidabilità del Signor Gardens per una mazzetta.
All’inizio, quei piccini erano le rockstar, sempre al centro dell’attenzione, vivaci… Poi, un bel giorno, Gardens ci disse che soffrivano di un qualche problema congenito ai reni, stavano davvero poco bene e…insomma, stavano male, lo vedevamo. Le vivaci creaturine erano diventate apatiche, smagrite, timorose…
Quando morirono, non fu una sorpresa, e Padre Ghetti dedicò loro una commossa elegia. Gardens era davvero a terra.
Poco tempo dopo, tuttavia, nell’ambito di un’indagine su un sito dedicato ai maltrattamenti di animali, scoprimmo…dei filmati.
Ancora oggi ho difficoltà a farmi venire alla mente anche un solo fotogramma di quell’orrore. Non ero ancora nato all’epoca dello scandalo di Casa Whiteman, ma i filmati del signor Gardens che torturava e massacrava quei micetti…per cento dollari a segmento...
Quello ‘show’ era la Casa Whiteman della mia generazione.
Inutile dire che il Procuratore chiese come pena minima l’ergastolo per un simile individuo. Purtroppo, Gardens aveva un buon avvocato, no, un ottimo avvocato, e fra cavilli e tecnicalità, ottenne una pena detentiva di cinque anni e una multa di centomila dollari.
Gardens aveva fatto molti soldi con quegli streaming lordi di sangue. Pagò la multa, ed ottenne di passare i suddetti cinque anni in un istituto di igiene mentale. Ne uscì dopo tre per condotta esemplare, dichiarato guarito a norma di legge. Fuggì dallo Stato il giorno dopo, facendo perdere le sue tracce.
Io ero al mio primo comando, e Zeke e Quincy erano parte della mia unità. Fu in quell’occasione, che commisi il mio primo errore, permettendo l’uso di ‘forza eccessiva’ ai danni di quel farabutto. L’avvocato quasi riuscì a contestare la validità dell’arresto. Anche per questo ho raccomandato l’espulsione o almeno una severa rieducazione per il Sergente Ivan Danko per un arresto violento. Non potevo permettere che simili errori compromettessero le indagini, mai.
Zeke e Quincy la presero…un po’ peggio. Il sistema in cui credevano li aveva delusi. Molto delusi. Quando l’avvocato di Gardens si presentò per sporgere reclamo per il trattamento del suo cliente, lo aggredirono come due ferali assetati di sangue. Non so come fece il Capo Norton a convincere quel serpente a non sporgere denuncia contro l’intero dipartimento, ma di certo, il giorno dopo, quei due ragazzi furono mandati all’Accademia per un lungo corso di rieducazione.
Quando tornarono, sembrava tutto a posto, ma sapevo che qualcosa in loro si era spezzato irrimediabilmente. Gli occhi di un cane non mentono, e nei loro c’era solo qualcosa di oscuro, anche se, devo ammetterlo, sapevano recitare bene la parte. Non diedero mai un problema, non sporsero alcun reclamo, erano i segugi perfetti che dovevano essere.
Io, nel frattempo, ebbi in consegna prima Kevin e poi Fido, e per un po’ cercai di non pensare a Zeke e Quincy Jones.
Il primo segno che i miei timori erano fondati fu la sparizione Fox, la sua prima sparizione. All’epoca, lui non apparteneva a Bill, ma ad una coppia di rappresentanti di un’azienda informatica. Loro erano sempre in giro, e Fox era un bravo giovanotto sempre amichevole con tutti, che fossero animali o umani.
Si seppe solo dopo che una pattuglia del PETA circolava per i Gardens in cerca di uno ‘schiavo’ da ‘liberare’. Zeke e Quincy pattugliavano quella zona, e sicuramente avevano notato i movimenti di quei due forestieri. E invece di intervenire, li aiutarono, segnalando loro il momento adatto in cui colpire.
Zeke e Quincy erano entrati in un…singolare ordine di idee: pensavano che se un umano era capace di lasciare solo ed incustodito l’animale di cui doveva avere cura, faceva a lui o lei altrettanto male che se lo avesse pestato a morte. Loro credevano…credono veramente che un animale domestico sia più al sicuro per la strada che fra le mani della persona sbagliata.
Fox fu il primo a pagare le conseguenze di questa ‘filosofia’. Per fortuna, per quanto giovane potesse essere, non era un ingenuo. Passava già allora molto tempo a leggere libri su libri, e aveva imparato diverse cose, fra cui i modi più efficaci per ritrovare la strada di casa e sopravvivere mangiando senza avvelenarsi. Fox fornì una descrizione molto dettagliata dei suoi rapitori, e il loro arresto chiuse il caso alquanto in fretta.
Zeke e Quincy furono ammoniti per la loro ‘disattenzione’ in servizio, e quindi trasferiti per un po’ al lavoro d’ufficio.
Fu l’errore più grave. Certo, a saperlo…ma allora non lo sapevamo. E quei due lavorarono duramente, ogni giorno, per carpire informazioni sui membri del PETA, capire come operavano, dove localizzarli…
Fuori dall’ufficio, mantenevano la loro riservatezza, si comportavano senza destare sospetti. E intanto continuavano ad informare i loro nuovi ‘amici’. E questa volta, si erano fatti davvero prudenti, usando…posta cartacea. Lettere, biglietti, qualunque cosa che non si lasciasse dietro una traccia elettronica.
Poi, qualcosa è cambiato: Usando proprio le loro informazioni sulla vigilanza al parco pubblico, il PETA ha cercato di salvare…Fox. Buona vecchia ironia, su di lei ci si può contare sempre.
Il risultato, oltre all’arresto di Joel e Carl, fu l’intensificazione delle misure di sicurezza. Zeke e Quincy furono fortunati anche stavolta, perché non furono traditi da Carl, e Joel si era volatilizzato prima del processo.
In compenso, loro si erano innervositi. Abbastanza da correre un rischio…

