Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

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valerio
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Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

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HOUSEPETS! LA SERIE
Stagione III
Episodio 8 – Riconciliazione
Di VALERIO


1.
Casa Jackon, Torre 3, Livello 20, Appartamento 201, Terrace High

Per due giorni, la Maine Coon Tegan e il Golden Retriever Elliot avevano parlato in ogni dettaglio delle loro avventure, includendo quanto possibile della loro vita privata a Babylon Gardens, con la giornalista Ginevra Cardore. Alla fine, avevano scoperto due cose.
Che aveva fatto loro bene, era stato…liberatorio.
E che era passato davvero troppo tempo in quello stupido gioco, ignorandosi, comportandosi quasi come due estranei. Dicevano di volere essere amici, ma stavano costruendo un muro.
Invece, ogni momento passato insieme, a parlare, a rammentare quanto stavano impegnando a scordarsi, una parola per volta, un giorno per volta… Tutto questo li stava riunendo.
Alla fine, era stato triste dovere smettere, ma almeno alla gatta era rimasta una certezza: Elliot pensava ancora a lei. Le lunghe sessioni con la giornalista erano terminate, ma qualcosa era tornato a sbocciare fra i due buoni amici.
A quel punto, Tegan aveva deciso di non affrettare le cose. Non c’era più bisogno di provocare, di giocare, doveva solo lasciare che le cose continuassero ad andare per il verso giusto.
E mentre, alle 6 del mattino in punto, con la mente annebbiata dai fumi del sonno, andava ad aprire la porta, Tegan non poteva certo aspettarsi di trovarsi di fronte… “Elliot?” E fu improvvisamente, completamente sveglia.
Incredula, alla vista del cane, pimpante e fresco come una rosa, che reggeva fra le mani una grossa scatola a forma di cuore e un mazzo coloratissimo di fiori.
Lui era tutto rosso in viso, e le orecchie già basse erano se possibile ancora più piatte sul cranio, e scodinzolava timidamente. La voce gli usciva a raffica, ma bassa per non svegliare qualcun altro. “Eh, ho pensato che avevi ragione, che ero in ritardo per San Valentino, e c’è quella cioccolateria che è sempre aperta, e che ha praline di tutti i tipi, così ne ho fatta preparare una selezione e so che questi sono i tuoi fiori preferiti… Ho anche i biglietti per lo spettacolo di stasera, danno una replica di Casablanca, volevi tanto vederlo, e… Vorresti anche venire a colaziohmfffmmmMM*” fu interrotto dal profondo e dolcissimo bacio che Tegan gli piantò sul muso. Cioccolatini e fiori caddero a terra, mentre il cane cingeva a sé la gatta che, sì, amava. Amava da sempre, amava da impazzire! Come aveva fatto ad essere così stupido da ferirla con le sue riluttanze? Okay, il fatto che a quest’ora non ci fosse nessuno in giro lo aiutava un pochino a sentirsi più disinvolto…
Quando ebbero finito, entrambi ansimavano, si sentivano ribollire sotto la pelliccia, i loro volti erano a fuoco, ma non si lasciarono. “Ti amo,” si dissero contemporaneamente, e questo li fece ancora più arrossire, fino a quando non liberarono la tensione in una sonora risata.
“Potrai mai perdonarmi?” chiese Elliot, accarezzandole la testa. In un certo senso, era come…scoprirla per la prima volta. Tante cose di lei adesso assalivano i suoi sensi, dall’odore, alle sfumature del colore dei suoi occhi, al modo buffo in cui la pelliccia si sollevava a casaccio in ciuffi come di aghi di pino…
Tegan gli strofinò il dorso del naso. “Ti ho già perdonato da tempo, sciocchino. Stavo solo aspettando che te ne accorgessi. Ma non credere per questo di cavartela con poco, mi dovrai offrire anche il pranzo, la cena, un sacco di coccole e soprattutto ci terremo a braccetto davanti a tutti e ci scambieremo tante smancerie. Oh, e andremo da quel ristorante italiano: voglio fare il numero di Lilli e il Vagabondo con gli spaghetti.”
Elliot annuì ad ogni proposta, e quando ebbe finito si produsse in un inchino galante con il braccio teso ed uno al petto. “Ciò che la mia amata comanda, la mia amata otterrà. Sono solo un indegno schiavo d’amore indegno anche di guardarla,” disse con voce solenne, rimanendo inchinato.
Tegan ridacchiò. Era come se tutto quel tempo non fosse passato, a parte i riferimenti all’amore… Tegan prese delicatamente il mento di Elliot in una zampa e lo sollevò. “E dimmi, mio schiavo, come mai quest’improvviso sbocciare di passione?”
Quando lui si fu raddrizzato, la abbracciò e la baciò con trasporto. Brevemente, ma abbastanza da lasciarla senza fiato. “Tutto quel parlare con la giornalista. E’ stato quello, mi ha fatto ripercorrere tutto quello che abbiamo passato, e mi ha fatto capire che non potrei semplicemente vivere senza di te. Ho…ho bisogno di te, Tegan. Non ho un futuro…cavolo, non ho una vita senza di te.” Aveva gli occhi lucidi, adesso, e un sorriso enorme. “Lo sai quanto ci credo? Ieri sera ho inviato la mia adesione al Common Life Society Club!” Lasciò andare Tegan per armeggiare con il collare ed estrarne poi il portafoglio. Da lì, prese una tessera laminata con la sua foto e tutti i dati di socio.
Dire che Tegan fosse sorpresa sarebbe stato un eufemismo. Sembrava che qualcuno avesse schiacciato un bottone e l’avesse temporaneamente mandata in BSOD. Se quella doveva essere la giornata delle sorprese, ne stava avendo abbastanza da durare una vita intera!
“Tegan..?”
“SQUEEEEEEE!!!” stavolta l’abbraccio di lei fu tale da fare scricchiolare minacciosamente costole e vertebre del povero cane. Poi, mentre lui agonizzava alla ricerca del fiato e di qualche osso intero, lei prese la tessera e se la rigirò fra le mani come il più prezioso dei tesori. “E’ bellissima! No, tu sei arcibellissimo!! Ma come ti è venuto in mente? Voglio dire, se lo hai fatto per me, credimi, non ce n’era bisogno, io—“ fu messa a tacere da un dito sulle labbra.
“L’ho fatto per me, ad essere onesto: io ti amo, Tegan, e non me ne vergogno più. Faremo tutto quello che hai detto perché se c’è qualche ‘benpensante’ nelle Torri, gli faremo scoppiare il fegato dall’invidia.”
Tegan si chinò a raccogliere fiori e cioccolatini. “Il mio prode cavaliere d’oro. Su, vieni a fare colazione da me: avremo tempo di darci da fare in pubblico.”
Mentre entrava, a Elliot finalmente venne in mente un particolare. “Ah, Tegan, scusami…ma non dovresti prima parlarne con Samson? Non ci resterà male?”
Tegan chiuse la porta. “Gliene ho parlato, fin dal primo giorno in cui abbiamo iniziato le interviste…” La gatta guidò il suo amato cane al divano, poi appoggiò i cioccolatini sul tavolino di fronte al divano. Prese un vaso di cristallo vuoto e andò in cucina; un attimo dopo si sentì il getto del rubinetto. “Mentre parlavamo, da come mi guardavi, e da come mi stringevi la mano, sapevo che avevi preso la tua decisione.” Il rubinetto fu chiuso e lei tornò dalla cucina. Appoggiò il vaso sul tavolino e vi mise dentro i fiori. Li annusò a fondo con un suono deliziato, poi si sedette accanto ad Elliot.
“Samson resterà il migliore degli amici, perché ha saputo essermi vicino, mi ha davvero aiutato in questi tre mesi. E mi ha fatto promettere che lo chiamerò quando dovrò farti finire nel laghetto.”
Elliot sfoggiò un sorriso terrorizzato. “Sarò bravino, parola.”
Lei gli premette un dito sulla punta del naso. “Ti sto solo prendendo in giro. Beep! E ora su, vediamo se ancora ti ricordi quali mi piacciono…” sciolse il nastro bianco della scatola, la aprì e quasi si mise a sbavare indecorosamente. “Ci sono quelle al cioccolato bianco con lo zafferano! Te ne sei ricordato!” Prese una pralina e la mangiò con fare voluttuoso. “Dovremmo lasciarci più spesso, se poi torni a chiedere scusa così.”
Elliot fece la faccia da ‘gocciolone’ mentre si grattava dietro la testa, “Heh, non ho speso un centesimo della mia paghetta per questa giornata speciale.”
“Dici sul serio? Ma…”
“Be’, allora non credevo che avrei accettato del tutto quello che…provo per te, heh, ma ci tenevo lo stesso a farmi perdonare con una giornata speciale. Immagino che l’occasione sia quella giusta, sì?”
---
Victoria’s Park