“…e si sono rivolti a te,” disse Light.
Ralph Jameson annuì. Si chinò su una fontanella e bevve generosamente, si sentiva la gola come la Valle della Morte.
A quell’ora, quell’angolo del parco era deserto. Il lupo di Keith Greyfield e il cane poliziotto potevano parlare in pace sotto un lampione, senza essere disturbati.
Il pastore tedesco si asciugò il muso col braccio. “Pensano che sia dalla loro parte, visto che ero il loro ufficiale e maggiore confidente. E poi non è un segreto che allora neanche io la presi bene. In realtà, hanno bisogno di qualcuno che impedisca loro di fare qualche altra sciocchezza. Dopo che Fox era stato preso da Bill, quei due non volevano certo che fosse ‘liberato’. Loro speravano che fosse Sasha l’obiettivo di tanta benevolenza, ma lei era sempre in compagnia di qualcuno, e pare che il Peta non brilli per il coraggio dei suoi ‘commandos’.”
“E immagino che i recenti eventi abbiano fatto saltare i nervi di Zeke e Quincy,” disse Light, dalla panchina.
Ralph tornò a sedersi accanto al lupo, sentendosi minuscolo. Capiva come mai tanti esseri umani si sentissero a disagio di fronte ad un simile specie ferale… “Temevano che questa volta, Copper potesse dire qualcosa per abbreviarsi la pena. Ma dopo che ho fatto vedere loro una copia del rapporto circa la sua scomparsa, quelli hanno capito che coinvolgere Zio Martin anche solo marginalmente avrebbe avuto un prezzo troppo elevato. E poiché Zio Martin è una specie di angelo custode di molti animali dei Gardens, soprattutto quelli negletti…”
Light annuì. “…Ecco che hanno bisogno di sentirsi rassicurati, a costo di correre il rischio di farsi intercettare. A questo punto, sembra chiaro che smetteranno di lavorare con il PETA, giusto? E tu non hai saputo raccogliere dati utili, anzi, direi che ti sei impegnato a stuzzicare ulteriormente i loro nervi.”
Ralph mostrò i canini in un mezzo sorriso. “A dire il vero, qualcosa di utile ce l’ho, adesso: ogni chiamata da e per me è monitorata, e Zeke ha praticamente confessato tutto. Il vero problema è che appena recupererà la lucidità, capirà cosa ha fatto, e a quel punto le cose potrebbero farsi pericolose.”
“Potrebbero fuggire.”
“Quello no.” Ralph scosse la testa. “Sono sorvegliati giorno e notte. Heh, non sono i soli a sapere giocare a far finta… Ma ormai non sono più loro che ci interessano. Dobbiamo capire chi sono i loro complici umani, e preparare il terreno per un arresto clamoroso. Altrimenti ci troveremo in mano solo due pesci piccoli, e altri animali domestici saranno potenziali bersagli dei loro ‘liberatori’.”
Light annuì. In tutto quel tempo, aveva ascoltato il pastore tedesco tenendosi sdraiato sulla panchina, una gamba incrociata sull’altra, e le mani dietro la schiena, e ogni tanto scodinzolava mentre sfoggiava un sorriso divertito. Chi lo avesse visto, avrebbe pensato che stesse ascoltando un aneddoto da un caro amico, anche se era difficile immaginare amiconi due creature così diverse… “Per questo è stato così facile arrivare a te: occorreva, eventualmente, poterti ‘arrestare’ sotto i loro occhi, perché si credessero fuori da ogni sospetto.”
Ralph annuì. “Mi sa che ha funzionato fin troppo bene. Devo dire ai miei capi di coinvolgere Zio Martin, la prossima volta, o rischiamo di ritrovarci senza indiziati.”
Light rise, rilasciando sbuffi di nuvolette nella pungente aria autunnale. “Secondo voi, il PETA tiene sotto controllo Zeke e Quincy?”
“Forse hanno fornito loro dei microfoni per i collari, ma per il resto no. La sorveglianza dei Gardens, come ti ho già detto, è migliorata sensibilmente dopo il secondo tentativo di rapimento di Fox.” Ralph scosse la testa. “Ad ogni modo, ho ordinato loro di volare basso e di interrompere ogni contatto con i loro complici. E devo dire che non ho dovuto faticare affatto a convincerli. Il più, sarà spingerli a tradire la ‘causa’, adesso. Credono sinceramente in essa, e non parleranno facilmente. E appena gli animalisti sentiranno odore di maltrattamenti per farli confessare…”
Light si fece serio. “Insorgeranno come un sol uomo, faranno clamore, interferiranno con le indagini per proteggere le ‘vittime delle manipolazioni degli umani’. Mesi di lavoro buttati giù per lo scarico.”
Light fece spallucce. “Capisco. E se ti dicessi che conosco un modo migliore per avere le uova d’oro dalle nostre gallinelle? Pulito e veloce…ma prima dovrete avere un mandato.”
---
Casa Parker, nonché sede del Common Life Society Club

Joey stava finendo la sua porzione di roast beef, quando si udì bussare alla porta.
Il suo genitore gli lanciò un’occhiata perplessa. “Credevo che avessimo stabilito una regola, signorino Romeo.”
Il giovane cane arrossì. La sua storia con Blanche era nata fulminea e si era trasformata in una cosa davvero seria. Per la prima volta nella sua vita, Joey aveva cominciato a diradare i propri impegni con gli altri amici per passare più tempo con la gatta Bigglesworth. E se gli altri facevano il tifo per lui, il circolo di D&D era meno entusiasta. Lester era diventato isterico come una primadonna senza pubblico –praticamente, Joey era il solo che gli sapesse prestare orecchio 24 ore al giorno, quando cominciava a parlare di un anime che adorava in modo particolare (tutti) o di una produzione animata americana che detestava in modo particolare (tutte).
Joey, però, aveva una ragazza! Aveva una vera, genuina, smexy gatta che condivideva i suoi gusti, matta abbastanza da dare alla loro relazione tutto il pepe di cui c’era bisogno. Dulcis in fundo, ispirati dall’idea di Joey di dare alla sua ragazza un nome per distinguerla dai suoi nove fra fratelli e sorelle, gli altri Bigglesworth avevano deciso di affibbiarsi un nome a loro volta. Così erano saltati fuori Berenice, Bob, e Bill, e Buck…
L’unico neo nella relazione di Joey era che Blanche tendeva a presentarsi alle ore più insolite, soprattutto di notte. E così, Papà aveva stabilito una regola: vietato presentarsi a colazione, pranzo o cena, a meno di non avere preventivamente fatto dovuta richiesta. Via telefono.
Al suono delle nocche sul legno, Joey spazzolò in fretta quanto rimaneva della sua cena, poi mostrò a Simon un sorriso dentato e il piatto lucido.
L’uomo sospirò e indicò l’ingresso con il pollice. “Vai pure, campione.”
Joey latrò un ‘Arf!’ eccitato e corse fuori dalla cucina.
In realtà, Simon faceva solo scena: vedere il suo ragazzo impegnato nella sua prima relazione lo commuoveva da morire! E che fosse con una gatta aggiungeva solo alla carineria generale della cosa. Simon si faceva gli auguri tutti i giorni che tutto andasse bene.

Joey aprì la porta. “Ciao, Blan—“ Il sorriso scomparve in favore della perplessità.
Non era Blanche.
Anche se si trattava ugualmente di due figure familiari: un soriano rosso e un robusto malamute bianco e nero, due dei più recenti membri del vicinato, nonché amici intimi di Grape.
“Felix, Lucky,” disse Joey, tornando a sorridere. “Posso fare qualcosa per voi?”
I due animali si scambiarono una breve occhiata. Joey si chiese come mai sembrassero imbarazzati. “Uhm, possiamo entrare?” chiese Lucky.
Subito il giovane segugio si fece da parte, scodinzolando. “Ma certo!”
Loro però non entrarono subito. Felix si schiarì la gola e disse, “Uh, riguarda il tuo club. E’ una cosa un po’...privata.”
Joey sollevò un sopracciglio. “Oh. Va bene, venite di sopra, allora. Su, entrate.”