Nel cielo a malapena rischiarato dalle prime avvisaglie dell’alba, due lattine di Fanta furono sollevate verso l’alto, da una zampa bianca e marrone, ENORME, ed una nera come il carbone.
“All’amore perduto.”
“All’amore ancora lontano.”
Il Sanbernardo Samson e il coniglio Shadow, seduti sul molo di uno dei tre laghi artificiali del parco, bevvero all’unisono le loro aranciate. Poi gettarono con identica precisione le lattine vuote nel cestino che già ne ospitava almeno altre quattro.
Samson si mise sdraiato. “Lo shai a cosha assomiglia quela nuvola?*hips*” disse, puntando ad un cumulo venato dai colori surreali dell’alba.
Shadow si mise sdraiato di schiena sulla pancia del cane. “Ashomiglia ad una coniglietta.”
“No! Assomiglia a Tegan. La mia bella gattina è tornata con quell’ingratide di Elliot. *hips!* Sciocchina.”
“Ci shono altre gatte nel territorio, amico. Ma lo sai tu dove trovare una coniglietta? Shtupida primavera!”
“Stupido amore.”
Poi entrambi scoppiarono in un pianto dirotto. “VOGLIO LA MAMMAAAA!!” ulularono. Uno stormo di uccelli abbandonò le acque in un indignato frullare di ali.
“*sniffle* ma tu perché sei qui?” chiese Samson. “tu non hai il quo- il cuore spezzato.”
Shadow sembrò pensarci su con attenzione, poi se ne uscì in quella che a sua avviso era una saggia conclusione. “Ci shono altre gatte nel territorio, amico,” ripeté. “Ma lo sai tu dove trovare una coniglietta? Stupida primavera!”
“Stupido amore. Alla salute!” Samson fece il gesto di brindare, prima di realizzare che nella zampa non stringeva niente. Osservò con curiosità l’arto vuoto, come se per un atto di volontà potesse fare apparire un altro po’ della magica bevanda della felicità, poi fece un’espressione come a dire, anzi disse, “Ma chi se ne frega.” E fece il gesto di bere.
E una specie di cascata di Coca-Cola investì entrambi gli animali ubriachi!
“Ma per la &%$£!” inveirono Samson e Shadow, di colpo dimentichi delle loro miserie. Grondavano di Cola e faceva ancora un freddo boia! “Ma chi è stato a rovinare un bel momento di sano cameratismo fra maschi…” poi il coniglio li vide. “Voi!”
I colpevoli erano…due cuccioli. Una specie di lupetta dal manto grigio ed il muso ed il ventre neri, e un incrocio fra un gatto ed una lince. In due reggevano una lattina di Coca Cola ancora gocciolante. Sghignazzavano.
Vala e Lucian Masterson, i due più recenti ‘acquisti’ di Terrace High, adottati da Janet, vice responsabile della Sicurezza.
“Ma come vi siete permessi, piccoli..? No, anzi, prima vi sculaccio, poi ve lo chiedo! Venite un po’ qui!” E fece per correre verso di loro…prima di trovarsi afferrato per la collottola dalla zampona di Samson.
Il Sanberbardo sollevò il coniglio a sé fino a poterlo fissare negli occhi, e gli agitò un dito ammonitore davanti al muso. Sempre con quella voce biascicata da ubriaco, gli disse, “I cuccioli non si toccano. Credo. Io e te, amico, siamo sbronzi e sozzi. Dobbiamo farci il bagnetto.”
Shadow fu improvvisamente molto conscio di trovarsi proprio sopra l’acqua gelata! Il suo grido di protesta fu tanto potente quanto breve, mentre Samson lo lasciava andare.
“Ma accidenti a te!” disse, emergendo un attimo dopo, sputacchiando acqua gelata. “Non potevamo andare alla piscina coperta del centro…” parlando, aveva sollevato lo sguardo verso il molo.
E le sue orecchie si appiattirono alla vista di un enorme sedere piombare verso di lui. “Ti odio,” disse con il tono neutro del rassegnato alla propria fine.

I due cuccioli osservarono ammirati la clamorosa colonna d’acqua che si sollevò come se fosse esplosa una mina subacquea. “Wow,” disse vala. “Zio Samson è forte!”
Il Sanbernardo emerse dalla riva poco dopo. Sembrava dimagrito di 10 chili. Reggeva sulla spalla il povero Shadow, che sembrava uscito da una collisione con un sottomarino russo. Lo depositò a terra, e gli fece una singola pressione sulla pancia, trasformandolo per qualche secondo in una fontana; poi si sdraiò accanto a lui. “Dove eravamo rimasti? Ah, sì, dobbiamo risolvere i nostri problemi di cuore, ragazzo mio *hips*. Ci serve l’aiuto di un esperto.”
Shadow rispose con un prolungato, curioso lamento. "Cerveeeellloooo."
"Sono contento che tu sia d'accordo."
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IceKitsune
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

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Loved the ending it was very cute Shadow and Samson are going to be great friends. I'm glad about Tegan and Elliot that was very nice. I can't wait for the next part Valerio. :mrgreen:
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Challenger01
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

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Well now.... I get what happened, but it's hard for my head to comprehend it because of the broken English (no offence Val)... I think I'll get it after another chapter... Also, underwater mine :D Good one, I can see Samson just belly flopping off the pier.
Last edited by Challenger01 on Mon Mar 07, 2011 3:52 pm, edited 1 time in total.
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nickotte
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

Post by nickotte »

Can't wait for more!! :mrgreen:
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Private Elliot
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

Post by Private Elliot »

Elliot did prepare a message, but was too busy going SQUEEEEEEEEE!
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valerio
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

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2.
Casa Barons, Torre 5, Livello 18, Appartamento 187