Quando furono tutti in camera sua, Joey chiuse la porta. “Bene, allora, qual è il grande mistero?” Andò alla sua scrivania a prendere un grosso quaderno e una penna stilografica che gli aveva regalato suo padre. “Volete forse iscrivervi al Club? Costa solo due dollari a testa. Uno per ogni membro della coppia. Non accetto carte di credito. Per ora.” Nel momento in cui i suoi amici avevano menzionato il Common Life Society Club, aveva capito come mai fossero così imbarazzati. Poverini! Ci voleva già fegato per andare da lui a fare la domanda di iscrizione, non c’era bisogno di portare la propria ragazza. E comunque, era sempre meglio non essere insistenti, ma lasciare che fossero i candidati a dire la loro, prima.
“Hm,” Felix si mise una mano dietro la testa, imitato da Lucky. “Sì. Vorremmo iscriverci. Se non è un problema.”
Joey sfoggiò il suo miglior sorriso. “Non lo è mai! Due coppie in una volta sola, wow!” Aprì il quaderno le cui pagine erano di papiro, e intinse la penna nel calamaio. Dando le spalle ai suoi ospiti, iniziò a scrivere i loro nomi nella colonna sinistra, con la punta della lingua che sporgeva. “Allora... Chi sono le fortunate signorine?”
“Uh...” disse Lucky. “Ecco...non ci sono.”
Joey, che aveva appena vergato elegantemente il nome di Felix, rimase fermo con il pennino a un millimetro dal foglio. “Scusate?” Rimise il pennino nel calamaio. Adesso squadrava i due animali con diffidenza –potevano scherzare su tante cose, e lui aveva imparato a prenderla con filosofia. In fondo, era solo una vita che era ufficialmente lo strambo della comunità..!
Ma prenderlo in giro in casa sua, sul suo Club, quello no! “Ragazzi, ve lo dico subito,” disse, voltandosi, cercando di non snudare i denti. “Non fa ride—“
Ricordate quel disegno che Peanut mostrò a Bino ed alla sua cricca del Club del Buon Cane?
Il disegno di una femmina canina con la coda di gatto?
Joey era stato l’unico a mostrare apprezzamento per quel disegno, e Peanut si era sentito sollevato. E aveva iniziato a ringraziare Joey per le sue parole, quando Joey aveva detto una cosa davvero fuori di testa. ‘Voglio indossare la sua pelle,’ aveva detto.
Peanut era rimasto come...pietrificato. Era la primissima volta che aveva assaggiato le tendenze di Joey, e la cosa aveva temporaneamente distrutto il suo senso della realtà.
Sembrava impossibile che, di tutte le persone, proprio Joel dovesse condividere una tale sensazione, al punto da rimanere per un paio di minuti assolutamente immobile, la bocca chiusa nel vano tentativo di cercare le parole adeguate, e gli occhi ridotti a due puntine a causa dell’eccesso di informazioni.
Ma non poteva negare di avere davanti due maschietti che si stavano teneramente tenendo per le mani, con quell’espressione impacciata e timida che Joey aveva visto tante volte sui volti delle coppie miste che si dichiaravano per la prima volta davanti agli altri.
Due minuti di assoluto silenzio. Dopo i quali Joey disse solo, “Oh.” Molto piano, come se avesse avuto paura di rompere l’aria come fosse stata vetro. “Oh.” Ripeté.
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Andrea
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Andrea »

Ma non poteva negare di avere davanti due maschietti che si stavano teneramente tenendo per le mani, con quell’espressione impacciata e timida che Joey aveva visto tante volte sui volti delle coppie miste che si dichiaravano per la prima volta davanti agli altri.
ಠ_ಠ ----->>>>?!?!?!?!?----->>>ABRGHABLARGHAGAGBHLGAHRBARHBLGAHargh *Head explodes*

Per il resto ottimo capitolo :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by valerio »

You know, I thought you'd react like that :lol:
This is gonna be soooo fun! :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Andrea »

ಠ_____________ಠ
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by valerio »

Andrea wrote:ಠ_____________ಠ
Are you trying to tell me something..? :?
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Andrea »

No, just joking, lol :mrgreen: I just like that face ಠ___ಠ
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by valerio »

Andrea wrote:No, just joking, lol :mrgreen: I just like that face ಠ___ಠ
'tis cool! :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Andrea »

Ya know, twas the last thing I was expecting, :P
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by valerio »

Andrea wrote:Ya know, twas the last thing I was expecting, :P
And I guess you're not alone in this. I like to surprise, and to explore new horizons... 8-)
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Barkeron
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Barkeron »

Great point of reference there at the end of the chapter there, Valerio. Whats this? More dogs are "working" for PETA?
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valerio
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by valerio »

Barkeron wrote:Great point of reference there at the end of the chapter there, Valerio. Whats this? More dogs are "working" for PETA?
that's why Ralph was working undercover, to get the REAL culprits ;)
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Barkeron »

valerio wrote:
Barkeron wrote:Great point of reference there at the end of the chapter there, Valerio. Whats this? More dogs are "working" for PETA?
that's why Ralph was working undercover, to get the REAL culprits ;)
kewl. ;)
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Tiggy
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Tiggy »

Woah...
Jason Mraz wrote: My goal is to show everyone that they, too, can do what they love to do.
Daggy wrote: Look a shadowpriest, what a cutie.... POW
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valerio
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by valerio »

I think I have set a record, with this... :?
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by lightwolf21 »

I really like the way Light is dealing with this, with Ralph.
I totally saw that coming with Lucky and Felix. When Ivan saw them and with the way he reacted, I had a feeling there was something like that. Let's see if Maxwell can keep his big mouth shut about this.
I also wonder how Joey will react once he gets over the shock. :D
valerio wrote:I think I have set a record, with this... :?
Records are meant to be broken. :mrgreen:
Heh. Look at that... I started an actual Housepets! fan-fic.
https://www.housepetscomic.com/forums/v ... 70#p131370
Also:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by IceKitsune »