“Ora bevi, su.”
Shadow, avvolto in una coperta, il pelo arruffato dal continuo strofinare per asciugarlo, prese il bicchiere di legno, osservandone con sospetto il contenuto color menta. “Che è?”
Samson, seduto accanto al coniglio, avvolto anche lui in una coperta, dedicò identica perplessità al suo bicchiere. Lo annusò con cautela. “Hm, sa di dolce.”
“E’ un distillato concentrato di erbe, ragazzi,” disse la femmina di ratto, Chocolate, dal bancone della cucina. “Tutto naturale. Poche gocce in acqua calda e vi rimetterete in sesto in men che non si dica. Coraggio, un bel sorso: non c’è raffreddore che tenga, con quella vecchia ricetta di famiglia.”
“Quale, i Borgia?” chiese Shadow. Ma aveva un gran mal di testa da doposbornia e non aveva voglia, a dire il vero, di polemizzare ancora.
Samson fece spallucce e bevve d’un fiato il suo bicchiere. “Hm, buono. Dolce.” E mostrò un bel sorriso, a provarlo.
Shadow decise di imitare il cane: tutto d’un fiato. “Hm, però,” disse, leccandosi le labbra. “Davvero non male, diverso dai tuoi soliti intru—“ Poi si udì una specie di esplosione all’altezza dello stomaco. Un attimo dopo, Shadow si afflosciò come se all’improvviso tutte le ossa del corpo fossero diventate di gomma. Cadde in grembo a Samson, che era rimasto nella posizione di prima, immobile, rigido, con un sorriso che sembrava un rictus tetanico; sghignazzava come una civetta.
Dopo circa un minuto di coma, Shadow riuscì a rimettersi seduto. Il mal di testa era passato, e si sentiva una caldera nello stomaco. Chi diamine aveva acceso il riscaldamento a manetta? “Senti, so che tu non sei il tipo da elargire favori a manica larga con la magia, ma non hai mica sottomano un filtro d’amore? Una freccia di Cupido avanzata al mercato delle pulci? Qualcosa che mi faccia trovare una compagna, insomma. Qui fra poco si scatena la caccia, e io sono ancora single. Non lo sopporto!”
Chocolate rimise nel cassetto la bottiglietta di cristallo che conteneva il distillato. “Hai considerato l’ipotesi di cercare compagnia al di fuori della tua specie?”
Dopo un attimo di silenzio carico di riflessione, Shadow disse, “…A questo punto, perché no?”
“E cosa te lo impedisce, allora?”
“Perché mi sento stupido, ecco perché. Ho sempre l’impressione che se mettessi un annuncio sulla rubrica dei cuori solitari del giornale condominiale, mi risponderanno chiedendomi quante calorie ho per porzione. Sono un coniglio, per chi non se ne fosse accorto! E l’unica femmina roditrice residente che potrei considerare è di taglia extra-small!”
Chocolate salì in grembo a Shadow. “Potrei farti una pozione adatta, ma sarebbe barare. Una volta esaurito l’effetto, ti ritroveresti con una pessima relazione fra le mani.”
“Ci vuole un esperto, te l’ho detto,” disse Samson. “Whoo, che caldo che fa!” tese il bicchiere, scodinzolando. “Posso averne ancora?”
“E di che ‘esperto’ parli?” sbuffò il coniglio.
---
Casa Berkowitz, Torre 3, Livello 17, Appartamento 175

“Be’, immagino che il problema non sia tu, visto che ti basterà passeggiare per il parco appena le margherite saranno in fiore… Anzi, sicuro di non volere mettere il mio nome nella tua agenda?”
Sotto lo sguardo indagatore della lontra dal manto argenteo, che sembrava studiare un purosangue alla fiera, Samson si sentiva già nervoso. A quella domanda, arrossì paurosamente! “Ah, nossignore, grazie, no.”
Errol Berkowitz fece spallucce. “Uno ci deve provare. Ma veniamo a te, bel carboncino: non eri informato del fatto che abbiamo una coniglietta libera e disponibile sulla piazza?” Consultò rapidamente gli appunti su un libretto rosso. “Torre 1, Livello 23, Appartamento 232. Si chiama Callista. Apri il cassetto A-C dello schedario T1, per favore.”
Shadow spostò lo sguardo verso il mobile metallico, uno dei cinque mobili che occupavano un’intera parete. “Tu hai degli schedari sui condomini?”
“Ehi, devo sapere quando ho un’opportunità! E poi non sopporto di sapere che esiste un cuore triste e solo, è innaturale; coraggio, passami il file, bello, o vuoi già arrenderti?!”
Shadow obbedì, ricordandosi che in fondo stava per coronare il suo sogno. Una parte di lui si chiese come mai non avesse mai sentito parlare di questa…Callista. Be’, per ora non importava.
Giusto?
Shadow stava per aprire il fascicolo, quando Errol glielo strappò di mano. “Scusa, amico. Privacy e tutto il resto.”
Il coniglio diede un’altra occhiata a quella specie di succursale della CIA che era la camera di Errol. Non commentò.
La lontra studiò attentamente il contenuto, sfogliando pagine piene di dati, foto, emettendo ogni tanto dei versi meditabondi. Alla fine, richiuse il fascicolo. “Be’, figliolo, direi che non ci sono controindicazioni. L’unico accorgimento è che devi essere solo molto paziente con lei.”
“E’ cieca?” subito chiese Shadow, sospettosissimo. “Sorda? Muta?”
Errol scosse la testa vigorosamente ad ogni domanda. “Sana come un ittiosauro, cocco. I suoi genitori lavorano in città, sono pendolari, quindi se vai adesso la trovi libera & bella…” Non aveva ancora finito di parlare, che già si udivano i passi velocissimi di Shadow fuori dal corridoio. “Ah, il vigore giovanile. Ma veniamo a te, mister calamita,” disse a Samson. “Perché cercare in chissà quali pascoli, quando il sottoscritto può aiutarti a trovare l’anima gemella con tutta la precisione di un Omnivac?”
“Omniche..?” il Sanbernardo si grattò la testa. “E poi a me piacciono…i gatti,” l’ultima parola gli uscì in un uggiolio molto imbarazzato, quasi inaudibile.
“Bubbole!” lo interruppe seccamente Errol, dirigendosi verso lo schedario T5. “Tu hai il sacrosanto dovere di lasciarti dietro una cospicua eredità genetica, altroché! Dai retta a zio, prova con qualcosa di meno esotico e più consono alla specie, poi avrai il diritto di reclamare.” Prese uno sgabello e lo spinse davanti allo schedario. Salì in cima, fino a raggiungere il cassetto ‘A-C’. Lo aprì e infilò la zampa a prendere un fascicolo, senza la minima esitazione, poi lo sventolò davanti al cane. “Ecco qua! La tua anima ideale, il perfetto complemento per un timidone del tuo stampo, cocco! So che è libera perché non fa altro che lasciare annunci pudici come una suorina, ma dentro ribolle di passione repressa da un lavoro crudele!”
Errol mostrò a Samson il fascicolo. “Non è uno schianto? E’ tosta, ma si scioglierà come il burro di fronte ad un po’ di galanteria dei vecchi tempi, e tu sei il tipo galante, non uno dei giovani scavezzacollo di oggi.”
“Ma…ma…” il povero cane si sentiva come se il Niagara lo avesse appena travolto, pronto per gettarlo nella bocca delle cascate.
Errol richiuse il fascicolo con un sospiro drammatico, e andò a rimetterlo a posto. “Sì, sì, lo so: il fattore fico, come direbbe il mio amico Linus. I gatti hanno il fattore fico, ed è normale che i teneroni come te ne rimangano stregati, ma credimi, non lo dico per specismo.” Con un agile salto ed una giravolta in aria, la lontra atterrò sulla spalla del Sanbernardo. “Ma tu hai bisogno di qualcuno che sia alla tua altezza, e sfortunatamente qui non abbiamo puma o leonesse, a meno che tu non voglia rivolgerti allo zoo. Vuoi che combini qualcosa?”
Samson scosse la testa. “Ah, no grazie! Preferirei dei gatti meno…esotici.”
Errol scese con un balzo, poi prese a spingere Samson per il sedere con una forza insospettata verso la porta. “Facciamo così, testone. Tu mi fai il piacere di provare il mio suggerimento, e se proprio andrà tutto a monte, torna e ti trovò una micetta da farti dimenticare Tegan come se non fosse mai esistita, dac? Coraggio, l’indirizzo lo hai visto, quindi vai e conquista, sciò sciò.”
Samson si trovò nel corridoio senza neppure avere capito che stesse succedendo. “Tu non sei molto normale, lo sai?”
Dalla soglia, Errol fece spallucce. “La normalità è sopravvalutata.” Poi sollevò un pugno in un gesto di incoraggiamento, sembrava avvolto da una mistica aura. “Ora vai! Salva il tuo cuore, salva il mondo!” La porta si chiuse da sola un attimo dopo.
Giù nelle cascate.
---
Casa Walkers-Dixon, Torre 2, Livello 33, Appartamento 339

“Arrivo, arrivo dannato piantagrane!” Il Carlino che rispondeva al nome di Linus si avvicinò alla porta dalla quale venivano ripetuti colpi tipo martello pneumatico. “Chiunque tu sia, ti avverto, se sei un credito—“ Linus aprì, dimenticandosi che esisteva uno schermo che gli avrebbe subito mostrato l’identità del suo ospite.
Un attimo dopo, fu travolto da Shadow! Tenendolo piantato a terra, il nero coniglio gli urlò in faccia, “Callista. Coniglia. Bella. Corteggiare. Conquistare. AIUTO!”
Linus spinse via la terrorizzata creatura. “Fammi indovinare, Te l’ha consigliata Errol.”
Shadow annuì vigorosamente. Si genufletté ai piedi del piccolo cane e li baciò ripetutamente. “Sarò il tuo schiavo, ma ti prego, rendimi fico per questo appuntamento, no superfico! E’ la mia grande occasione, non posso rovinarla, non tornerò a casa in disgrazia! Per favoreeee!” Quasi frignando, si aggrappò alle gambe di Linus.
“Accidenti se sei messo male, figliolo. Tu lo sai, però, che non do consulenze gratuite, vero?”
Shadow saltò in piedi. “Pagherò quello che vuoi!”
Linus sospirò. “Avanti, allora. Per cominciare, salone di bellezza. Tu hai seriamente bisogno di una ripassata generale. Il nero è un colore fico su un coniglio, fà mistero, ma così arruffato non arrivi manco a dirle ‘buongiorno’. Andiamo, su.”
“Uhm, non prevede un bagno, vero?” chiese Shadow, intrecciando le dita.
Linus fece spallucce. “Niente sacrificio, niente amore. Poi, fai un po’ tu.”
Il coniglio lo seguì con tutta l’aria di andare al patibolo.
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Area ristorazione Torre 2, Livello 15

“..e una a te.” Con un movimento delicato, Elliot allungò una fetta di torta al cioccolato bianco verso la bocca di Tegan.
La Maine Coon chiuse delicatamente le zanne sul boccone. Guardava con pura adorazione il nuovo e migliorato Golden Retriever, mentre questi consumava il suo boccone di torta.
“Non hai paura di ingrassare, con tutti questi dolci?” chiese Elliot, mentre preparava un nuovo boccone per lei.
Tegan scosse la testa. “Nah, faccio un sacco di palestra insieme a Liz.”
“Liz?”
“Elizabeth Rozen, sciocchino. La gatta della veterinaria. Giuro, mai incontrato una più salutista di lei. A casa ha una vera e propria biblioteca dell’escursionismo… Anzi, se ci stai, ha organizzato una gita nei boschi. Io le direi anche di sì, ma…” batté le ciglia al suo cane. “Non avevo ancora un cavaliere che mi proteggesse da quei terribili ferali.”
A quelle parole, Elliot Saltò in piedi sulla sedia, e da lì poggiò un piede sul tavolo. In posa plastica, e cipiglio eroico, disse, “Allora non temere mia dama! Elliot Bannister veglierà sulla tua sicurezza contro le barbare orde!” E si diede un pugno sul petto.
Tegan ridacchiò, poi assunse una posa da damigella in pericolo. “Oh, mio nobile signore! Il tuo saldo cuore è il mio scudo, e la tua forza la mia lancia! Potrò mai meritare tanta devozione?”
Elliot scese dal tavolo, e la afferrò come il labrador del poster del Canine Kibble. “Tu meriti tutto ciò che di meraviglioso il cielo e la terra abbiano da offrire. Non sono che un umile servitore. A una tua parola, la mia vita sarà tu—Tegan?”
La gatta aveva assunto un’espressione sorpresa, anche un po’ imbarazzata. E disse l’unica frase che poteva rovinare la mattinata, pensò il cane con un po’ di vergogna. “Oh, Samson.”
“Uhm, dist—disturbo?” Il Sanbernardo se ne stava lì, in mezzo alla piazzetta, con tutta l’aria di essere molto dispiaciuto per quell’intrusione. “Posso ri—ripassare, se volete…”
“Sciocchezze,” disse Tegan, facendogli cenno di avvicinarsi. “Lo sai che sei sempre il benvenuto da me. Su, coraggio.”
Elliot, per una volta tanto, fu tentato lui di lanciare un’occhiata feroce alla ex ‘guardia del corpo’ di Tegan, ma vedendolo così abbacchiato, invece disse, “Ehi, amico, cosa possiamo fare per te?”
Samson prese una sedia e si sedette, facendo scricchiolare la sedia. “Scusatemi per l’interruzione, ma… Ecco, io… Sono stato da Errol per farmi consigliare su una ragazza adatta a me, e lui ha in mente un cane, ma io sono, ecco…”
“Un gattaro?” fece Elliot, guadagnandosi un’occhiata fulminante di Tegan.
Samson annuì. “Lo ammetto,” disse con un tono contrito difficile da immaginare su un simile bestione. “Tegan, tu mi piaci davvero, però ti ho sempre rispettato, lo sai. E…mi chiedevo se conoscevi qualche gatta che, ecco…volesse stare con me.
“Samson…” Tegan appoggiò una zampa su quella di lui.
“Anche solo per ricominciare, per avere una possibilità. Non pretendo la relazione perfetta come la vostra…”
“Cala, Trinchetto,” lo corresse giocosamente lei.
“Ehi!” sbottò Elliot.
Samson sorrise dolcemente. “…Però voglio almeno provare. Magari Errol ha ragione, ma vorrei essere io a decidere. E dato che non c’è un club come quello di Joey qui a Terrace, magari speravo che tu conoscessi…”
Tegan sollevò la zampa ad interromperlo. “Non dire altro. A dire il vero, hai un’ammiratrice felina segreta, e credo che sia finalmente giunta l’ora che si faccia coraggio e t’incontri. Presentati alla Rosa del Salice, oggi a pranzo. Doppio appuntamento per permettervi di rompere il ghiaccio. Oh, e se vuoi portarle dei fiori, che siano in un vaso, okay?”
Samson s’illuminò tutto. “Grazie un miliardo, Teggy!” e la sollevò di peso in un abbraccio da orso.
Elliot, per conto suo, pensava solo che la sua giornata romantica speciale, e diversi mesi di risparmi, erano appena andati a farsi benedire… Era meglio che questa cosa funzionasse!
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