Well I saw the stuff with Lucky and Felix coming from a mile away and Joey reacted as I suspected he would. The stuff with Light and Ralph was nice I liked that and I can't wait to see how that goes. As usual I can't wait for more Valerio. :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by valerio »

5.
Casa Foster, Babylon Gardens

“Pronto per il grande salto, allora?”
Joel Foster sedeva sul suo letto. Fra le mani, reggeva un biglietto bianco del Monopoli, che recava la scritta in oro IMPREVISTI.
Il Grande Kitsune lo aveva chiamato ‘Il tuo Esci Gratis di Prigione’. E se te lo diceva un’entità cosmica che usava le vite della gente come pedine in un gioco di ruolo, era meglio prendere alla lettera simili parole. Soprattutto quando erano accompagnate dall’avvertimento di usare un simile dono saggiamente.
Una sola volta.
Non si tornava indietro.
Joel era pronto a usare quel dono.
Se gli avessero detto, il Natale scorso, per quale ragione era pronto ad usarlo... Be’, forse lo avrebbe trovato molto divertente.
Joel rigirò per l’ennesima volta il biglietto fra le mani.
Adesso non era più divertente. Stava per gettarsi in un territorio pieno di incognite, ma allo stesso tempo familiare. Stava per ritrovare quella vita che, in fondo al cuore, non aveva mai abbandonato davvero.
‘Esci Gratis di Prigione’... Joel ridacchiò: mai affermazione si era mostrata più vera...
Senza voltare la testa, Joel disse, “Mi dispiace di essermi comportato come un idiota. Certo, tu potevi anche essere meno carogna.”
Il grifone dalle piume blu, maestosamente sdraiato al suo fianco, le zampe aquiline dorate incrociate, fece spallucce. “Il mio scopo non è essere gentile, Joel: volevo insegnarti una lezione, non lisciarti il pelo.”
Joel sorrise amaro. “Huh, buona questa. Dimmi, Pete... Se avessi superato le tue prove, sarei rimasto un cane?”
Il becco dorato si piegò in un sorriso. Gli occhi dorati brillarono per un attimo come fari. “Hai già risposto alla tua stessa domanda. Sii grato di avere avuto l’occasione di riparare alla tua stupidaggine.” Il grifone ridacchiò. “Hmf, un vero peccato che il regolamento mi impedisca di reclamarti come avatar.”
Joel decise di non rispondere. Sapeva che quell’entità, parte di quello stesso trittico di cui facevano parte il Kitsune e lo Spirito Dragone, non era uno da prendere sottogamba. “Non disperare. In fondo, scommetto che neppure tu pensavi di perdere la tua marionetta preferita.”
“Touché.”
In realtà, non era un augurio di tornare sotto le ali di quel briccone pennuto, ma Joel sapeva anche che Pete tesseva complotti come un ragno tesse la tela. Era materialmente sicuro che il grifone avrebbe fatto il possibile per riprendersi Joel o almeno coinvolgerlo nei suoi ‘giochi’.
Joel Foster tirò un profondo respiro. Strinse forte un lembo del biglietto con entrambe le mani. O la va o la spacca..!
E tirò.

Per un istante, da una casa nella zona residenziale conosciuta come Babylon Gardens esplose una luce che rivaleggiò con quella del sole
---
Casa Parker