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Another great Chapter Valerio I loved the part with Errol and Shadows part with Linus they were both great. I hope everything works out for Samson on that blind double date. I also can't wait to see what happens with Shadow the next chapter is going to be great I can't wait for it. :mrgreen:
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

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Samson being depressed makes me depressed. I can't wait to see what happens... finally my mind's child will find someone :lol:
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valerio
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

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3.
Ristorante La Rosa del Salice, Torre 2, Livello 40. Ore 13:00

Per quanto potesse essere nervoso, Samson era deciso a non cedere alle proprie paure. Si era spazzolato, si era profumato, e soprattutto, aveva resistito alla tentazione di rivolgersi a Elliot o a quel Carlino, Linus, per dei consigli.
Era andato dal fiorista e si era procurato un bel vaso di violette africane, ideali per chi vive in appartamento. E già che c’era, aveva rispolverato il vecchio collare blu con il fiocco, quello delle grandi occasioni! L’ultima volta che lo aveva indossato era stato per la premiazione di suo fratello per il salvataggio di un intero gruppo di escursionisti smarriti.
Quando varcò la soglia del ristorante, il Sanbernardo vide che nessuno degli altri ospiti era presente. Quasi tutti i tavoli erano occupati, come sempre, ma dei suoi amici non c’era traccia. Gli venne da uggiolare –e se si era sbagliato lui? Se non aveva capito? Se era tutto uno scherzo?
In fondo, lui forse era stato un po’ troppo confidente con Tegan, anche se sapeva che non avrebbe mai dovuto attraversare la linea dell’amicizia… Però gli piaceva sentirsi il fidanzato di quella bella gatta.
E magari questo scherzo era il modo di lei di fargli capire che aveva esagerato?
Era uno spettacolo strano, vedere un simile bestione, la cui sola presenza faceva arretrare gli altri animali del condominio, prossimo ad una crisi depressiva, le orecchie piatte e le spalle basse…
“Scusaci il ritardo,” disse la familiare voce di Elliot, dietro di lui!
Il Sanbernardo si raddrizzò istantaneamente, e si voltò. “Eh, ciao. Ely. Tegan…” aggiunse con un lieve imbarazzo. Eh, lei non mancava mai di fargli sobbalzare il cuore con la sola vista. Poi si guardò intorno. “Uh, dov’è…l’ospite?” Per quanto fosse contento di pranzare insieme a Tegan, Elliot o no, voleva proprio incontrarla, questa sua ‘fan segreta’… Che, poi, era la ragione di questo appuntamento a quattro…
La gatta Maine Coon si voltò verso l’ingresso caratterizzato da due colonne di marmo. “Coraggio, signorina. Lo sai che non morde.
“*Tee-Hee*,” giunse da dietro la colonna. Un verso squillante e carico di allegria e finta timidezza. Un attimo dopo, appena lei si sporse, Samson fu abbagliato dalla più splendida visione felina. Certo, Tegan era bella, ma sul piatto della bilancia aveva pesato che la conoscesse fin da quando vivevano a Babylon Gardens.
Da un…altro punto di vista, lui aveva nutrito a sua volta una cotta segreta per la più bella creatura del complesso condominiale.
Una meticcia Maine Coon/Norvegese di nome “Elizabeth Rozen.” Samson ne sussurrò il nome come fosse stato in presenza di una dea. “Belissima…cioè, incantato,” aggiunse rapidamente, offrendole a due mani il vaso di violette africane.
“*Hee* puoi chiamarmi Liz,” disse lei, abbracciandosi nella coda. All’offerta dei fiori, fece tanto d’occhi e quasi li strappò dalle zampone canine. “Ohh, violette africane!” Inalò a fondo. “Hmm, sono state proprio ben curate. Grazie tante, Sammy. Sapessi quanto soffrono i fiori quando non sono trattati in modo amorevole.” Si sporse in avanti e diede un bacetto sulla guancia del suo spasimante. “Dieci punti per te.”
Per Samson avrebbero potuto essere anche in negativo, per quel che lo riguardava. Al contatto di quelle labbra sul suo pelo, si sentì avvampare e allo stesso tempo come se avesse appena fatto un bagno nella più fresca delle sorgenti. “Geee…”
“io dico che è cotto a puntino,” sussurrò Elliot a Tegan. “Potremmo servire lui nel pranzo.”
Tegan rispose dandogli discretamente una gomitata che minacciò di cavargli un rene. “Allora, adesso che vi siete presentati, vogliamo andare al nostro tavolo?”
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Casa Rogers, Torre 1, Livello 23, Appartamento 232

Fermo davanti alla porta, un certo coniglio nero sembrava pronto ad un collasso cardiocircolatorio piuttosto che al suo primo appuntamento.
Innanzitutto, si sentiva ancora a disagio per il trattamento dal parrucchiere per animali. Pensava che tutto si sarebbe risolto con un bagno, invece per prima cosa avevano usato una quantità industriale di shampoo anti-tutto, strofinandogli la pelliccia così a fondo che credeva volessero scuoiarlo e servirlo in fricassea, dopo. Poi lo avevano spazzolato con un attrezzo che sicuramente era stato brevettato a suo tempo da Torquemada. Poi era stata la volta del phon: 1500 °C! Poi era stato infarinato e condito –cioè, lo avevano frizionato con lozione e borotalco.
Allo specchio, Shadow Barons aveva osservato con molta curiosità il riflesso di un animale che faticava a riconoscere. “Un vero figurino!” aveva commentato orgogliosamente il Carlino di nome Linus, al suo fianco. “Sterilizzato e profumato a dovere. Potresti addirittura non dovere parlarle per conquistarla. To’, prendi questa,” aveva aggiunto, porgendogli un pacchetto. “Potrebbe tornarti utile.”
Shadow aveva studiato l’oggetto con curiosità. “Una mascherina?” Sì, si trattava senza dubbio di una di quelle mascherine che in città alcuni umani e soprattutto gli animali usavano per proteggersi naso e bocca dall’inquinamento. Il pacchetto era coperto di caratteri giapponesi.
Linus aveva annuito. “Made in Tokyo, farai un figurone se Callista te la chiede. Ora sei pronto…Oh, e non portarle fiori o dolcetti, mi raccomando, o non ti risponde nemmeno. Tutto chiaro?”

L’unica cosa che gli era chiara, in quel momento, mentre aspettava che Callista rispondesse alla porta, erano i suoi dubbi. Cominciava a temere di essersi infilato in una trappola mortale, ma nel suo cuore rombava ancora più forte il richiamo della primavera. Era deciso a non passare un solo giorno in più a struggersi per trovare la sua anima gemella! Non avrebbe passato le giornate al parco a guardare le coppie felici mentre lui s’ingozzava di gelati seduto in panchina.
Come Linus aveva suggerito – eufemismo per ‘ordinato’ – Shadow si era tenuto la ricevuta del trattamento/tortura al parrucchiere, e l’aveva infilata nella buca della posta subito dopo essersi qualificato.
Finalmente, una voce femminile, con tono perentorio, disse, “Adesso apro. Entra subito. Hai due secondi.” Detto fatto, la porta scorrevole si aprì e Shadow schizzò dentro con la velocità tipica della sua specie. La porta si chiuse velocissima come una ghigliottina, quasi tranciandogli la coda! “Eek!”
Un attimo dopo, una nuvoletta profumata lo avvolse, facendolo tossire. “Maccheppiffero—“
“Nebulizzazione sterilizzante,” disse la stessa voce femminile, quasi in un sussurro. “Sei stato fuori, con tutti quei germi.”
Shadow finì di strofinarsi gli occhi, e quando li riaprì, ebbe come una fulminante, perfetta sintonia spirituale con Samson che in quel momento stava fissando estasiato Liz Rozen. “Whammola,” disse il coniglio. Tese la mano come fosse stata una molla. “Cioè, yay, cioè, lietissimo di conoscerti! Shadow Barons. Innamora—incantanto!”
La coniglia di nome Callista era puro bianco, come un perfetto fiocco di neve dal profumo di borotalco e con due splendidi occhi rossi come rubini. L’interno delle sue orecchie era una delicata pennellata di rosa e la coda un batuffolo.
Alla zampa protesa verso di lei, fece un salto all’indietro come si fosse trovata di fronte un’arma mortale! “I guanti! Mettiti subito i guanti! E le protezioni ai piedi!”
Shadow non capì, fino a quando non vide dove lei stava freneticamente puntando. “Oh.” Aprì una confezione di guanti di lattice da ospedale, e quando li ebbe indossati, toccò ai guanti da piedi. Non gli dispiaceva che ci fosse chi teneva all’igiene, ma ora si cominciava a sfiorare il ridicolo…
“E’ per mia sorella,” disse Callista. “Lei…soffre di una rara allergia. Insomma, lei è allergica a tutto, più o meno. La casa è pressurizzata per non lasciare entrare un granello di polvere. Tutti i visitatori devono prendere un sacco di precauzioni, e alla fine i suoi familiari si sono stancati di venire a visitarla, accampano sempre scuse, ma immagino che Errol non ti abbia detto niente, e non mi sorprende perché che senso ha organizzare eventi sociali quando non possiamo uscire di casa? Scusa, Papà e Mamma sono fuori al lavoro, e…”
Shadow ascoltava affascinato quel diluvio di parole recitate come se lei fosse stata un fonografo ambulante e non una creatura di carne ed ossa. E quando l’angelica quanto traumatizzata creatura arrivò al punto in cui menzionò che forse era stata una pessima idea che lui fosse venuto, le tappò la bocca con una mano guantata. Lei per poco non svenne.
“Scusami, piccola, ma non sono arrivato fino a questo punto per andarmene. Senza offesa, ma con tutte le precauzioni che avete messo su, non puoi concederti neppure una libera uscita?”
Le orecchie di Callista le caddero dietro la schiena. “Ma io voglio bene a mia sorella, e poi mi hanno preso per farle compagnia. Come farebbe lei, senza di me?”
A quel punto, un lievissimo sospetto iniziò a farsi largo nella mente di Shadow. “Tua sorella è una..?” Prima che potesse finire, una seconda voce femminile dietro di lui disse, “Ciao, bel coniglio.”
Shadow si voltò velocissimo.
Sì, la sorella di Callista era un’umana. Una ‘teenager’, bionda, capelli cortissimi, quasi una sottile, uniforme peluria sul cranio. Il coniglio immaginò che fosse per pulirli subito e facilmente. Indossava una tuta ben chiusa sul collo e le maniche, molto aderente, con un paio di stivaletti integrati al tessuto, e guanti sottili integrati allo stesso modo. Sulla bocca portava una mascherina. “Sei un amico di Callista?” Chiese con una voce..be’, normale, curiosa. Shadow si era aspettato una creatura avvizzita e con una vocina tremula, invece questa umana sembrava scoppiare di salute.
Il coniglio Barons fece un inchino molto signorile. Chocolate gli aveva insegnato ad essere educato e formale, visto che a volte gli spiriti prendevano molto sul serio le buone maniere. “Uh, sì. Spero. Molto lieto..?”
“Francine,” disse lei. “Sei davvero bene educato. Callista, sii brava, servi qualcosa da bere al nostro ospite. Lo farei io, ma con questi guanti sono una vera frana.” Agitò le dita coperte davanti a sé.
Mentre la coniglia bianca andava in cucina, Francine si sedette e fece cenno a Shadow di unirsi a lei. Quando anche il coniglio si fu seduto, gli chiese, “Allora, in quanti siete a casa?”
“Ah, Papà, che gestisce il negozio Kismet. Sai, articoli esoterici, Torre 5, Livello 7, ma probabilmente non lo puoi neanche vedere e io sono uno sciocco, scusami…” stava per mettersi una mano dietro la testa, imbarazzato, quando lei disse, “Oh, no, lo so com’è: esiste un elenco virtuale completo dell’intero complesso, ricordi? Visito a distanza tutti i negozi e faccio spesa dove posso. Per fortuna, non sono allergica agli alimenti, ma i miei non me la perdonano se metto su un chilo di troppo. Ma divagavo, scusami…” arruffò la testa di Shadow. “E quello del tuo Papà è un bel negozio, davvero. Ci sono un sacco di cose interessanti, anche se è vero che non potrei averne nessuna. Solo plastica sterilizzata, il che vuol dire un sacco di roba moderna ed elettronica, ma disegnare su una tavoletta non è divertente come dipingere un vero quadro, ne sono sicura…” Sospirò. “Ed eccomi di nuovo a parlare solo di me. Povera Callista, penserai che con te mi annoio.”
La coniglia, che era rientrata in quel momento, portando un vassoio con bicchieri di plastica e un thermos di plastica, depositò il vassoio e versò del the freddo al limone per tutti e tre. “Annoiarmi? Finalmente puoi torturare qualcun altro. Mi fai venire il tunnel carpale alle orecchie, con tutte quelle chiacchiere.”
Poi tutti e tre sollevarono i bicchieri e fecero un brindisi. “Al nostro nuovo amico,” disse Francine. “Allora, Shadow? Il resto della tua famiglia, se posso permettermi di essere indiscreta?”
Per quanto quell’ambiente fosse…singolare, lui stava cominciando proprio a sentirsi a suo agio. Francine non sembrava proprio il tipo da piangersi addosso, e Callista le era davvero devota, ma non pazza come aveva temuto all’inizio. “Be’, si chiama Chocolate, le piacciono tutte le cose di magia e mistero (meglio non citare che era una maga, già!). E’ una brava sorella, magari un po’ stramba a volte, ma è davvero in gamba per essere un ratto.”