“Immagino che non...ci siano molti come noi, in giro,” disse Felix. Picchiettava nervosamente con l’artiglio sulla superficie lucida del tavolo da cucina. Sembrava volesse comunicare in morse.
Tre panini al burro di arachidi e miele, e altrettanti bicchieri di latte, erano stati serviti dal Papà di Joey, ma nessuno si era ancora servito.
Joey spostò gli occhi da Felix a Lucky, e di nuovo a Felix. “No,” disse finalmente. “Effettivamente, no. Siete proprio i primi. Che conosco. Sì.”
Lucky ripeté il gesto di grattarsi dietro la testa. “Uhm, senti, ci dispiace di averti messo in imbarazzo a questo modo, davvero. Però... Però...” E più cercava le parole giuste, più minacciava di assumere il colore del soriano seduto accanto a lui.
“Quello che sta cercando di dire,” intervenne il gatto di Kevin Marsh, “è che non era nostra intenzione sbatterti in faccia il fatto che siamo una coppia, ma che, dopo averne parlato e riparlato, e dopo esserci consultati con il mio Papà, abbiamo deciso che sarebbe stato molto peggio se la notizia fosse circolata incontrollata come un brutto pettegolezzo, piuttosto che... Be’, così. Siamo una coppia mista, evviva evviva, e per questo pensiamo di potere far parte del club.” Poi si alzò in piedi, imitato dal malamute dell’agente Bill. “Ma se per te è un problema, allora ci scusiamo sinceramente, ma dovevamo provarci.”
“NO!” Joey protese le mani così in fretta che quasi rovesciò il suo bicchiere. “Intendevo dire, aspettate un attimo, va bene?” Ai loro sguardi diffidenti, aggiunse, “Insomma, credevo che voi due foste talmente amici di Grape che vi sareste messi a corteggiarla. Mi avete solo preso di sorpresa...” Poi toccò a lui arrossire. “Heh, insomma, io sono quello che ha lasciato che la gente pensasse che avessi una relazione con una topolina, quello che se ne andava in giro con un costume malfatto da gatto! E poiché la mia ragazza è una Bigglesworth, credo che sarei ancora considerato più strambo di voi, quando la vostra relazione diventerà ufficiale. Perciò, per quanto mi riguarda, siete una coppia mista come le altre, e mi dovete ancora due dollari per l’iscrizione.”
Lucky e Felix tirarono un sospiro di sollievo. Joey sporse la mano in avanti per farsela stringere, e fu vigorosamente ricambiato.
Cane e gatto tornarono a sedersi. “Per farla breve,” disse Felix, “diciamo che la nostra storia era iniziata tempo addietro, quando ancora eravamo con le vecchie famiglie. Una volta, avevo conosciuto da poco Principessa Pervinca—cioè, Grape, me ne sedevo tutto tranquillo nel parcheggio delle roulotte, quando arriva questo bestione...” spostò lo sguardo su Lucky, che ricambiò con un sorriso affettuoso. “E lui mi avverte che mi avrebbe fatto delle cose poco piacevoli se mai avessi ferito la sua amica.”
Joey bevve un sorso di latte. “Ed è stato in quel momento che tu ti sei...”
Felix annuì. “Faceva il duro, ma aveva un animo dolce, l’ho percepito subito. Non era un cane e basta, ma un cavaliere dal collare d’oro e il cuore grande come il mondo. Sai quello che si dice sul ‘colpo di fulmine’, no?”
Joey annuì. Lo sapeva eccome! Blanche Bigglesworth era stata il suo fulmine, come Sabrina per Fido, Grape per Peanut... C’era un momento in cui succedeva e basta, non c’era un’equazione, un ragionamento, una regola.
Le regole, però, esistevano. Erano quelle sociali, e anche in un vicinato tollerante come quello dei Gardens, si correvano dei rischi con certe relazioni, anche se fossero state fra membri della stessa specie.
Joey sospirò. “Sentite, se temete che vi disapprovi, state tranquilli. E per quel che ne so, il resto del Club non prenderà torce e forconi. Ma dovete capire che una grossa fetta del vicinato potrebbe non prenderla bene... Lucky, lo hai detto al tuo Papà? O a Fox? Almeno loro avrebbero il diritto di saperlo.”
Lucky abbassò le orecchie. “Ad essere onesto, non so se dovrei dirlo a Fox. E se poi ci rimane male? Gli voglio bene, non voglio che lui si arrabbi con me.” Sospirò. “Non voglio perdere questa famiglia, mi piace stare con Papà Bill e Fox.”
Joey annuì solennemente: era in quei momenti che saltava fuori il cane maturo che in realtà era. “Ora capite perché non credo che sia una buona idea iscriversi al Club?”
Felix e Lucky abbassarono lo sguardo.
“Sono davvero felice per voi, e vi faccio tutti i migliori auguri, tifo per voi. Ma non ha senso trasformare la vostra relazione in un tiro al bersaglio. Per quanto ne so, magari ce ne sono altre di coppie come la vostra, e se io non he mai sentito parlare...”
Felix si morse il labbro inferiore. “...Vuol dire che tengono tutti un profilo molto basso.”
Joey annuì. “Sempre amici?”
Felix e Lucky si alzarono, e, dopo essersi avvicinati a lui, lo abbracciarono. “Sempre amici,” disse Lucky. “Grazie.”
Joey arrossì. “Heh, di niente. Siete sempre i benvenuti, naturalmente.” Fece loro l’occhiolino e diede di gomito a Lucky. “E poi, due ‘buoni amici’ misti sono benvenuti da noi come una coppia. E non dovrete pagare l’iscrizione... Però siete liberi di contribuire con un’offerta libera.”
Felix mise mano al suo collare, e ne tirò fuori il proprio portafoglio. “Quel che è giusto è giusto.” Prese una banconota e la diede a Joey. “Ecco qua. Per un buon amico, e per un gran club.”
Il giovane cane quasi ebbe un collasso, mentre le orecchie gli saltavano su come altrettanti paracadute. “Cento dollari?!” Non aveva mai visto una simile quantità di soldi in vita sua, almeno non fra le sue zampe. Poi guardò il gatto rosso con gli occhi lucidi dall’emozione. “Felix, io...”
Felix afferrò la mano di Joey e la chiuse intorno alla banconota. “Papà mi ha dato un sacco di soldi per tutte le volte che se ne andava in missione lasciandomi da solo. Almeno, reinvesto il suo senso di colpa in qualcosa di buono. E comunque, non è ancora niente per la tua gentilezza. Te ne dobbiamo una grossa.” Si sporse in avanti e diede un bacetto sulla guancia al cane Parker. Il povero Joey quasi andò in standby.
---
Lucky Charm Grove for the Abandoned and the Ferals

“Buonasera, capo!” disse Ramona Tristan. “Straordinari?”
Martin Foster rivolse un cenno del capo alla sua segretaria. “Hola, querida. Sì, diciamo che ho bisogno di distrarmi. Quindi, la prego, mi dica che ha qualche bella pratica importantissima ed urgentissima.”
Con la penna, la donna indicò la porta che dava sull’ufficio del suo capo. “Importante e urgente pronta sulla scrivania, capo. Me l’ha data Miss Sunman proprio qualche ora fa.”
Martin entrò in ufficio. Senza neanche voltarsi, disse, gioviale come sempre, “Gracias!