Non sapeva cosa fosse successo, non nei dettagli, dopo. Shadow seppe solo che in meno di un minuto si era trovato seduto nel corridoio, con il bicchiere di tè in testa, e che si sentiva come se un feroce buttafuori lo avesse appena strapazzato. La porta si chiuse dietro di lui con un tonfo secco.
La voce di Callista venne dal citofono un attimo dopo. Dire che era furiosa, era dire poco. “Tu, mostro, vivi con un ratto e non mi avevi detto niente?!”
Shadow si alzò in piedi. “Ma, io, beh…”
“Via! Via e non farti rivedere, messo della peste! Se Francine fà tanto di starnutire, dico tutto a Papà e ti faccio scuoiare da lui! No, anzi, lo dico a mio zio Bill. Fa il poliziotto ed è grande, grosso e cattivo! Ti ucciderà lui! Vattene!”
Qualunque obiezione avesse in mente Shadow, gli morì in gola, mentre le orecchie precipitavano verso la schiena. Si accorse di tenere ancora in mano il bicchiere, e lo guardò mestamente. Aveva l’impressione che non avrebbero gradito se lo avesse lasciato vicino alla porta…
“Scusami,” mormorò al citofono, prima di allontanarsi, completamente sconfitto.
E adesso che poteva fare?
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IceKitsune
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

Post by IceKitsune »

Yay it looks like Samson and Liz have hit it off can't wait to see how the rest of that date goes. Awww Shadow got dumped that sucks I hope he can find someone eventually. (I know he will I trust you Val) Can't wait to see what happens next. :mrgreen:
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nickotte
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

Post by nickotte »

D'aww.. poor Shadow :(
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valerio
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Re: Housepets! La serie: St.III, Ep.8: Riconciliazione

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4.
Ristorante La Rosa del Salice, Torre 2, Livello 40

“Non immaginavo che una creatura bella come te potesse essere interessata ad un bestione come me,” disse Samson, per poi infilarsi in bocca mezza porzione dei suoi spaghetti in una sola forchettata. “Hmm, sublimi.”
Erano in quattro, al tavolo con vista: lui, la gatta meticcia Maine Coon/Norvegese Elizabeth Rozen, il labrador biondo Elliot e al fianco di lui la Maine Coon e sua ragazza, Tegan.
Elizabeth guardava il colossale cane come fosse stato Adone in persona. “Lo sapevi che ero cresciuta con mio padre? Quello biologico, intendo.”
Samson rimase a metà di un boccone, in un’espressione alquanto buffa. “Hfcusha?”
La gatta annuì. “Era davvero un gran gattone, il Norvegese più forte del mondo. Si chiamava Olaf. Chissà perché un sacco di Norvegesi vengono chiamati Olaf, o Odin. Era un ferale, prima di innamorarsi di mamma e venire a vivere con noi. Non ho mai saputo il suo vero nome...ma mi importava di più che fu lui a proteggermi sempre, dopo che era morta mia sorella Morrigan. Sapevi che avevo una sorella? Era morta prima che io nascessi, ma non ho mai saputo di cosa, però credo che sia sempre con me.
“Papà mi ha insegnato l’amore per la natura, e come tenersi in forma senza mangiare carne. Per essere un ferale, non ne voleva sapere di acchiappare cose vive per nutrirsi, però mi ha insegnato come difendermi e come fare un bel campeggio senza sprechi. Ti andrebbe di venire ad un campeggio? E’ davvero tanto che non ne faccio uno. Potremmo farne uno di prova nel Parco, è così grande... Oh, ma non faccio altro che parlare di me, scusami.”
In realtà, Samson era ammirato dalla capacità di quell’adorabile felina di saltare di palo in frasca come una ginnasta della logica. Starle dietro non era facile, ma non si poteva dire che fosse a corto di argomenti. “Heh, fà niente, davvero. Mi piace starti a sentire.” E non mentiva: era come se Liz irradiasse vitalità. “E poi sono contento che tu sia cresciuta accanto a tuo padre, non capita a molti animali domestici.”
Liz arrossì leggermente. “Sì, sono stata fortunata. Papà aveva tanti amici fra i cani di strada, me li ha presentati tutti, e mi hanno sempre protetto quando lui non poteva. Forse è per questo che mi sento attratta anche dai cani, mi sembra perfettamente naturale che uno di voi possa essere un buon compagno, e tu sei semplicemente perfetto. Dovresti solo diventare vegetariano.”
Samson fece una faccia indignata. Sollevò un braccio e lo fletté, per mostrare un bicipite di ferro! “Ehi! Questa roba mica me la sono costruita con le minestrine... Che è stato?” chiese, appena si udì una serie di tonfi e porcellana infranta per tutto il ristorante.
Elliot scosse la testa. “Hai appena fatto svenire tutte le femmine canine nel ristorante. Vacci piano quando posi a quel modo.”
“Scusa.” Samson si schiarì la gola. “Liz, su, non posso essere vegetariano. Ho bisogno di parecchia carne per—“ si interruppe, arrossendo come un peperone, quando lei si sporse in avanti e gli schiacciò il tartufo con un dito.
“Beep! Quando faccio così, tu mi stai a sentire, hm?”
“Dugubuh.”
Elizabeth annuì, per poi mettersi ad elencare una serie di alimenti sulla punta delle dita. “Allora, ci sono le proteine della soia, quelle dei latticini, quelle delle lenticchie, quelle dei fagioli...E poi, puoi sempre mangiare le uova. Oh, e niente schifezze chimiche, naturalmente. Tu non ne prendi, vero?”
Samson scosse la testa energicamente: non ne prendeva, ed era il suo vanto. Ma se anche lo avesse fatto, di fronte a quello sguardo implorante da micetta indifesa avrebbe mentito spudoratamente e poi sarebbe corso a casa a buttare via tutto!
Liz era soddisfatta. “Che bello! Che ne dici della mia idea della gita? Se non ne hai mai fatta una, ti posso insegnare.”
“O potrei insegnare io a te,” rispose il Sanbernardo, scodinzolando. “Ho fatto lunghe sessioni di allenamento nelle foreste, in montagna, al mare... A volte passavo un mese intero fuori casa, per tonificarmi a dovere, ma direi che ne è valsa la pena.” Inspirò al fondo, evidenziando il torace degno di un’intera muta di cani da slitta.
Questa volta, dai tavoli vicini si levarono vari cartelli di punteggio, e partì una raffica di flash.
“Potremmo organizzare una comitiva!” suggerì Tegan. “Kwesi ha passato una vita all’aperto, magari gli piacerà partecipare.”
Elliot vide gli altri due annuire con entusiasmo, e capì che era in trappola! Lui odiava le gite, odiava qualunque attività al di fuori di un’area civile e tranquilla. Per lui, Victoria’s Park era il massimo in fatto di infrastrutture per animali, perché bisognava andare a soffrire in qualche posto sperduto e senza campo per Internet?!
Poi, però, vide Tegan, la sua dolce e bellissima Tegan per la quale si era finalmente aperto, ammettendo i propri sentimenti per lei, rivolgergli uno sguardo supplice identico a quello sfoggiato da Elizabeth a Samson poco fa.
“Tu ci sarai, vero, mio prode cavaliere?”
Il biondo retriever riuscì a sfoggiare un ghigno curiosamente simile a un rictus. “Ma certo, tesoro mio.” E dentro di sé, già pensava a quanti collari antiparassitari avrebbe dovuto portarsi...
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Casa Rogers, Torre 1, Livello 23, Appartamento 232

“E’ ancora lì?”
A quella domanda, Francine Rogers tornò a guardare lo schermo che occupava l’intera porta d’ingresso.
Uno schermo che mostrava un giovane coniglio tutto nero, salvo per le zampe bianche, fermo come una statua, le braccia incrociate al petto e uno sguardo determinato nei suoi occhi di un profondo marrone.

“So che mi state guardando,” disse Shadow Barons. “E no, non intendo andarmene. Callista, tu stai usando la tua umana come scusa per evitare gli altri! Mia sorella è persino più igienista di te e non ti permetto di offenderla! Andiamo, non puoi restare chiusa in quell’appartamento per sempre!”