Chiuse la porta e il suo volto si fece di colpo cupo. Martin non imprecò solo perché non ci teneva ad essere udito.
Teoricamente, doveva essere contento per suo fratello, anche se…anche se aveva appena scelto di accorciare la propria vita di decenni.
Il che rendeva la sua scelta, semmai, più coraggiosa.
Ma era comunque un bel pugno allo stomaco. Non glielo avrebbe mai detto, comunque. Non glielo avrebbe fatto pesare, niente sensi di colpa. Loro padre ci aveva provato con fin troppo zelo a farli sentire colpevoli di essere nati! E lui e Joel si erano fatti una promessa: mai avrebbero seguito l’esempio del loro vecchio…
Martin si sedette alla sua scrivania. Aveva tante cose, per la testa, fra gli affari, i suoi ospiti, questo nuovo casino del PETA. Per fortuna la sua Mizar adesso era incinta: qualunque seccatura la vita potesse ancora riservargli, entro la fine dell’anno avrebbe avuto due nuove vite in casa. Erano i suoi primi due nipotini, due cuccioli!
Martin sfoggiò un ampio sorriso commosso, mentre prendeva la busta avana che giaceva sulla scrivania. Due cuccioli! Non vedeva l’ora di vederli scorrazzare per casa, fare la lotta, persino mordicchiare i mobili! Non vedeva l’ora di tenerli fra le mani, già sentendo il loro odore di pulito, la sofficità del pelo lanuginoso, con quegli occhi incredibilmente azzurri che solo i piccoli possedevano…
Sì! Vale la pena avere vissuto, avere persino sofferto, se la strada mi ha portato fino a questo punto…
Martin aprì la busta, cercando di concentrarsi sul contenuto. Il suo sorriso lasciò il posto ad un’espressione perplessa.
Il primo foglio, dattiloscritto, era una richiesta…di dimissioni?
Martin pensò che l’emozione dei pensieri di prima gli avesse un po’ confuso la vista. Riesaminò il documento, e sì, in effetti aveva saltato un paragrafo o due… “Ma tu guarda un po’…” Poi posò la lettera sulla scrivania, e tirò fuori il fascicolo, che consisteva di un modello del rifugio per la richiesta di adozione del cane Bouncer. E una copia del modello dei Servizi Sociali per la richiesta di adozione del bambino di nome Terry.
Martin era piacevolmente stupefatto. Per due ragioni: la prima era che se anche perdeva una buona amica ed una devota impiegata del Charm, almeno c’era una speranza concreta di dare una buona, no, ottima sistemazione a due anime che la meritavano davvero!
La seconda ragione era che finalmente Martin poteva tornare ad essere Mary Sue e fare in modo che Evelyn Sunman potesse assicurarsi quella doppia adozione!
Il proprietario del Lucky Charm Grove allungò una mano verso il telefono, mentre canticchiava il motivo di Flying Start…
---
Stazione di Polizia di Babylon Gardens