“Su questo ha ragione,” disse Francine, voltandosi. “Cal, lo so che faresti qualunque cosa per me, perciò vuoi farmi felice e goderti un po’ la vita?”
Callista, in contrasto con la quasi nera uniformità di Shadow, era una coniglia di un bianco immacolato, con due occhi di un rosso delicato, come rubini. Era stata l’animale di compagnia di Francine da quando era una cucciola, e si era sempre presa cura di lei e dell’igiene di casa quando i signori Rogers erano via.
Non riusciva ad immaginare di stare lontana un solo minuto da colei che considerava una sorella. “Ma tu cosa farai, da sola?” Chiese, con le orecchie basse, e una sincera preoccupazione nella voce. “Non ti ho m-mai lasciato da sola...”
Francine andò ad abbracciare la coniglia, affondando la faccia nel pelo soffice come cotone della spalla. “Sshh, non succederà nulla, Cal. Dai, hai bisogno qualcuno che ti faccia dimenticare di me almeno per qualche ora alla volta. Non puoi diventare una vecchietta accudendomi.”
“Ma...”
Francine le fece ‘beep’ sul naso. “Invitalo e chiedigli scusa, per cominciare. Dicono che sia la parte più difficile.”
La coniglia sospirò, rassegnata. “Ma se starnutisci, lui sparisce.”
“Okey-dokey, mia feroce guardiana.”

Shadow era deciso a non muoversi da lì. Per quanto girasse ancora la voce che i conigli fossero animali codardi, lui stava provando che quando un coniglio si metteva in testa qualcosa, sapeva essere tenace come un levriero a caccia! Una volta, aveva visto un documentario sulle tribù guerriere di un posto chiamato Meriweather Island. Quelli erano i suoi dei, e voleva tanto essere come loro...
Le sue fantasie furono interrotte dall’aprirsi della porta, seguito dal getto d’aria dall’appartamento pressurizzato. Schizzò dentro come un fulmine, di nuovo evitando di essere amputato della coda all’ultimo secondo.
Si trovò subito di fronte Francine, e una Callista che non sembrava esattamente entusiasta, ma neppure isterica come prima.
“Uhm, allora,” disse la coniglia bianca. “Ti piacciono i videogiochi?”
Chocolate era sempre stata tassativa: niente videogiochi in casa, troppo disturbo alla sua concentrazione. Per fortuna, nel condominio c’era un’area pubblica, ma certe volte Shadow avrebbe davvero voluto giocare in casa...
“Sacred Pridelands 3?” tentò lui
“Il Distruttore Nero.”
“Il mago Dragone.”
I due conigli si scambiarono una lunga occhiata, poi corsero di sopra squittendo come scoiattoli.
E per la prima volta da quando avevano traslocato a Terrace High, Francine era felice.
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Tutto sommato, stava andando molto meglio del previsto. Liz e Sam erano letteralmente persi nel loro mondo, cioè lei parlava e lui ascoltava come se stesse godendosi la migliore delle canzoni.
Questo lasciava ad Elliot lo spazio che voleva per parlare con Tegan. “Che ne diresti di andare al cinema?” Le bisbigliò. “I biglietti ce li ho già, e credo proprio che loro due non abbiano proprio bisogno di altri incoraggiamenti.”
Tegan annuì. “Be’, quasi quasi...”
Qualunque cosa stesse per dire, tuttavia, le morì sulle labbra alla vista di un animale diretto, pardon, diretta, verso il loro tavolo.
E quella di Tegan non fu la sola testa a voltarsi –del resto, era difficile che la ‘top lady’ del corpo cinofilo di sicurezza passasse inosservata.
“Ehilà, Athena,” disse Samson, ignaro di quanto stava per succedere.
Elliot, invece, un’idea ce l’aveva eccome: aveva visto quello sguardo parecchie volte sul volto di Tegan, quando lei lo corteggiava e lui non capiva. E quando si decise a provare a fermare la valchiria canina, questa, senza dire una parola, afferrò il volto del Sanbernardo...e gli piantò un bacio che definire ‘passionale’ sarebbe stato alquanto riduttivo!
Tutta la pelliccia di Samson sembrò esplodere; il poveretto era semplicemente troppo sorpreso per reagire. Tegan e Elliot si scambiarono un’occhiata come a volersi chiedere ‘Tu ne sapevi niente?’.
Ci volle un minuto abbondante prima che la robusta Siberian Husky staccasse le labbra da quelle di Samson. Lui disse solo “Abaguh?”
Il sorriso di lei era un misto di ammirazione e malizia. La sua voce lasciava ben poco spazio alla fantasia. “Errol mi aveva detto che saresti passato da me, bel fusto, ma forse si era sbagliato: può capitare, con tutti gli appuntamenti che combina. Ti dispiace se mi unisco a questa tavolata? Il posto mi sembra proprio adatto per un appuntamento.”
Elizabeth si alzò in piedi. La sua espressione era diventata immobile come pietra. La voce allegra di un attimo prima si era fatta gelida come un iceberg. “Puoi sederti qui. Io avevo finito. Scusami se ti avevo distolto dal tuo appuntamento, Samson.”
“Ma...ma...” la testa di lui andò da Athena a Elizabeth, ma la gatta si stava già allontanando a larghi passi. E a quel punto, fu lui a scattare in piedi con una tale forza da rovesciare il tavolo! Anche se, per fortuna, questo si ribaltò in avanti, comunque Elliot e Tegan si trovarono investiti da posate e resti del pranzo.
Samson corse dietro alla gatta. “LIZZIE! Aspetta! C’è un malinteso, un equivoco...” La raggiunse appena in tempo per vederla entrare nell’ascensore. Per vedere le porte chiudersi sul volto di lei, una maschera di tristezza. E quello gli fece più male di qualunque colpo fisico gli si potesse infliggere.
Fu in quel momento che Tegan lo raggiunse. Era macchiata di sugo di bistecca sul petto, e briciole di pane le sporcavano la testa, ma per ora la sua preoccupazione era tutta per Samson. “Samson, stai...bene..?”
La domanda era retorica, era solo un tentativo di mostrare al povero cane che le era vicina...
Per un attimo, Samson non rispose. Aveva i pugni serrati, tremanti, e il pelo del collo era minacciosamente irto. “Quella...lontra...” ringhiò, con una voce che avrebbe fatto scappare Cujo a gambe levate.
Era la prima volta in assoluto che Tegan vedeva quel tenerone così furioso, le zanne scoperte, gli occhi lucidi di lacrime di rabbia, e il respiro rapido come quello di un toro. E ne fu sinceramente spaventata; cionondimeno, appoggiò le mani su un muscoloso braccio. Lo sentì duro e nodoso come un ramo di quercia; Tegan capì che Errol era in pericolo di vita, a quello stadio delle cose. “Samson, ti prego, vieni con me da Lizzie. Le spiegheremo tutto, va bene? Vedrai che capirà. Ti prego, non peggiorare le cose.”
Il Sanbernardo sembrò afflosciarsi all’improvviso. La sua furia divenne una tristezza non meno profonda di quella che aveva visto in quella bella gattina... “Ne sei sicura?” Adesso il suo vocione era un pietoso uggiolio. “Ho rovinato tutto, avrei dovuto dire subito ad Errol che non ero interessato ad un mio simile...”
“Ad Errol ci penso io,” disse Elliot. Il Retriever chiamò l’ascensore. “Quando avrò finito con quel maniaco impiccione, avrai un bel completino nuovo da indossare, quest’inverno, Teg.”
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wow, looks like I found some drops of inspiration, after all. Short update, but I hope I can keep up with something, at least...
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