A guardarli, Zeke e Quincy Jones non avevano nulla di sinistro o di minaccioso, come si potrebbe pensare dei ‘cattivi’ di una storia. Erano due normalissimi meticci dal manto bianco e chiazzato di nero come dei dalmata, ma a pelo più lungo come due setter e grosse orecchie nere pendenti.
Entrarono nello spogliatoio senza sapere che quella era l’ultima sera della loro carriera. Per loro, quello doveva essere un breve colloquio a quattrocchi con il loro ex mentore e ‘complice’. “Sergente Ralph, volevi vederci?” fece Quincy.
Il pastore tedesco aspettava seduto su una panchina. “Sì. Light, per favore, la porta.”
Prima che i due cani potessero chiedersi di che stesse parlando l’ufficiale, udirono il suono della porta chiudersi con forza dietro di loro! Si voltarono, appena in tempo per vedere l’enorme lupo bianco ritirare il braccio dal pannello metallico.
E Light, con indosso il suo giubbotto, li guardava come se fossero stati il suo prossimo pasto.
“Ralph..?” chiese Zeke.
Ralph Jameson si rivolse al lupo. “Sai cosa devi fare.”
Un secondo dopo, così fulmineo da lasciare alle sue prede appena il tempo di guaire per la sorpresa, Light afferrò i due cani e li sbatté contro la parete! Accompagnò il tutto con un ringhio così orribile da togliere loro ogni voglia di reagire. Due code sparirono fra due paia di gambe.
“Adesso vi spiego cosa succederà,” disse Ralph, restando seduto dov’era. “Fido, Kevin ed un’altra unità stanno perquisendo la vostra casa alla ricerca di ulteriori prove del vostro coinvolgimento col PETA. Voi invece direte tutto al registratore nella tasca del giubbotto di Light. Vogliamo ogni dato possibile per arrivare ai vostri contatti umani. Ora, dato che non sarà difficile associarvi al tentativo di quel pazzo di Carl Copper di fare saltare mezzo vicinato, il qui presente signor lupo ha il diritto, in quanto membro della sicurezza del Lucky Charm Grove, di strapazzarvi un pochino per farvi sputare il rospo. Naturalmente, sappiamo tutti che vi basterebbe lagnarvi con un animalista per farvi liberare in men che non si dica… Solo che dopo sarà il signor Foster a occuparsi di voi. Voi lo sapete, noi lo sappiamo. Allora, vi sentite loquaci?”
“Heh,” disse Zeke. Poi ripeté quel verso, sempre più frequentemente…fino ad esplodere in una risata omerica!
E, a giudicare dall’espressione di Ralph, quella non era esattamente la reazione sperata.
“Accidenti, sergente! Cominciavo a chiedermi quanto tempo ci avresti messo ad arrivare a questo momento. Io e Quincy avevamo scommesso che le tue ‘indagini’ sarebbero durate ancora un mesetto.”
“Già,” disse Quincy. “Sai, non credevamo neppure possibile che quella storia del PETA potesse durare così a lungo. E poi diciamoci la verità, quale animale degno di tal nome si metterebbe a lavorare per quei perdenti?”
“Grazie per averci retto il gioco, comunque,” disse Zeke. “Ma era già finito nel momento in cui ci siamo sentiti per radio…” Poi il suo muso si contorse nella più falsa espressione di paura che si potesse vedere, mentre la sua voce assumeva un tono implorante grottesco. “Sergente, cosa dobbiamo fare? Carl è morto! E adesso Foster starà intensificando la sorveglianza! Ci scopriranno!”
Quincy, come il fratello, aveva un’espressione non tanto malvagia, quanto…spietata. Per la prima volta, Ralph percepì in loro due veri mostri, entità prive di morale, e lo stesso Light ne rimase intimorito.
“Carl avrebbe dovuto liberarsi di Foster e basta,” continuò Zeke. “Invece si è perso nei suoi ridicoli sogni di vendetta. Era un imbranato.”
“Non perdete tempo a cercare in casa nostra cose che non troverete,” disse Quincy. “Abbiamo già inviato tutto quello che veramente serviva sapere ai nostri padroni. E ora potete anche farci a pezzi. Il nostro compito è finito.”

Stagione II
Episodio 14
FIN
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Andrea
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Andrea »

DA-DA-DA-DAAAAAAAN

SUSPENCE! YAY!

Good chapter :mrgreen: Liked the Ralph/Light part

6 more chapters to go!
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"In nomine Libertatis vincula aedificamus; in nomine Veritatis mendacia efferimus." -Michele Salvemini aka CapaRezza
"Let there be light! That was, uhm... God. I was quoting God."
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Blue Braixen
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Blue Braixen »

ARGH! Can't read it! Is there a translation somewhere? Please tell me yes?!
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IceKitsune
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by IceKitsune »

Oh man that was a great ending Valerio. I really can't wait to see how that plays out. And Felix giving Joey 100 dollars was a little surprising but Joey will put it to good use. I also can't wait to see what Ivan and Max will do with what they know.This Episode was great I can't wait for more. :mrgreen:
Tha Housedog wrote:ARGH! Can't read it! Is there a translation somewhere? Please tell me yes?!
Your going to have to use Google Translator or another one like it because the official translation will take forever to get to this part.
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Blue Braixen
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Blue Braixen »

IceKitsune wrote:
Tha Housedog wrote:ARGH! Can't read it! Is there a translation somewhere? Please tell me yes?!
Your going to have to use Google Translator or another one like it because the official translation will take forever to get to this part.
Ah well, its worth it.
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lightwolf21
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by lightwolf21 »

IceKitsune wrote:Your going to have to use Google Translator or another one like it because the official translation will take forever to get to this part.
-_-; I'm working as fast as I can...it doesn't help that I started my own fan-fiction.
Heh. Look at that... I started an actual Housepets! fan-fic.
https://www.housepetscomic.com/forums/v ... 70#p131370
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IceKitsune
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by IceKitsune »

lightwolf21 wrote:
IceKitsune wrote:Your going to have to use Google Translator or another one like it because the official translation will take forever to get to this part.
-_-; I'm working as fast as I can...it doesn't help that I started my own fan-fiction.
I'm sorry I think that came off wrong I wasn't trying to be mean or anything. By the way I have read your fanfiction and I'm loving it so far. I'm up to chapter 4 so I'll finish it by tonight.
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Barkeron
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Re: Housepets! La serie-S.II Ep.14: Il nemico interno

Post by Barkeron »

Hold it? That guy, Carl is dead?
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